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Produrre vino avendo cura dell'ambiente

08 giugno 2021

Produrre vino avendo cura dell'ambiente

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Quando si mesce un buon vino in un calice non ci si pensa. Ma quale impatto ha la sua produzione sulle acque sotterranee e, di conseguenza, sull’ambiente? Può essere che l’avventore al tavolo di un ristorante non si ponga la domanda, ma all’Università Cattolica del Sacro Cuore sanno bene che tutto ha un costo, anche in termini di sostenibilità, e lavorano affinché si possa sorseggiare un rosso, fermo o frizzante che sia, con la coscienza a posto.

Roberta Zambito Marsala è nata ad Agrigento e ha appena concluso la Scuola di Dottorato per il Sistema Agroalimentare Agrisystem all’Università Cattolica. Nella sua ricerca, sotto la lente ha messo l’impatto che l’attività vitivinicola ha sulle acque sotterranee, in particolare sull’inquinamento dovuto a pesticidi e nitrati.

«È stata un’esperienza fantastica, che mi ha permesso di imparare tanto anche dal punto di vista professionale» dice a proposito della sua attività di ricerca durata tre anni, culminata con una tesi dal titolo “Impatto e prevenzione dell'inquinamento delle acque sotterranee da pesticidi e nitrati nei vigneti collinari: valutazione delle fonti di contaminazione e sviluppo di migliori pratiche di gestione e misure di mitigazione».

Lo studio parte dal presupposto che il 25% dei corpi idrici sotterranei in Europa si trova in uno stato chimico definito scarso (contiene quindi sostanze che non dovrebbero essere presenti), acque danneggiate da nitrati e pesticidi rispettivamente nella misura del 18% e del 6,5% rispetto ad altre sostanze.

Benché l’attività di ricerca l’abbia condotta anche in Spagna, all'Università di Barcellona, dal punto di vista geografico il focus è stato posto molto più vicino a Piacenza. Roberta Marsala si è mossa in Valtidone: «Si tratta di un’area con un’intensa produzione vitivinicola - spiega - dove la qualità delle acque non era mai stata investigata in precedenza. Rappresentava dunque il luogo ideale per valutare l’impatto della viticoltura sulla qualità delle acque sotterranee, tanto più che nelle vicinanze vi sono dei pozzi che appartenevano ad Arpa dove sono stati trovati nitrati e pesticidi con concentrazioni superiori ai limiti consentiti».

Il fatto che sotto il profilo dell’inquinamento delle acque fosse una zona poco conosciuta, non poteva che attirare la curiosità della ricercatrice. «Gli studi di monitoraggio hanno mostrato una contaminazione in alcuni casi superiore agli standard di qualità ambientali» dice Marsala, la quale spiega come abbia sviluppato una rete di monitoraggio selezionando alcuni pozzi per analizzarne le acque e indicare la presenza di pesticidi e nitrati: «Ho cercato di capire la fonte di contaminazione attraverso la raccolta di informazioni: dalle pratiche dell’uso del suolo ai dati territoriali, dagli studi isotopici e di idrologia, all’analisi del movimento delle acque sotterranee».

Ma c’è un aspetto che alla ricercatrice preme sottolineare: «Una parte rilevante della tesi è stata la collaborazione con gli agricoltori dell’area studio che sono stati coinvolti al fine di sviluppare un approccio multi-actor, fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Ho realizzato diverse interviste per comprendere le pratiche usate. Sono state organizzate modalità dimostrative, che hanno riscosso successo tra gli agricoltori. Non si è voluto puntare il dito contro di loro, si è piuttosto inteso lavorare insieme per aumentare la consapevolezza in termini ambientali e renderli partecipi per adottare le migliori pratiche di gestione. Ad esempio, creare una piazzola per il lavaggio dei macchinari e non effettuarlo nel campo consente di raccogliere le acque di scarto».

Marsala già lavora per un’azienda chimica, sempre occupandosi di quei pesticidi che sono stati fra i suoi oggetti di studio.
Ma l’università resta nei suoi pensieri. «Continuerò a collaborare con la Cattolica attorno a obiettivi correlati alla sostenibilità».

Un articolo di

Filippo Lezoli

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