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Un patto educativo globale per i minori stranieri non accompagnati

12 ottobre 2022

Un patto educativo globale per i minori stranieri non accompagnati

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Papa Francesco nell’Angelus di domenica 9 ottobre ha avuto parole molto dure riferendosi al dramma dei migranti che muoiono nei loro viaggi della speranza, eppure sono nostri fratelli, portatori di una loro unicità e irripetibilità, con i loro bisogni materiali, culturali e umani.

Questo pensiero del Papa è stato ripreso lunedì 10 ottobre nel terzo incontro dedicato ai minori stranieri non accompagnati, sulla base di una ricerca dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo contenuta nel volume “Transizioni” (ed. Vita e Pensiero) a cura del professor Domenico Simeone.

Come ha precisato il moderatore dell’incontro Roberto Fontolan della Comunicazione dell’Istituto Toniolo, «si tratta di un contributo specifico verso il patto educativo globale lanciato tre anni fa da papa Francesco, un contributo a questo processo come occasione di riflessione e di cambiamento e come rielaborazione del nostro modo di essere e di proporre alle nuove generazioni un percorso di vita». La peculiarità della ricerca, infatti, rappresenta un interessante punto di vista in considerazione della realtà italiana ricchissima di esperienze, di iniziative, di presenze legate ai territori.

Un primo sguardo introduttivo alla tematica è stato offerto da Domenico Simeone, coordinatore della ricerca, docente di pedagogia generale e sociale, e preside della Facoltà di Scienze della formazione, il quale ha puntualizzato che la ricerca ha riguardato 18 realtà sul territorio che finora hanno assistito 17.668 minori stranieri non accompagnati per lo più maschi. Le strutture coinvolte nella ricerca sono state quelle di tre regioni: Sicilia (che è quella che ne accoglie di più), Lombardia e Lazio. «Il senso della ricerca è di cogliere il momento della transizione alla vita adulta: in tale transizione la comunità che educa fa la differenza, per questo occorre far emergere la necessità di costruire una rete di relazioni che possa sostenere la transizione alla vita adulta, alla cultura del paese che accoglie, al superamento dei traumi provocati in questi ragazzi e ragazze».

L’aspetto dell’interculturalità è stato ripreso da Silvio Premoli, docente di Pedagogia generale e sociale e Garante dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Milano, il quale ha ribadito che «i minorenni stranieri devono godere di tutti i diritti previsti nel nostro ordinamento. Uno degli elementi di complessità di tali transizioni culturali e di spostamenti è la competenza interculturale quale diritto alla non discriminazione, come saper comprendere, interpretare e valorizzare le persone».

Il taglio esperienziale è stato affidato ai referenti di alcuni centri che operano sul campo.

Silvia Granata, docente di Pedagogia in Bicocca, che si occupa di immigrati e intercultura, ha affermato: «Di solito ci chiediamo cosa possiamo fare per questi ragazzi, in realtà dobbiamo chiederci cosa ci possono offrire loro: sicuramente hanno il sogno di una Europa democratica dove si può vivere in pace e sognare un futuro. E’ quanto abbiamo scoperto condividendo con loro la nostra abitazione, riscoprendo le leggi antiche dell’ospitalità e i piccoli gesti che possono rendere più lieta la vita, come regalare loro un orologio perché arrivino puntuali al lavoro, spiegare come funziona una busta paga o come si attiva la lavastoviglie, piccoli modi per renderli autonomi».

Nell’ottica dei piccoli gesti che possono aiutare ad integrarsi e a imparare usi e costumi italiani riveste importanza lo sport. Lorenzo Tomai, di PlayMore, che a Milano organizza squadre di calcio e di basket formate da stranieri e da italiani, ha fatto presente come nello sport il clima di ascolto vince in modo immediato resistenze e paure che si alimenterebbero nel tempo: «Di tali temi si parla in maniera approssimativa e parziale o per slogan. Ma questi ragazzi desiderano fiducia e assenza di paura».

Da Milano si è passati a Palermo, con l’intervento di Elio Tozzi, che organizza corsi di avviamento al lavoro nell’ambito della ristorazione presso il Centro Arrupe. Il progetto “Le rotte del gusto” nasce a servizio dei minori da parte di un Centro che si occupa di tutt’altro, «ma l’obiettivo è di agire con credibilità perché i ragazzi immigrati si sentano persone e non numeri».

A volte i traumi subiti portano a percorsi di vita negativi. Sara Vatteroni della Fondazione Migrantes ha fatto riferimento ai traumi dei minori stranieri non accompagnati, nei loro percorsi migratori tanto lunghissimi quanto dolorosissimi. «Tanti abbandonano le strutture di accoglienza per difficoltà di rapporti, diventando fantasmi o vittime dei passeur. Si assiste a respingimenti che rappresentano una violazione sistematica dei loro diritti».

Un’immagine plastica la offre la pedagogista Paola Bignardi: «Arrivano con poche cose che non servono a nulla, ma danno l’idea che possiedono qualcosa. A loro non interessa solo un tetto e il cibo fino ai 18 anni. Interessa anche comunicare con i genitori rimasti in patria, avere attorno persone di cui fidarsi e che abbiano fiducia in loro». La citazione di papa Francesco, anche a chiusura dell’incontro, è d’obbligo, per descrivere la prospettiva di una società fraterna che presenti un’architettura della pace in cui tutti intervengono senza escludere nessuno, e tutti guardano avanti insieme. «I minori ci sollecitano a camminare in questa direzione, non come attori che recitano a soggetto, ma dentro dei progetti che prevedano la nostra interdipendenza e la custodiscano in maniera convinta», ha concluso Paola Bignardi, richiamando la grande capacità di resilienza dei ragazzi e il ruolo delle università per impostare una visione fraterna di futuro.

 

 


Photo by Hermes Rivera on Unsplash

Un articolo di

Agostino Picicco

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