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Tanzania, consapevolezza a ogni passo

11 giugno 2025

Tanzania, consapevolezza a ogni passo

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«Ci sono momenti nella vita in cui si sente, con assoluta certezza, che è arrivato il tempo di fare qualcosa». Inizia così il racconto di Diana Teodorescu, che la scorsa estate ha fatto un’esperienza di volontariato in Tanzania, grazie al Charity Work Program, promosso dal Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale (CeSI), aperto dal 2024 anche al personale tecnico amministrativo dell’Università Cattolica. Con lei è partita anche Manuela Bassi, condividendo la stessa forte sensazione: quella di essere giunte al momento in cui «si sceglie di dare il proprio contributo a una causa significativa e fare la differenza nella vita delle persone».

L’Allamano Makiungu Hospital, circa 30 km da Singida, fondato nel 1954 da due suore irlandesi della congregazione Medical Missionaries of Mary e oggi diretto padre Alessandro Nava, è una realtà centrale per l’assistenza materno-infantile e la cooperazione allo sviluppo. È lì che Diana e Manuela hanno prestato il loro aiuto per le tre settimane di permanenza in Tanzania.

«Eravamo partite con l’idea di organizzare un corso di informatica per il personale – dicono – ma ben presto ci siamo rese conto che potevamo essere utili in tanti altri modi. Così – racconta Diana – abbiamo partecipato alle riunioni mattutine dell’ospedale, in cui si discutevano i casi della notte precedente e si stabilivano le priorità della giornata, distribuito 900 divise al personale medico e amministrativo, preparato e tagliato oltre quattro chilometri di garze». E poi con la clinica mobile nei villaggi Kikio, Ligwa e Taru per supportare il lavoro delle infermiere – «l’esperienza più intensa» – con le visite prenatali alle future mamme e la somministrazione dei primi vaccini ai bambini fino ai quattro anni.

«Ho visto la gioia e la gratitudine delle mamme quando ricevevano assistenza medica per i loro neonati – racconta Manuela – questo momento ha profondamente toccato il mio cuore e mi ha fatto comprendere quanto sia fondamentale l’accesso alle cure sanitarie».

Un articolo di

Valentina Stefani

Valentina Stefani

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«La realtà dell’ospedale è dura – prosegue Diana – ci si confronta con bisogni urgenti e malattie che nel mondo occidentale sembrano lontane, quasi dimenticate, un’ustione può essere fatale, la malaria è ancora un pericolo reale e, a volte, il ricorso allo stregone – profondamente radicato nella cultura locale – può compromettere cure che sarebbero invece salvavita. A Kikio, una giovane madre mi ha messo in braccio la sua neonata di tre settimane, nel villaggio si crede che i visitatori siano di buon auspicio e, con quel gesto, mi ha trasmesso una fiducia spontanea e autentica. Ho percepito una grande generosità, quella che si esprime non con grandi parole, ma con gesti concreti, anche nella semplicità del quotidiano».

Anche un piccolissimo contributo può avere un impatto significativo nella vita delle persone. «Ho imparato non solo a prestare supporto pratico – racconta Manuela – ma anche a comprendere le sfide culturali e sociali che le comunità locali affrontano, le mie aspettative si sono trasformate in un profondo rispetto per il lavoro degli operatori locali e una maggiore consapevolezza dell’importanza della solidarietà».

«È stata una rivelazione – aggiunge Diana – l’esperienza vissuta mi ha fatto capire quanto spesso diamo per scontate le cose nella nostra quotidianità, dimenticando di essere grati per ciò che abbiamo. È stato un invito a fermarmi e riflettere su ciò che conta davvero. Spesso ci lasciamo travolgere da preoccupazioni inutili, da un senso di urgenza che non ha fondamento. In Tanzania ho riscoperto l’importanza di procedere con metodo e determinazione, senza frenesia. ‘Pole pole’, dicono in swahili ‘adagio adagio’ – e non è un incoraggiamento alla lentezza – conclude – ma alla consapevolezza di ogni passo».

«Fatelo – dicono a chi sta pensando di partecipare al Charity Work Program – non cambierete il mondo ma tornerete con la consapevolezza che, anche solo per un breve periodo, avete fatto qualcosa di concreto per qualcuno. E questo vale più di mille parole».

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