Dopo una mattinata volta a raccontare le azioni dagli psicologi in contesti di guerra, calamità naturali, povertà grazie ai contributi dei ricercatori dell’Unità di ricerca sulla resilienza dell’Ateneo e alla relazione di Shannon Lipscomb, professoressa di Human Development and Family Sciences alla Oregon State University degli Stati Uniti, il pomeriggio è stato dedicato a un lavoro laboratoriale sui diversi contesti di applicazione della resilienza, che ha portato a individuare un simbolo per ciascuno di essi e a identificare buone pratiche di azione.
Il processo di resilienza nei casi di trauma nella prima infanzia è stato rappresentato con il fiore di loto, simbolo di purezza e perfezione. Questo fiore nasce e cresce nel fango, in un ambiente melmoso e poco ospitale, eppure si sviluppa in tutta la sua bellezza. Le sue foglie fuoriescono dall’acqua, si trasformano, crescono e si adattano all’ambiente. La bellezza e il profumo del fiore nascono proprio a partire da quell’ambiente avverso per poi erigersi verso l’alto alla ricerca dell’ossigeno vitale.
Tra le buone pratiche emerse dal lavoro di gruppo, presieduto da Shannon Lipscomb, e da Chiara Ionio, docente di Psicologia dello Sviluppo in Università Cattolica, ci sono la creazione di gruppi di condivisione di emozioni per i genitori; le visite domiciliari come accompagnamento nelle fasi delicate di crescita del bambino; la promozione di un ambiente familiare allargato per costruire una cornice di significato che possa orientare il lavoro degli insegnanti, dei pediatri, dei medici di base, degli operatori sociali nel supporto alle famiglie; il coinvolgimento dei padri come attori fondamentali nella relazione familiare.
Il lavoro di gruppo sulla resilienza nei contesti di guerra e migrazione forzata è stato guidato da Damiano Rizzi, presidente di Soleterre Onlus, e da Francesca Giordano, ricercatrice di RiRes dell’Università Cattolica.
Il camminare insieme verso il sole, ciascuno con il suo zaino di risorse che lo rende unico, è il simbolo scelto per la resilienza in questo ambito. La condivisione dà forza proprio come il calore del sole dà speranza. A questa si associa sempre la relazione di aiuto con operatori tutori di resilienza in grado di offrire ascolto e guidare processi di ricostruzione dell’identità.
Mettere le persone al sicuro, ascoltarle, verificare i sintomi traumatici per misurare l’impatto dell’intervento, far sentire utili le persone, creare connessioni tra i membri della comunità e sollecitare attività creative nel caso dei bambini, sono le buone pratiche individuate per questo gruppo.
La resilienza e il maltrattamento all’infanzia è il tema di un altro laboratorio coordinato da Michela Gardon del Centro per il Bambino Maltrattato, e Franceso Salvatore, esperto in Protection e Safeguarding. Una cornice che rappresenta un bambino e i suoi genitori con una diagonale che crea una crepa nell’immagine è il simbolo scelto per spiegare la frattura che si è creata in famiglia con il maltrattamento. E tuttavia nell’immagine dal bambino nasce un fiore che supera le avversità e cresce in altezza e bellezza.
In questi casi agevolare la narrazione che spiega la crisi, focalizzarsi sulle risorse e non solo sulle fatiche, creare una rete protetta di professionisti che danno supporto e infine restituire alla famiglia un’autonomia, laddove sia possibile, sono le buone pratiche individuate da questo gruppo di lavoro.
Infine, la resilienza e la violenza di genere è il tema del quarto gruppo guidato da Luca Milani, docente di Psicologia dello sviluppo dell’Università Cattolica, e Mitia Rendiniello del Politecnico di Milano.
La canna di bambù nella tempesta è il simbolo scelto per indicare la resistenza alle intemperie che affiggono, perchè la canna di bambù è flessibile ma forte al punto da non lasciarsi travolgere e spezzarsi. Le pratiche di intervento in questi contesti prevedono la creazione di gruppi di sostegno e condivisione, lo stimolo a immaginare una realtà alternativa a quella attuale recuperando il senso del sé e delle risorse interne, la promozione dell’espressione dell’accaduto per diventare consapevoli e assumersi anche la responsabilità rispetto alla diffusione della violenza di genere nella società.