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Pier Paolo Pasolini tra poesia e rivoluzione

04 marzo 2022

Pier Paolo Pasolini tra poesia e rivoluzione

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Il 5 marzo di cento anni fa nasceva a Bologna uno degli intellettuali più poliedrici della cultura italiana: Pier Paolo Pasolini. Una figura che ha attraversato quasi tutti i campi del sapere lasciando ovunque il segno: letteratura, cinema, teatro, giornalismo, pittura sono solo alcuni dei percorsi intrapresi da quello che, universalmente, è riconosciuto come uno dei pilastri del Novecento del nostro Paese.

Personaggio controverso, più volte al centro di aspre polemiche, le sue critiche alla società borghese dell'epoca, ma anche alcune posizioni critiche rispetto al Movimento del '68 di cui comunque condivideva gli elementi di rottura, lo posero più volte al centro del dibattito pubblico, che coinvolse anche la sua sfera privata. La tragica fine - un omicidio dai risvolti mai del tutto chiariti avvenuto il 2 novembre del 1975 - contribuì ulteriormente a mantenere attuale la sua produzione artistica e la sua figura personale, due chiavi di lettura impossibili da scindere.

Per questa importante ricorrenza abbiamo deciso di approfondire, con i docenti dell'Università Cattolica, alcuni aspetti di un personaggio complesso e versatile: l'uomo di lettere, il cineasta, il drammaturgo ma anche il suo percorso spirituale, estremamente complesso e profondo.

Un articolo di

Redazione

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«”Siete in ritardo figli” è una delle provocazioni rivolte ai giovani che ancora meritano d’essere discusse nel centenario della nascita di un autore che ai giovani ha dato molto nel segno della rivoluzione e dell’essere maestro, avendo la figura eretica e laica di Gesù a fare da guida accanto a Marx, Gramsci e i classici. Perché la forza dell’autore di Una vita violenta sta proprio nella sua stessa vita (e opera) da giovane».

La Passione dello scandaloso Pasolini
 

Così Roberto Cicala, docente di Editoria libraria e multimediale, definisce il “poeta maledetto” che invita i giovani a esporsi, a osare, a impegnarsi totalmente per un cambiamento reale. La radicalità di pensiero di Pier Paolo Pasolini arriva fino alla crocifissione come “dichiarazione di poetica e programma di vita insieme”, per usare le parole di uno dei suoi primi interpreti, Gian Carlo Ferretti. Questa è anche l’immagine scolpita nel murales che ritrae la Pietà Pasoliniana di Ernest-Pignon-Ernest dove lo street artist ritrae l’intellettuale mentre tiene in braccio se stesso morto.

Un anno, il 2022, in cui ricorrono centenari importanti che riguardano, oltre a Pasolini, anche intellettuali importanti come Giovanni Verga e Luciano Bianciardi. Pur difficilmente accostabili ad accomunarli c'è un minimo comune denominatore: il rapporto conflittuale con il moderno. 

Il centenario degli antimoderni

«In Pasolini - spiega nel nuovo numero di Vita e Pensiero Plus il professor Giuseppe Lupo, docente di Letteratura italiana dell'Ateneo - di fatto, coincidono con la ricerca di “paese innocente”, che assume la fisionomia tanto dell’idioma friulano-romanesco, di gran lunga preferito all’italiano televisivo, quanto dell’epica premoderna che racconta un’Italia rurale e incontaminata, sopravvissuta all’avanzare del progresso coltivando la dimensione della marginalità che appartiene alle periferie del suburbio o alle aree interne della dorsale appenninica».

Secondo Raffaele Chiarulli, docente di Linguaggi dell'Audiovisivo, «il cinema di Pasolini non appartiene a nessuna delle categorie del Novecento ma attraversa tutte le categorie dell’umano, dalla terra al cielo, si potrebbe dire, tenendo dentro tutto per una sorta di fedeltà a un’umanità primordiale, come se il regista, il poeta, riuscisse a guardare dell’uomo allo stesso tempo la scintilla divina e la materia corrotta. Non ha senso isolare in modo netto il cineasta dallo scrittore e dal poeta ma è necessario guardare alla sua produzione cinematografica come a un aspetto della sua opera letteraria e poetica».

«Se penso a una sequenza del cinema di Pasolini fortemente rappresentativa - spiega - penso a una serie di campi lunghi che inquadrano Gesù mentre predica nel Vangelo secondo Matteo. Gesù corre e i discepoli non riescono a stargli dietro. In quella rincorsa, anche un po’ scomposta, per raggiungerlo, c’è tutta l’ampiezza di un desiderio».

Ma Pasolini fu un grande innovatore anche in campo teatrale, come dimostra il suo Manifesto per un nuovo teatro, pubblicato nel 1968: «Le idee espresse da Pasolini nel “Manifesto” - spiega la professoressa Roberta Carpani, docente di Storia del teatro e dello spettacolo - hanno avuto un lunghissimo eco nel corso delle varie generazioni. Ancora oggi ritroviamo il suo pensiero nel teatro partecipativo e nel teatro performativo, dove appunto la figura dello spettatore è centrale nonché fondamentale».
 

Pasolini e il teatro di Parola: un Manifesto per l’innovazione scenica


«Per Pasolini - prosegue - il teatro deve essere rivolto a chi vuole capirlo veramente. Deve stimolare quindi un’élite culturale ristretta, la quale dà la giusta importanza alla parola. Il “teatro di parola” non è per tutti e va contro anche al “teatro della chiacchiera” e al “teatro del gesto e dell’urlo”. Due tipologie di teatro dove la parola viene banalizzata e considerata fine a sé stessa».

 


Assisi è l’approdo spirituale per il Pier Paolo Pasolini alla ricerca della verità, affascinato dall’umanità del Cristo, consapevole di non poter “cascare per sempre sulla terra di Dio”. Don Daniel Balditarra, assistente pastorale dell’Ateneo, commenta le lettere che lo scrittore ha scritto a don Giovanni Rossi della Pro Civitate della città di San Francesco, dove lui e la madre hanno trascorso molto tempo. E raccontando la genesi del suo Vangelo secondo Matteo commenta che «Pasolini aveva un grande rispetto per l’umanità e vedeva nel Cristo, Figlio di Dio, più il Figlio dell’uomo, colui che portava l’umanità alla sua espressione più alta. E così nel Vangelo lui vedeva l’espressione più alta dell’umano».

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