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L’impatto del Covid sugli adolescenti

13 gennaio 2022

L’impatto del Covid sugli adolescenti

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Qualcuno semplicemente non si sente in forma, molti si sentono tristi e una considerevole percentuale afferma che sarebbe meglio morire o pensa di farsi del male quasi ogni giorno.

Sono le prime evidenze di una ricerca ancora in fase di elaborazione su 150 adolescenti a due anni dall’inizio della pandemia, promossa da Fondazione Soleterre e dall’Unità di ricerca sulla Psicologia del Trauma dell’Università Cattolica. Approfondire quali risposte comportamentali, emotive e relazionali i ragazzi hanno manifestato a seguito di lockdown, didattica a distanza, misure restrittive è l’obiettivo dell’indagine coordinata dalla psicologa dello sviluppo dell’Ateneo Chiara Ionio

Grandi difficoltà e una qualità della vita notevolmente peggiorata sono le costanti evidenziate dagli adolescenti tra i 14 e i 19 anni, un campione distribuito su circa 700 comuni italiani e rappresentativo della popolazione, che hanno risposto al questionario online inviato a dicembre. Sui 60 milioni della popolazione italiana questo campione è costituito da oltre due milioni e 850 mila persone, equamente divise tra maschi e femmine e frequentanti al 77,3% la scuola superiore, al 15,4% l’università e al 7,3% la terza media. 

Uno dei problemi dei ragazzi è dare un senso a ciò che provano: questo avviene nel 40,7% degli adolescenti intervistati (il 5,4% quasi sempre, il 10% molte volte e il 25,3% circa la metà delle volte). Il 34% poi afferma di non essere in grado di controllare il proprio comportamento quando è turbato (il 4% quasi sempre, il 7,3% molte volte e il 22,7% circa la metà delle volte). 

Inoltre, la rabbia verso se stessi quando si sentono turbati è stata riscontrata nel 50% dei soggetti (il 4% quasi sempre, il 14% molte volte e il 32% circa la metà delle volte).

Ancora, il 64% del campione pensa che se l’evento traumatico della pandemia non fosse accaduto, oggi sarebbe una persona diversa (il 4,7% quasi sempre, il 16% molte volte e il 43,3% circa la metà delle volte); e il 69,3% afferma che l’evento è diventato parte della propria identità (il 2% quasi sempre, il 22,6% molte volte e il 44,7% circa la metà delle volte).

Un altro sintomo di disagio si riscontra nella fatica ad addormentarsi che i ragazzi intervistati hanno dichiarato nel 34,7% dei casi (il 2,7% quasi sempre, il 5,3% molte volte e il 26,7% circa la metà delle volte).

Infine, ma non certo in ordine di importanza, è emerso un dato inquietante: il 17,3% pensa che sarebbe meglio morire o pensa di farsi del male (il 2% quasi ogni giorno e il 15,3% più della metà dei giorni).

«L’analisi preliminare di questi dati ci chiede in qualche modo di fermarci a riflettere su quali possano essere i reali bisogni degli adolescenti in tempo di Covid-19 - ha dichiarato Chiara Ionio -. Questi ragazzi, infatti, non solo devono affrontare le intense trasformazioni identitarie tipiche di questa fase evolutiva, ma sono chiamati ad inserirle in un contesto di trauma sociale come è quello che la pandemia ha creato. Nella loro difficoltà a dare un senso a quello che provano, gli adolescenti ci stanno forse dicendo di un bisogno di confrontarsi con degli adulti che possano aiutarli nel processo di significazione non solo degli eventi che avvengono fuori da loro, ma anche delle emozioni, dei pensieri e dei sentimenti che sentono dentro di loro, a cui non riescono a dare risposte da soli e che possono portarli a vivere momenti di difficoltà e di impotenza talmente grande da non riuscire più ad apprezzare la vita e a mettere in atto comportamenti di autolesionismo come risposta a questo vissuto di morte interiore che una piccola parte di loro sente».

Dunque, non è da sottovalutare il turbamento che riduce drasticamente la capacità di concentrazione sul proprio lavoro, che provoca irritazione quando non rabbia, debolezza, senso di colpa e vergogna per quello che si prova, che istiga all’apatia, all’impossibilità di uscire da quello stato. 

«Ecco allora l’importanza di attivare percorsi di sostegno psicologico per questi ragazzi, percorsi che dovrebbero essere sostenibili dal punto di vista economico in modo che nessuno ne resti escluso, soprattutto nelle situazioni di maggiore fragilità famigliare» - ha aggiunto la docente. 

Il report completo della ricerca è disponibile qui. I dati presentati sono a disposizione della comunità scientifica e l’utilizzo degli stessi è consentito solo previa citazione della fonte: Fondazione Soleterre, dicembre 2021. 
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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