La speranza in un acronimo. È possibile, secondo lo psicologo clinico americano Anthony Scioli, spiegare scientificamente le caratteristiche della speranza con “MASS”, ovvero i concetti di Maestry (padronanza), Attachment (attaccamento), Survival (sopravvivenza), Spirituality (spiritualità). Questi pilastri sono, infatti, utili a comprendere su cosa si fonda la speranza e come si può supportare la vita delle persone.
«Dei quattro quello più importante è l’attaccamento perché si basa sulla certezza che ci sia sempre qualcuno di fiducia su cui contare perché noi abbiamo bisogno di relazioni» – ha spiegato lo scorso 19 maggio il professore del Keene State College alla University of Rhode Island (USA), invitato dalla Facoltà di Psicologia a tenere una lectio durante l’iniziativa di Ateneo sulla speranza nell’anno giubilare.
Ci sono poi la padronanza, ossia la capacità di controllo, di pianificare il futuro e guardare avanti, la sopravvivenza che si ancora nel coraggio di vivere ma anche nella consapevolezza che siamo mortali, e la spiritualità a ricordarci che non siamo onnipotenti, e che c’è qualcosa che ci trascende. Emblematico è l’esempio portato da Scioli per raffigurare tutti questi elementi, il film Il mago di Oz dove ciascuno dei personaggi ne incarna uno. Citando l’Antigone di Sofocle, poi, il professore ha evidenziato quanto siano «meravigliosi gli esseri umani nel cercare di plasmare il loro destino, pieni di risorse nel tentativo di soddisfare i propri bisogni e aperti alla spiritualità laddove non si riesca a soddisfarli».
Scioli ha spiegato il metodo di lavoro sperimentale, applicato con diversi gruppi di persone, per definire la speranza. Si utilizzano il linguaggio filosofico che lavora con metafore e immagini, l’approccio cognitivo-comportamentale che permette di trasformare i pensieri negativi in pensieri positivi e l’approccio meditativo basato su una sorta di autoipnosi che implica esercizi di profondo rilassamento.
Il modello interdisciplinare di speranza MASS utilizza scale psicometriche e un questionario attraverso il quale è stato possibile verificare ad esempio che il gruppo di studio che ha visto il famoso discorso del 1963 di Martin Luther King “I have a dream” ha incrementato sensibilmente la speranza, mentre non è successo al gruppo di controllo che non l’ha visto.
Al concetto di speranza è strettamente legato anche quello di disperazione che il professore ha studiato in relazione al rischio di comportamenti violenti e/o autolesionistici fino ad arrivare al suicidio. La disperazione si può associare al sentirsi alienati (in questo caso manca l’attachment), condannati (è in crisi la categoria survival) o impotenti (si è privi della padronanza). In molti casi è legata al bullismo oppresso o a una storia traumatica di abbandono dei genitori durante l'infanzia.
Nel complesso Scioli ha identificato nove tipi di disperazione e li ha applicati a gruppi specifici, come i veterani e le donne con disturbo da stress post traumatico dovuto a un tumore. «Qui entrano in gioco per esempio l’autodistruttività, il non prendersi cura di sé, correlati al senso di impotenza». Nei casi di malattia (e anche le sue sperimentazioni con i malati di HIV l’hanno dimostrato) la speranza è determinante più dell’aiuto prettamente medico e farmacologico. E in particolare entrano qui in gioco gli aspetti attachment e spiritualità.