Ubuntu è una parola magica. Ha significati forti e potenti: umani, sociali, politici, filosofici e religiosi. Tutti basati sulla lealtà, la benevolenza e il rispetto verso il prossimo.
In lingua bantu (il raggruppamento di idiomi più parlati in Africa: oltre 310 milioni di persone) vuol dire letteralmente: “umanità”. Ma il significato è estremamente più articolato, sofisticato e complesso.
Ubuntu sarebbe il legame che connette tutta l’umanità.
L’accezione è: io sono perché noi siamo.
Su Wikipedia e Treccani Ubuntu è un sistema operativo per computer (ambiente Linux): gratuito, di successo, open source e assolutamente immune da virus.
Ubuntu è persino il nome di un asteroide scoperto nel 2005.
Ma Ubuntu è soprattutto un concetto di “umanità verso gli altri”, “umanità interconnessa”, conosciuto nei discorsi di Nelson Mandela (Nobel per la pace 1993) e del vescovo Desmond Tutu (Nobel per la pace 1984).
È uno dei principi fondanti del Rinascimento africano.
L’Africa è da decenni “il continente del futuro” ma, da secoli, subisce discriminazioni eurocentriche che non rendono onore alla realtà del Continente nero.
Africa è: 54 nazioni indipendenti, una varietà infinita di culture, megalopoli tecnologicamente avanzate e villaggi semplici, nel cuore della tradizione più ancestrale. Un mosaico articolato che nel becero immaginario occidentale può essere ancora rappresentato dalla banalità di un preconcetto anacronistico: il bambino denutrito in braccio ad una mamma inerme, mosche e capanna di paglia. Magari un fiero indigeno con la lancia. E sullo sfondo pacchi umanitari.
Con le pagine di Ubuntu vogliamo tentare di sfatare alcune geofakes dando un modesto contributo contro alcuni pregiudizi e stereotipi che distorcono la realtà africana. Ma anche quella asiatica o sudamericana. Ma anche dell’Europa stessa.
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