Le competenze comunicative, relazionali, riflessive e organizzative sono il biglietto da visita che i tutor universitari presentano quando si affacciano al mondo del lavoro con sorprendente soddisfazione da entrambe le parti. L’esperienza di tutorship è, infatti, un valore aggiunto che completa il bagaglio formativo di studenti e neolaureati che prestano questo servizio in università.
È la prima evidenza che emerge dall’indagine, sia qualitativa sia quantitativa, realizzata da alcuni psicologi dell’Università Cattolica a Milano insieme con l’Ufficio Tutorato. Nella prima fase dell’indagine curata dagli psicologi del lavoro Silvio Ripamonti e Barbara Bertani sono stati intervistati 30 ex-tutor che hanno conseguito il titolo di laurea da almeno cinque anni, e non più di dieci che sono inseriti in un contesto lavorativo. Il secondo step è stata una survey online, curata dallo psicologo economico Edoardo Lozza, inviata a 230 soggetti nei primi due mesi del 2024. La redemption è stata del 67%, segno che il livello di coinvolgimento dei rispondenti è stato molto alto. I 155 rispondenti hanno una media di 27 anni e sono rappresentativi della popolazione in termini di genere (con una netta prevalenza femminile pari al 72%) e delle Facoltà frequentate (per la maggior parte economico-giuridiche). L’80% dei rispondenti sta lavorando con ruoli da dipendenti nel 56% dei casi, dottorandi/ assegnisti di ricerca nel 21%, specializzandi nel 6% e liberi professionisti nel 5%.
Chi sono i tutor? In Università Cattolica sono nati nell’anno accademico 1999/2000 «per orientare, accogliere e accompagnare gli studenti nel loro percorso accademico» - ha precisato Barbara Bertani, referente della formazione del Tutorato. La formazione è sempre stata volta a mettere al centro la persona e la relazione con lo studente per affiancarlo nella costruzione della sua identità personale e professionale.
I tutor in Università Cattolica sono 89, (di cui 58 a Milano, 13 a Brescia, 8 a Piacenza, 2 a Cremona e 8 a Roma), attivi sui corsi di laurea triennali, a ciclo unico e magistrali di tutte le Facoltà. Il tutor di gruppo accoglie le matricole durante il Welcome Day, dando informazioni su ciascun corso di laurea, l’organizzazione del piano di studi, la pianificazione degli esami, e l’utilizzo dei servizi. Inoltre, tramite momenti di gruppo e individuali accompagna gli studenti durante il loro intero percorso accademico anche nei momenti che potrebbero essere di maggiore criticità. Per cercare di ridurre al minimo il rischio di isolamento, tra i fattori più critici dell’abbandono universitario, il tutor organizza gli incontri di piccolo gruppo (IPG), effettua monitoraggi telefonici e riceve settimanalmente, attività utili all’individuazione di una metodologia di studio efficace e personalizzata atta a superare eventuali ostacoli al percorso di apprendimento. Ciascun tutor segue un numero massimo di 150 studenti per anno di corso.
Nell’ultimo anno 2022-23 su più di 34.700 iscritti totali, i tutor hanno effettuato 8.128 interventi individuali (colloqui, telefonate, email) con gli studenti di primo e secondo livello. A questi si aggiungono oltre 3.000 matricole incontrate durante le attività di piccolo gruppo.
I racconti appassionati e ricchi di aneddoti e le testimonianze delle relazioni create sono la cartina tornasole dell’esperienza di tutoraggio da cui gli studenti hanno imparato a conoscere meglio se stessi, a gestire i rapporti professionali e i processi di comunicazione, e anche a vedere con occhi diversi l’organizzazione per cui oggi lavorano.
Tra le cosiddette soft skills le più importanti da spendere anche nel mondo del lavoro sono risultate quelle comunicative, ovvero la capacità di adeguare lo stile comunicativo ai diversi interlocutori e canali utilizzati, e quelle relazionali, ovvero cogliere la richiesta dell’altro e gestire le emozioni legate alla relazione.
Durante la presentazione dei risultati della survey, avvenuta martedì 14 maggio nel campus milanese dell’Ateneo, a cura dell’Area Organizzazione e sviluppo sistema della didattica e dall’Ufficio Tutorato, due ex studenti oggi professionisti, hanno messo in evidenza gli aspetti chiave del vissuto da tutor: il problem solving anche nel caso di difficoltà inaspettate, l’ingaggio delle relazioni, l’organizzazione del lavoro.
In particolare, chi è stato tutor negli anni del Covid ha sperimentato l’attività complessa nel cercare di contattare e coinvolgere gli studenti in difficoltà per poter fornire un supporto. «Si è passati dal primo chiostro a skype» - come ha detto l’ex tutor Pietro Pirola, laureato in Economia, e qui si sono evidenziati «i valori che l’Università Cattolica promuove nel garantire una presenza umana in tutte le situazioni».
Dai dati raccolti si evince che per il 90% dei rispondenti l’esperienza di tutoraggio contribuisce a sviluppare molto le competenze comunicative, mentre in ambito lavorativo sono quelle organizzative ad emergere come molto richieste. Per quanto riguarda l’employability e la soddisfazione lavorativa i riscontri sono ottimi. Infatti, il 94% di coloro che lavorano dopo essere stati tutor è soddisfatto della propria occupazione.
Viene da chiedersi come un quadro così positivo possa ancora essere migliorato. La survey evidenzia che si può lavorare su una maggiore integrazione tra tutor, personale docente e studenti, sul potenziamento dei canali di comunicazione per promuovere il servizio e il senso della figura del tutor, e ancora su una maggiore autonomia dei tutor nell’organizzazione del lavoro e sull’ampliamento della formazione dei tutor stessi, punto di forza secondo la ex tutor e ricercatrice universitaria Fosca Vezzulli laureata alla Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali.
Certo è, come ha concluso la professoressa Bertani, che «una buona esperienza professionale, quale quella del tutor, può diventare un trampolino di lancio per il futuro professionale, facilitando i processi di inserimento e crescita nei differenti ambiti di lavoro».