Nel febbraio del 2024 il Consiglio della Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e tropicali della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, diretta dal professor Carlo Torti, ha deliberato di inserire il Poliambulatorio Caritas della città di Roma, guidato dalla dottoressa Giulia Civitelli, nella rete formativa sulla tematica dell'assistenza alle persone migranti e “fragili”.
Da questa decisione, parte delle attività di “terza missione” promosse dall’Ateneo, sono nati percorsi umani e professionali importanti: quando necessario e possibile, i medici in formazione specialistica che volontariamente si propongono per prestare la loro opera a favore delle persone bisognose che si rivolgono all’ambulatorio, diventano un “ponte” per condurre i pazienti all’attenzione dei medici specialisti infettivologi operanti presso l’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, contribuendo a favorire la prossimità dell’assistenza per numerose persone gravate da un difficile accesso alle strutture sanitarie.
CattolicaNews ha incontrato una di questi medici, la dottoressa Silvia Guerriero, Specializzanda della Scuola in Malattie Infettive e tropicali, al termine della sua particolare esperienza.
Dottoressa Guerriero, qual è il perché che l’ha spinta ad offrire il suo tempo e le sue competenze in questo progetto?
«Nel corso degli anni di specializzazione mi sono resa conto che l’esperienza che vivevo in ospedale mi consentiva di avere una vasta visione clinica, ma che c’era tutta una parte di vita dei pazienti, prima e dopo il ricovero, di cui non avevo piena contezza. Le malattie infettive hanno un bacino di utenza estremamente variabile e non è raro trovare pazienti che provengano da contesti di difficoltà. Ho quindi sentito la necessità di informarmi e di capire meglio quello che è il percorso sul territorio di queste persone, in modo da averne coscienza nel mio lavoro ospedaliero e poter davvero capire come fornire un’assistenza più consapevole. Il ricovero ospedaliero è una sorta di parentesi, un momento di passaggio e sofferenza in un’esistenza di cui il curante rischia di non sapere abbastanza da poter capire come proseguire la cura oltre il momento in sé per sé. Aver acquisito consapevolezza di questa cosa mi ha spinta a riflettere e a ricercare un approccio diverso soprattutto per chi, fuori dalla parentesi ospedaliera, vive grandi difficoltà quotidiane».
Che cosa accade quotidianamente nel Poliambulatorio Caritas relativamente ai bisogni di assistenza e cura?
«Il bacino d’utenza del Poliambulatorio Caritas è molto ampio e comprende persone provenienti da numerosi e differenti contesti. Nella quotidianità, il Poliambulatorio si occupa di distribuire farmaci (che provengono da donazioni, da qui la variabile relativa alla disponibilità di alcuni di essi) attraverso un servizio Farmacia e di elargire visite mediche, sia specialistiche che di medicina generale. É poi sempre presente almeno un membro dello staff responsabile di quella che è la parte di “Direzione” che si occupa degli aspetti più sociali, di gestione organizzativa e di mediazione, soprattutto per quanto riguarda i casi più complessi. Il Poliambulatorio è dotato anche di una Medicheria dove vengono erogate prestazioni infermieristiche di medicazioni avanzate. I pazienti vengono accolti da volontari che effettuano un triage per valutare come indirizzarli al meglio e, in caso di prestazioni prenotate, distribuiscono numeri in ordine d’arrivo. Presso il Poliambulatorio è possibile reperire informazioni circa servizi come per esempio corsi di lingua, supporto legale gratuito, mense, alloggi e altri presidi di assistenza. L’accesso al Poliambulatorio è libero e garantito dal lunedì al venerdì. I volontari che prestano servizio presso il Poliambulatorio vengono formati e vengono effettuate, tra i membri dello staff, riunioni settimanali circa i pazienti più complessi, mantenendo un filo diretto anche con altre strutture come l’Ostello. In generale, mi permetto di affermare che quello che avviene quotidianamente al Poliambulatorio è un servizio umanitario e di assistenza che cerca di venire incontro alle necessità dei più bisognosi, nel massimo del rispetto e dello spirito di solidarietà. Chi entra come paziente del Poliambulatorio non cerca necessariamente cure mediche: a volte è spinto da bisogni primari, altre volte da semplice ricerca di contatto umano e compagnia. In questo non c’è discriminazione per nessuno: laddove è richiesto aiuto, una mano si tende».
Lei studia e lavora al Policlinico Gemelli, una struttura sanitaria e di formazione all’avanguardia: come ha vissuto il confronto tra possibilità di accesso e di cura in diverse realtà territoriali e strutturali?
«Durante la mia specializzazione mi era già successo di effettuare un periodo di formazione presso un altro Ospedale, e mi avevano stupito le differenze presenti tra una struttura e l’altra anche solo sul piano organizzativo. Conoscere la realtà del Poliambulatorio Caritas è stato inizialmente molto forte, emotivamente, e ho pian piano maturato coscienza di quanto poco io sapessi di determinate realtà. Ci sono grandissime difficoltà che ogni giorno vengono affrontate, per superare blocchi e impasse legati a una burocrazia che non sempre è dalla parte del paziente, di cui è difficile rendersi conto muovendosi solo all’interno di strutture ospedaliere all’avanguardia. Il ruolo dei volontari è cruciale ed è grazie a loro se persone in difficoltà o provenienti da situazioni di povertà e disagio possono avere accesso a cure e assistenza. Purtroppo non tutti i pazienti hanno la “fortuna” di essere pazienti di una struttura all’avanguardia come il Policlinico Gemelli ed è fondamentale aumentare la consapevolezza verso tutti quei Servizi che forniscono assistenza in setting territoriale, fondamentale per il processo di cura. È cruciale sviluppare sempre più questa complementarietà con l’ambiente ospedaliero, garantendo le cure migliori possibili senza ridurre la qualità dell’accesso. Anche solo un piccolo contributo è in grado di fare la differenza».
La sua idea, e pratica, della Medicina si è trasformata? E, se possiamo chiederlo, questa esperienza ha trasformato lei?
«Ho sempre avuto l’idea “romantica” di una medicina umanitaria e umanistica, basata sulla centralità del paziente. Partendo da questo punto di vista spesso mi sono scontrata con le difficoltà del sistema “aziendale” del nostro Sistema Sanitario Nazionale e della trasformazione relativa alla figura del medico, da olista a iperspecialista. Questa esperienza non ha fatto altro che confermare la mia visione ed ampliarla ancora di più verso quello che sento come un dovere assistenziale verso coloro che sono pazienti nell’ombra. Al termine del mio periodo presso il Poliambulatorio Caritas mi sono sentita rinfrancata e con una nuova consapevolezza di quella che vorrei fosse la mia professione, con la persona al centro di tutto. Mi sono ripromessa di non dimenticare più il motivo per cui ho scelto questa professione: gli esseri umani».
Qual è il messaggio che vuol lasciare ai suoi colleghi più giovani, le studentesse e gli studenti della Facoltà di Medicina e chirurgia, ai quali l’Ateneo offre molte opportunità di volontariato, anche in campo sanitario?
«Quello che mi sento di consigliare è di cercare sempre di gettare lo sguardo al di là di ciò che è illuminato. Di andare a cercare anche ciò che è spiacevole, di non farsi fermare da ciò che è facile. Il nostro scopo, in quanto medici o futuri medici, deve essere quello di essere scomodi, di andare oltre, di porci al servizio del prossimo, quale che sia la sua provenienza o la sua necessità. Fare esperienze esterne, conoscere realtà diverse, visitare strutture territoriali aiuta a toccare con mano almeno parte di ciò che non si vede. Ma anche ad ampliare la mente. E, perchè no, anche il cuore».
"Accogliere è già curare"
Da ormai oltre un mese ho deciso di prendere parte a questo progetto, seguendo la mia collega dottoressa Silvia Guerriero, che per prima ha aderito all’iniziativa. Questa esperienza sta consentendo di mettermi a confronto con molti aspetti che ritengo fondamentali per la professione medica.
Quando entrai la prima volta nel Poliambulatorio e vidi i tanti volontari, giovani e meno giovani, indaffarati nell’organizzare il lavoro della giornata, che indossavano magliette colorate con impressa la scritta “Accogliere è già curare”, in una specie di grande arcobaleno dinamico, non colsi il senso profondo di questo motto. Mi ci volle infatti qualche settimana di servizio e, in particolare, vedere lo sguardo smarrito delle tante persone che ogni giorno affollano l’ambulatorio e che, molto spesso, cercano soltanto qualcuno che sia disposto ad ascoltarli e a cui possano raccontare i loro problemi, qualcuno che, semplicemente, si preoccupi di loro. In questa esperienza, anche se breve, ho trovato il senso della Cura, fine ultimo della professione medica, un senso spesso sbiadito all’interno delle mura degli Ospedali.
Al di là di questo aspetto, inoltre, questo progetto formativo permette di acquisire importanti competenze in tanti aspetti di Salute Globale, di infettivologia, di medicina delle migrazioni e aspetti legati alla relazione transculturale, tutti ambiti a mio avviso fondamentali per la formazione di uno specialista in Malattie Infettive e Tropicali. Questo avviene grazie al continuo confronto con persone provenienti da ogni parte del mondo che si presentano con problematiche che riguardano tutti gli aspetti dalla salute, intesa non come assenza di malattia ma come benessere che dovrebbe coinvolgere tutte le sfere dell’essere umano.
Per i colleghi che sceglieranno di svolgere un periodo formativo presso il Poliambulatorio Caritas, garantendo la continuità del progetto, si potranno quindi aprire numerose opportunità di crescita umana e professionale, medica e anche di ricerca. Sarà inoltre possibile partecipare ad ulteriori Servizi, in particolare l’assistenza sanitaria presso le case di accoglienza del Polo Caritas di Villa Glori dove è presente una casa alloggio per persone in condizioni di marginalità con infezione da HIV/ AIDS. Le giornate di lavoro si svolgono all’interno dell’ambulatorio tra piccoli e grandi problemi di salute. Dalla cura di ferite infette, dall’ipertensione al sospetto di tubercolosi (non frequente ma possibile), dal paziente con infezione da HIV al semplice raffreddore, dal diabete al ginocchio gonfio, il minimo comune denominatore è la cura della persona senza nessuna differenza o distinzione.
Dott. Riccardo Serraino, Medico in formazione specialistica
Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e tropicali
Nella foto in alto il prof. Carlo Torti, la dott.ssa Giulia Civitelli, la dott.ssa Silvia Guerriero e il dott.Riccardo Serraino insieme all’équipe del Poliambulatorio Caritas