Il 20 novembre 1989 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite vara l’adozione della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza con l’obiettivo preciso di stabilire e proteggere i diritti fondamentali dei bambini e garantirne la crescita in un ambiente sicuro e protetto.
36 anni dopo, nel mese in cui tutto il mondo celebra la Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, la sede di Brescia dell’Università Cattolica ospita la lezione aperta “Oltre i confini: educare ai diritti per promuovere una cultura della parità”.
Una riflessione dedicata al racconto di ciò che è stato fatto ma soprattutto a cosa rimane da fare (spoiler: molto) affinché quanto stabilito dall’ONU trovi applicazione in tutte le geografie del mondo.
Stride e scuote, infatti, il recente report dell’Unicef, secondo il quale 122milioni di bambine e ragazze nel globo non avrebbero accesso all’istruzione. «Solo il 66% dei Paesi ha raggiunto la parità di genere nell’istruzione primaria, il 45% nell’istruzione secondaria superiore ed il 25% in quella secondaria superiore» riporta la prof.ssa Monica Amadini nello speech dal titolo “Leggere la complessità dei diritti dell’infanzia oltre gli stereotipi”.
Abusi (200 milioni di donne subiscono mutilazioni genitali, il 35% è vittima di violenza), discriminazioni (61 milioni non hanno accesso all’educazione primaria), matrimoni precoci (15 milioni di bambine all’anno) e mortalità materna (+ di 300.000 nel mondo) sono sia la causa sia l’effetto di questa esclusione.
Ma la civilissima Italia come se la passa? Bene, ma non benissimo.
Se è vero infatti che in Europa e nell’Occidente in generale viene un po’ meno la compresenza di fattori di rischio (come la discriminazione sulla base dell’appartenenza di genere, le origini culturali, le condizioni socio economiche svantaggiate) le statistiche disponibili fotografano un’Italia tra gli ultimi Paesi in Europa per tasso di occupazione femminile e disparità salariali tra uomini e donne.