L’ibridazione tra mondo accademico e l’universo dell’impresa è proficuo come non mai.
Un grande traguardo – dopo anni di ingiusta separazione, con da un lato le aziende bisognose di riscontri diretti per rispondere a questioni contingenti, dall’altro il settore della ricerca universitaria soggetta a processi di validazione e pubblicazione su scala pluriennale – che nonostante esigenze diverse ha saputo combinare opportunità in ambiti diversissimi, come quello tecnico-industriale, sportivo o relativo delle risorse umane.
Esempi concreti sono stati presentati dai ricercatori di Brescia e Milano, in tandem coi rappresentanti delle aziende, nella tavola rotonda “La ricerca entra in azienda” - in diretta streaming sui social d’ateneo.
Paola Zini ricercatrice della Cattolica e Raffaella Bianchi Human Capital director di Streparava SpA, player internazionale nel settore automotive, hanno illustrato i risultati della ricerca e le pratiche derivate sui temi della conciliazione fra vita lavorativa e ricadute sul benessere personale, familiare e aziendale.
«La ricerca ha fotografato quali forme di conciliazione sono già attivate sul nostro territorio e quali sono le ricadute a livello personale famigliare e lavorativo. Dalle interviste alla dott.ssa Bianchi e dai questionari somministrati ai dipendenti è emerso un quadro positivo che qualifica Streparava come realtà lungimirante e family friendly – ha commentato Zini. - La scelta non deve più essere tra famiglia o lavoro, per farlo occorre superare la femminilizzazione del problema ed è una corresponsabilità di famiglie, imprese, società e politica».
Nel concreto quali azioni sono state messe in campo? «La premessa è che crediamo che la vita personale dei lavoratori entra in azienda assieme a loro, e che per questo il benessere del dipendente sia impattante anche sulla produttività – ha sottolineato Bianchi. - Sono diverse le iniziative messe in atto e implementate alla luce di quanto la ricerca della Cattolica ha fatto emergere. Dalla flessibilità di orari per tutti i dipendenti dell’area amministrativa (quindi non solo donne e madri, ma anche giovani e uomini) che aiuta a gestire la famiglia o i propri interessi; lo smartworking, che prima della pandemia non esisteva e oggi invece è un realtà strutturata con 100 utenti abilitati; sino a momenti d’ascolto one to one finalizzati all’ascolto delle esigenze, incontri divulgativi sui temi dell’alimentazioni o la costituzione di gruppi di runner e la squadra di calcio dell’azienda per promuovere il benessere fisico oltre che mentale».
Un importante passaggio culturale per l’azienda, che ha a che fare anche col concetto di fiducia nei propri dipendenti e con l’assegnare attività finalizzate più al raggiungimento di un obiettivo che un monte-ore giornaliero. «Per questo ricerca e azienda devono diventare partner efficaci per crescere. La ricerca è importante per l’emersione di bisogni e la loro corretta analisi. Questo consente di avviare progetti molto mirati e quindi più vincenti».