NEWS | GIORNATA INTERNAZIONALE DELL'EDUCAZIONE

La ripartenza passa dalla scuola

25 gennaio 2021

La ripartenza passa dalla scuola

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«Quando nel 2012 ci fu il terribile terremoto in Emilia-Romagna, io ricoprivo il ruolo di assessore alle politiche europee e all’istruzione in Regione. Ci siamo svegliati un mattino di maggio con le scuole letteralmente distrutte: in quel momento abbiamo capito che la ripartenza dell’Emilia sarebbe passata anche dalla ricostruzione delle scuole. Io credo che questo sia un importante insegnamento da tener presente in questo tempo di prova che stiamo vivendo come Paese».

Si conclude con queste parole che profumano di lungimiranza l’intervento online del professor Patrizio Bianchi, direttore della cattedra Unesco “Educazione, crescita, uguaglianza” presso l’Università di Ferrara. “Nello specchio della scuola. Quale sviluppo per l’Italia”, così titola il suo ultimo volume edito da Il Mulino; un testo che, secondo il professor Domenico Simeone, preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica e direttore della cattedra Unesco “L’educazione per lo sviluppo integrale dell’uomo e per lo sviluppo solidale dei popoli”, ci aiuta a riscoprire il senso dell’istituzione scolastica: «La scuola riflette l’immagine di un Paese – evidenzia Simeone ―, ma è anche cartina al tornasole per riflettere su che Paese vuole essere il nostro. E forse il momento critico che stiamo vivendo può fornirci il pretesto per rinnovare l’istruzione».

In occasione della Giornata internazionale dell’Educazione, l’Università Cattolica ha voluto promuovere un momento di incontro e riflessione online per ragionare sul delicato tema della scuola e del suo futuro prossimo. Lo ha fatto invitando un profilo di primordine come il professor Bianchi che ha recentemente ricoperto il ruolo di coordinatore del comitato di esperti promosso dal Ministero dell’Istruzione per affrontare la crisi pandemica. Invita ad un profondo ripensamento della scuola l’ex-rettore dell’Università di Ferrara, rimettendo al centro l’individuo in quanto soggetto attivo di una comunità; diventa cruciale ripensare alla domanda: a cosa serve la scuola oggi? «Da piccolo mi si diceva che la scuola serviva per incrementare il bagaglio di informazioni – ricorda Bianchi ―. Ma noi oggi siamo alluvionati di informazioni. Dunque, io credo che oggi l’istruzione serva in primo luogo per insegnare ai ragazzi come usare i molteplici strumenti che hanno a disposizione, e, in seconda battuta, debba essere pilastro per aiutarli a comprendere la complessità del mondo: non è più sufficiente impossessarsi delle informazioni, bisogna andare più a fondo e tenere insieme le conoscenze».

Dello stesso avviso anche Rita Locatelli, ricercatrice presso la Cattedra Unesco dell'Ateneo, che sottolinea come sia necessario «vedere l’educazione come un impegno sociale condiviso, al di là dell’individualismo e dell’utilitarismo, ponendo il giusto accento sulla dimensione relazionale di ogni processo educativo: le comunità prendono parte a tutti gli effetti a questo processo in un’ottica di concreta sussidiarietà».

Il saggio di Bianchi si basa, per sua stessa ammissione, sul principio cardine secondo cui esiste un legame diretto tra sviluppo e scuola che non può essere ignorato. «Dobbiamo rilevare che l’Italia è il Paese che in Europa ha investito di meno nell’insegnamento – prosegue ― e, non a caso, siamo uno dei paesi che ha i livelli di crescita più bassi, oltre ad avere il più basso tasso di istruzione e competenze digitali in Europa. I dati disegnano un’immagine avvilente: abbiamo un’altissima percentuale di dispersione sia passiva (i ragazzi che non finiscono gli studi) che attiva (finiscono gli studi ma senza raggiungere il livello richiesto), oltre che un elevato numero di neet: quei giovani che non sono impegnati né nello studio e nemmeno nel lavoro».

Come reagire a fronte di un quadro così drammatico? Da dove far ripartire questa scuola malandata? Il professor Bianchi prova a fare quadrato e a fornire spunti preziosi per una visione a lungo termine: «Bisogna rimettere la scuola al centro sfruttando fin da ora l’opportunità del Recovery fund; bisogna ridare dignità, anche in termini salariali, agli insegnanti; è doveroso, infine, pensare all’istruzione come un investimento produttivo per il Paese».

Un articolo di

Davide Guglielmo Cavalleri

Scuola di Giornalismo

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