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I punti di contatto tra economia e speranza

16 maggio 2025

I punti di contatto tra economia e speranza

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Normalmente non è immediato il collegamento tra economia e speranza. L’economia, infatti, non dovrebbe riguardare sentimenti e aspirazioni ma richiamare la precisione di numeri e di risultati. L’incontro che si è svolto mercoledì 14 maggio, organizzato dal Dipartimento di Politica economica, ha inteso smentire questa affermazione, illustrando le varie casistiche di collegamento.

«Sperare non vuol dire prevedere, dato che l’economia ha il dovere deontologico di indagare le speranze dell’essere umano su come andranno concretamente le cose», ha affermato Antonella Occhino, preside della Facoltà di Economia. «Nella concretezza del sistema – ha proseguito - la speranza tocca i campi dell’equità, della giustizia sociale, della casa comune, della divisione delle risorse, della dignità della persona che lavora, con una particolare attenzione oggi ai risvolti applicativi dell’Intelligenza Artificiale».

La speranza peraltro presenta risvolti teologici circa l’economia salvifica. Su questo aspetto l’assistente ecclesiastico generale, monsignor Claudio Giuliodori, richiamando il magistero di Papa Francesco nell’orizzonte dell’anno giubilare che la Chiesa sta vivendo  e in chiave cristologica, ha esaminato le istanze dell’uomo contemporaneo che sono sfide per la speranza a cui occorre dare risposte concrete: il tema della povertà e il relativo utilizzo delle risorse, la gestione dei beni della terra, il costo degli armamenti che potrebbe debellare la fame nel mondo, il condono del debito e l’attenzione all’ecologia. Del resto «non c’è vera economia della speranza se non nel principio teologico dell’incarnazione: il regno di Dio si manifesta in terra ma non si esaurisce con la condizione terrena».

La speranza ha anche una declinazione tecnocratica. Lo ha spiegato Miguel Benasayag, filosofo e psicanalista, riferendosi alla crisi sociale tecnologica. «La speranza non può essere vissuta pensando che domani andrà meglio. È in questo presente che troviamo le motivazioni per resistere alla distruzione. La delega alla macchina sta demolendo l’essere umano. La nostra possibile speranza è la costruzione attuale nel presente, una sfida che ci chiama oggi ad essere capaci di pensare un mondo con una razionalità complessa, considerando ogni limite come un confine da oltrepassare».

La speranza si presenta in varie forme. Secondo Luigino Bruni, economista della LUMSA, c’è quella “negativa” (del resto la speranza era uno dei mali presenti nel mitologico vaso di Pandora) come la speranza di tipo illusorio di vincere alla lotteria per vivere senza lavorare, e quella “positiva” costituita ad esempio dai libretti di risparmio che i nonni donavano ai nipoti per garantire un futuro meno duro. «Poi c’è la speranza che rientra nell’azione collettiva di sindacati e partiti per migliorare le condizioni di vita della società. E la speranza come dimensione di grazia che arriva dopo l’ennesimo fallimento quando non ci si aspettava più nulla».

Tanti tipi di speranza e tanti spunti di riflessione di natura accademica e pratica sono emersi durante il dibattito arricchito dalle considerazioni dei professori Marco Grazzi, che ha moderato gli interventi, e Ivana Pais, che ha presieduto l’incontro.

Un articolo di

Agostino Picicco

Agostino Picicco

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