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La democrazia e il liberalismo secondo Michele Boldrin

27 marzo 2023

La democrazia e il liberalismo secondo Michele Boldrin

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«Stiamo vivendo, e vivremo nei prossimi decenni, una contraddizione sempre più irrisolvibile tra il compimento della democrazia e un modello liberale ormai distrutto». È la tesi di Michele Boldrin, professore di economia alla Washington University in St. Louis, ospite lo scorso 15 marzo dell'evento "La democrazia compiuta e l'inattualità del liberalismo", terzo appuntamento di ASERIncontra. «Quello che racconto – spiega Boldrin – non è quello che mi auspico succeda o che mi piaccia, ma semplicemente ciò che credo che stia succedendo. Nel corso dell’ultimo secolo, l’irruzione delle masse ha reso inattuale il liberalismo, la cui idea è quella di limitare il potere dello Stato. Con il realizzarsi della democrazia, invece, la politica è finita a interessarsi di temi di cui non si era mai interessata».

La democrazia compiuta, però, non è quella ideale dell’agorà di Atene, dove comunque non tutti i cittadini godevano dei diritti politici: «Ci troviamo in una seconda fase, in cui il concetto si è generalizzato e la maggioranza decide ciò che è giusto e ciò che è vero, mentre chi perde lo scontro politico ha torto a prescindere», prosegue. Abbiamo visto durante la pandemia che non c’è campo in cui non entri la politica; tuttavia, l’evolversi delle tendenze globali in corso sembra rendere inadeguato anche il sistema democratico.

«Il riscaldamento globale, la povertà o le migrazioni sono temi complessi, che non si possono risolvere per alzata di mano – riconosce Boldrin – e noi preferiamo ascoltare qualcuno che confermi le nostre certezze anziché essere aperti a tutto: già questo basterebbe per scartare il modello liberale. Il destino inevitabile della democrazia compiuta, però, è il populismo, basato sull’onnipotenza dei politici e sull’uniformarsi di una società sempre meno autonoma. Più il problema è complesso per l’elettore medio, più la soluzione sarà populista».

Un articolo di

Matteo Galié

Scuola di giornalismo

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«Siamo arrivati a vivere in un sistema così complesso proprio perché i modelli liberali hanno funzionato bene», afferma il professor Marco Lossani, docente di Economia Politica dell’Università Cattolica. Ma negli ultimi decenni, nonostante l’acquisizione delle competenze necessarie per orientarsi al meglio tra le informazioni, la politica ha spesso banalizzato alcuni ragionamenti al fine di rendere semplici delle storie complesse: «Non è più vero ciò che è vero, ma è vero ciò che piace, anche se privo di basi scientifiche. Non siamo stati in grado di gestire i processi derivati dalla globalizzazione e questo ha fatto crescere il consenso a vantaggio di chi si pone come interprete dei desideri del popolo, e i social media non fanno altro che accelerare questo processo».

Al confronto interdisciplinare partecipa anche il professor Nicola Pasini, docente di Scienza Politica all’Università degli Studi di Milano. «Il fatto che i politici comunichino attraverso Twitter rende il populismo sempre più incontrastabile per l’idea di una società democratica – riconosce – e l’emergere delle disuguaglianze ha fatto prendere il sopravvento ai socialdemocratici, appunto più attenti ai bisogni sociali degli ultimi decenni, come il diritto all’istruzione che permetterebbe anche al più povero di ambire al Nobel. In una situazione come quella pandemica, inoltre, anche uno Stato liberale si sarebbe trovato in difficoltà: obbligare i cittadini a comportarsi in un certo modo è stata una soluzione legittima per evitare che si arrecasse un danno a tutta la società».

L’esempio della pandemia è calzante anche per il professor Vittorio Emanuele Parsi, direttore di ASERI: «In base alle decisioni prese dalla politica, il concetto di ‘giusto o sbagliato’ è stato sostituito dal ‘vero o falso’ che invece è il campo della scienza e questo ha creato molta confusione». In una società consapevole delle complessità, le competenze sono sempre state la soluzione: «Il liberalismo ha sempre avuto un legame con la razionalità, e lo dimostra l’Encyclopedie, esempio di come le competenze vadano diffuse attraverso uno sforzo. Per questo, la democrazia non è altro che l’esito del successo del liberalismo ed è il metodo più gentile per governare la gente che sia mai stato inventato».

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