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Dalla paura alla denuncia, la testimonianza di Jolanda Renga

25 novembre 2025

Dalla paura alla denuncia, la testimonianza di Jolanda Renga

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«Una cosa brutta la si può trasformare in costruttiva per aiutare altre persone. È solo per questo che ho reso pubblica la mia storia affinché possa essere utile per le ragazze che si potranno trovare nella mia stessa generazione». Sono le parole di Jolanda Renga, testimonial dell’incontro organizzato dal Comitato pari opportunità dell’Ateneo in collaborazione con la Polizia di Stato, presente con il Questore Paolo Sartori.   

«Quello che l’amore non è», che si è svolto nella sede di Brescia in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Dopo la proiezione di «Oltre l’amore», a cura della Polizia di Stato e del Dams, la professoressa Raffaella Iafrate, ha ricordato l’impegno e le attività organizzate nelle altre sedi e nel corso dell’anno sul tema della parità di genere. «Il nostro approccio alla violenza di genere, è quello della continuità nel tempo perché questo lavoro culturale non sia solo occasionale o segnato dall’eccezionalità, ma continui nel tempo anche al di là della manifestazioni più ampie e visibili come quella di oggi».

Altro compito dell’Università è rifuggire da ogni forma di semplificazione e superficialità nell’affrontare il tema della violenza di genere adottando uno sguardo profondo e complesso. «La violenza di genere non è infatti un costrutto monolitico, ma ha tante facce: c’è quella fisica più eclatante e visibile che vede nei maltrattamenti, fino ai femminicidi la sua più terribile espressione, c’è quella assistita dei bambini, figli di coppie violente e genitori maltrattanti, ma ci sono anche forme più subdole, come quelle che racconterà Iolanda, la violenza del ricatto, dello stalking, della minaccia, così come altre forme meno riconosciute come violenza, ma altrettanto temibili dal punto di vista culturale, quelle basata sul pregiudizio, l’ingiustizia, la mancanza di riconoscimento dell’uguale dignità delle persone». L’esperienza di Jolanda, in ottobre vittima di revenge porn (le sono stati chiesti soldi minacciando di pubblicare foto sue intime inesistenti), può essere illuminante per le ragazze nella stessa situazione. 

Un articolo di

Antonella Olivari

Antonella Olivari

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Sul suo telefonino arriva un messaggio Whatsapp: numero sconosciuto, prefisso americano, qualche errore ortografico. «Pubblicherò a mezzanotte le foto che ho di te nuda. Dì ad Ambra che se non riceverò 10mila dollari ti rovinerò la vita». Ambra, che è sua mamma e che di cognome fa Angiolini. Intervistata da Marta Carapelli, studentessa di Scienze politiche sociali, Jolanda, solare, semplice ma disinvolta e decisa  ha risposto che «ha avuto paura, hanno minacciato di rovinarmi la vita con foto non mie che sono state generate con l’intelligenza artificiale. Anche se quelle foto io le avessi inviate a qualcuno - ci tiene tantissimo a sottolinearlo - non dovrei essere giudicata, da mio padre o da nessun altro». Questo è il concetto che Jolanda vuole sdoganare: «Una ragazza non deve sentirsi in difetto se mai le fosse capitato di inoltrare immagini private, è una scelta personale e insindacabile. Bisogna insegnare ai ragazzi a non condividerle, questo è il focus».

Sul palco è salito anche Francesco Renga, protagonista come cantante nel video d’apertura e qui come papà di Jolanda, a sottolineare l’importanza dei legami familiari nell’affrontare situazione come questa. Sì perché le relazioni da amorose possono diventare anche tossiche come ha ricordato nel suo intervento la professoressa Monica Amadini.


Lo ha raccontato parlando di un fatto concreto l’ispettrice della Polizia Francesca Pollonara, che con il sovrintendente Domenico Geracitano, hanno invitato gli studenti a denunciare.

Nella seconda parte della mattinata è stato reso omaggio a Franca Viola, simbolo dell’emancipazione femminile, con l’intervento della professoressa Chiara Continisio. «È stata il bastone tra le ruote della tradizione, il detonatore, che ha fatto esplodere un silenzio durato troppo a lungo, lei ha reso possibile affermare una cosa vera, così semplice da sembrare inutile ripeterla, almeno oggi, e che invece ogni volta dobbiamo ripetere: che la donna è una persona, che il corpo della donna appartiene alla donna, che la sua volontà conta: che no vuol dire no e sì vuol dire sì, e sono due mondi diversi».

È seguito poi il toccante monologo “Ammattire è una cosa faticosa”, scritto e interpretato dalla giovane attrice Maria Chiara Arrighini, tratto dal libro “Oliva Denaro” di Viola Ardone. E si finisce tutti incollati alla poltrona con qualche lacrima sul viso perché quella donna potrebbe essere una di noi.

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