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Entusiasmo, passione e curiosità: la Scuola di Giornalismo al Festival di Perugia

03 maggio 2024

Entusiasmo, passione e curiosità: la Scuola di Giornalismo al Festival di Perugia

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Dialogo, confronto, incontro. C’è stato tutto questo al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Una privilegiata opportunità sia per chi pratica la professione, sia per chi ne è attratto. Le cinque giornate sono trascorse col susseguirsi di panel che hanno aperto finestre sull’attualità, sull’evoluzione e sulle difficoltà del giornalismo in ogni parte del globo. Si è instaurato un dialogo tra professionisti di un mondo dell’informazione che - spesso - è diviso. L’incontro tra loro è stato alla base sulla quale lavorare insieme, realizzando un giornalismo più interconnesso e libero, che dà valore alle storie nel rispetto della chiarezza e della verità.

Alla diciottesima edizione del Festival abbiamo partecipato anche noi, giornalisti praticanti della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. In questo luogo, siamo arrivati con le valigie piene di entusiasmo, passione e curiosità. «Cercavo il respiro internazionale, e l’ho trovato. Quando sei là fuori, ti rendi conto di quanto il giornalismo sia un mestiere dalle mille declinazioni», sono le parole di Giulia Venini, una dei 25 studenti. Le aspettative di Andrea Carullo non sono state deluse: «Non immaginavo la disponibilità di alcuni giornalisti, che pensavo irraggiungibili».

Dalla mattina alla sera, abbiamo fatto la spola tra la sala stampa, il più delle volte stipati in un mare di computer, cellulari, videocamere e cavi, e le location nelle quali abbiamo seguito le conferenze e intervistato i relatori. A gruppi, ci siamo occupati degli argomenti più disparati, ma con un comune denominatore: il giornalismo. Marco Castellini ha posto la lente d’ingrandimento sul solution journalism, comprendendo che «il giornalismo ha una responsabilità sociale. Bisogna analizzare le situazioni e capire se le proposte siano efficienti per risolvere un problema». Invece, Ginevra Gori si è focalizzata sul reportage di guerra, scoprendo i retroscena, le tecniche, i rischi: «Mi ero già occupata del tema a distanza. Ho avuto difficoltà a parlare con giornalisti sotto minaccia: a Perugia ho potuto persino intervistarli». Devono scavalcare ostacoli anche i giornalisti che trattano il cambiamento climatico, come ha colto Mattia Tamberi: «Sono bersaglio di minacce legali da parte delle compagnie fossili. È una tra le questioni più importanti».

Un articolo di

Alberta Pagani e Pietro Piga

Scuola di Giornalismo

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Torna il tema dell’incontro, non solo con i protagonisti delle storie e le realtà da raccontare, ma anche tra i giornalisti, che consegnano ai lettori questi spaccati di mondo. Una squadra che intende la professione come servizio. Si sono spesi nel mostrarsi e raccontarsi a noi. «Mi hanno permesso di imparare il loro modo di ragionare ed esprimersi col pubblico», spiega Mattia. Andrea aggiunge: «Mi hanno mostrato modi di fare giornalismo nuovo come le open source investigation, fornendomi una bussola».

L’apertura al confronto e al dialogo ha messo a fuoco lo scopo della nostra professione, dove sentirsi parte di una comunità rende in nostro ingresso più sicuro e accompagnato, come ricorda Ginevra: «Lavorare fianco a fianco con altri futuri colleghi mi ha incoraggiata a fare del mio meglio». Essere esempio e non ostacolo, questo porta con sé Giulia porta con sé nella valigia per tornare da Perugia, attenta anche a come incide essere donna nel mondo in cui stiamo entrando: «Sentendo varie testimonianze, ho capito che quando sono le donne a farsi portavoce delle dinamiche belliche, l’attenzione è sulle conseguenze immediate ed emotive che coinvolgono i civili, ma anche sulle ragioni che fanno scoppiare le guerre».

È arrivato il momento di chiudere la cerniera dello zaino, sistemare telecamere e microfoni, e ripartire verso Milano. Nel riporre le nostre agende, arricchite di nomi e spunti, ci siamo appuntati una parola, che descriva questa esperienza: istruttiva e formativa, perché aprirsi alla consapevolezza di voler imparare è il primo modo di informarsi; sviluppo, possibile grazie al contatto diretto con le cose della vita; imprescindibile, per comprendere il mondo reale nella dimensione intima del nostro mestiere. Ginevra: «Non voglio diventare una giornalista, ma esserlo»; Giulia ha capito che «i giornalisti convivono, in pace e in guerra, con un senso di responsabilità sociale che li fa svegliare la mattina».

L’augurio che noi, aspiranti giornalisti, portiamo a casa è di non fermarci e di non farci bloccare dai “no” che incontreremo. Le testimonianze a cui abbiamo assistito lo confermano: mantenendo viva la fiducia nel nostro scopo e la verità del nostro sguardo, far parte di questo mondo è un privilegio.

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