Anche se ha sofferto dell’avvento della pandemia, il cinema resta «la forma d’arte che meglio rappresenta la nostra realtà, la nostra storia, i nostri pregi e difetti, la nostra vita. Questa è anche la caratteristica e la ricchezza del cinema europeo» – ha spiegato l’ad di Rai Cinema. Prova ne sia lo spazio che non ha mai smesso di occupare nelle pagine dei giornali. «Viviamo in un’epoca frammentata dove il consumo è istantaneo e tutto attira l’attenzione solo per pochi secondi. Il cinema di sala invece è l’opposto, ci invita a rallentare, a fermarci, ad ascoltare, a immergerci in una storia, offre una profondità di pensiero, un significato». Dall’intrattenimento alla denuncia sociale, il cinema resta un’occasione privilegiata di riflessione, a partire dal punto di vista del regista. Infine «il cinema è un’esperienza collettiva, diversa dalla fruizione televisiva solitaria. In sala si dimentica la propria vita e ci si immerge, si piange, si ride, si percepiscono emozioni e sentimenti degli altri spettatori».
Ma dietro ciò che il pubblico fruisce c’è un’industria immensa, evoluta e competitiva. A differenza di quello statunitense dove le major finanziano la produzione, il cinema in Europa esiste soprattutto grazie ai contributi pubblici.
Rai Cinema nasce nel 2000 con l’obiettivo di rafforzare l’industria cinematografica italiana ed europea, dopo che, secondo la legge Veltroni 122/98, in ottemperanza alle direttive europee, la Rai deve passare da un investimento di 28 miliardi di lire nel 1998 a uno di 71 miliardi l’anno successivo. Rai Cinema diviene successivamente attiva nella distribuzione cinematografica con il marchio 01 Distribution e il suo operato riguarda anche l’acquisizione di prodotto audiovisivo in Italia e all’estero.
Il contributo di Rai Cinema non è solo in ambito economico (anche a sostegno di produttori indipendenti), ma anche distributivo per garantire una vita al film dopo il suo ingresso in sala. In venticinque anni sono stati investiti 1,4 miliardi di euro nella produzione cinematografica, realizzati 1190 film e 660 documentari, con attenzione a sostenere i registi esordienti: 590 le opere prime e seconde prodotte da Rai Cinema.
Questa attività ha permesso il successo di film quali I cento passi, La meglio gioventù, L’ora di religione, Notte prima degli esami, Follemente, Vermiglio, solo per citarne alcuni, in Italia e all’estero raggiungendo pubblici in tutto il mondo. Il box office non sembra confermare questo dato? La notorietà di un film non passa solo attraverso la vendita dei biglietti ma anche attraverso i premi vinti e le piattaforme che lo promuovono.
Il cinema italiano viaggia eccome grazie a distributori internazionali che scelgono di investire su prodotti culturalmente validi. Infatti, le tematiche trattate dai film prodotti da Rai Cinema spaziano dalla crisi economica alla maternità e paternità, dall’impegno civile alla famiglia, dalla storia del Paese al lavoro, dalle periferie alla violenza contro le donne, dall’identità femminile alla scuola, e ancora la spiritualità, la disabilità, lo sport, l’Europa e molti altri.
Per quanto riguarda il box office gli 85/100 milioni di biglietti venduti annualmente per un totale di 600 milioni di incassi prima della pandemia si sono sensibilmente ridotti negli anni successivi, ma stanno lentamente tornando a quei parametri con un dato confortante nel 2024 pari a quasi 500 milioni. Sebbene il cinema italiano rappresenti circa il 20% del mercato della sala. Anche le piattaforme hanno dato un importante contributo alla diffusione del cinema nazionale, sia dal punto di vista della distribuzione sia dal punto di vista della produzione. Anche se contemporaneamente hanno standardizzato il gusto degli spettatori.
Solo negli ultimi cinque anni Rai Cinema ha contribuito a realizzare 334 film, di cui 175 opere prime e seconde che incentivano i giovani professionisti, e oltre 160 documentari collaborando con quasi 500 registi e 260 società diverse di produzione. Se si considerano i quindici anni precedenti, dal 2010, questi numeri triplicano.
Gli auspici per la filiera cinematografica sono buoni, resta la nuova incognita dell’Intelligenza artificiale che «probabilmente limiterà alcune professionalità più anziane – ha concluso Del Brocco – e forse svilupperà più lavoro per i giovani».