Come tutti, in silenzio davanti allo schermo, stavo gridando nel cuore “Viva il papa!”. Quando ho sentito “… sibi nomen imposuit Leo XIV” ho fatto un balzo: abbiamo un Leone! Il volto commosso di Papa Leone nel portarci il saluto di pace che Gesù Risorto ha rivolto ai discepoli e sue le parole – profonde e “pensate” – del messaggio Urbi et Orbi sulla pace (“una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante”) mi hanno conquistato: abbiamo un Leone la cui prima parola è “pace”! Il paradosso di un Papa dal nome potente e disarmato… col passare degli anni, sento sempre più forte il fascino unico del paradosso cristiano.
Sono andata con la mente a quel poco che sapevo del nome Leone nella storia della Chiesa: un Leone (Magno) armato solo di una croce nell’incontro con Attila, un Leone (XIII) senza potere temporale, eppure immensamente libero nel guardare alle “cose nuove” e giudicarle con la sapienza che deriva dalla fede, capace di guidare la Chiesa attraverso le grandi trasformazioni economiche e politiche del suo tempo - che è per molti versi ancora il “nostro” tempo.
Certo, Attila potrebbe aver fatto marcia indietro per ragioni molto “terrene”, perché aveva alla fine valutato la convenienza complessiva di farlo. Ma vi pare cosa da poco che un incontro “strano” porti i violenti a vedere quello che non sapevano vedere, ossia la convenienza di fare un passo indietro, la convenienza della non violenza? Dobbiamo sperare (umili e perseveranti!) che qualcosa di simile possa accadere ancora, nei grandi conflitti e nei piccoli conflitti della quotidianità
Certo, ho anche letto raffinate analisi critiche sui limiti analitici della Rerum novarum e sul “sacro opportunismo” di Leone XIII. Ma vi pare cosa da poco che, da allora, il magistero pontificio e le realizzazioni concrete, diverse e fantasiose, attuate de vescovi e laici di vari paesi per operare come cristiani nelle contraddizioni del loro tempo, abbiano chiaramente cominciato a riconoscersi sulla stessa lunghezza d’onda e a camminare insieme, come tenendosi per mano?
Il messaggio Urbi et Orbi in effetti ripropone in molti modi l’immagine del camminare insieme, senza paura, con fiducia, certi di essere in ottima compagnia: “senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti”, “… hanno scelto me … per camminare insieme a voi come Chiesa unita cercando sempre la pace, la giustizia, cercando sempre di lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura, per proclamare il Vangelo”. “Vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina”, ha ripetuto Papa Leone XIV.
E cosa dire dell’umile, certo e pacifico dirsi “figlio di Agostino, agostiniano” del Successore di Pietro? Ecco indicata, in qualche istante e con un sorriso, cosa significano davvero carisma e istituzione nell’esperienza di chi appartiene a Cristo, di chi è stato chiamato ed è stato mandato a dare la bella notizia a tutti. Anche la parola “missione” ci è stata ripetutamente suggerita dal nuovo papa.
Nel frattempo cominciavano a comparire notizie su questo Papa così poco conosciuto (simpatico il commento del vaticanista della rubrica dell’Economist “Checks and Balance -The best of our coverage of American politics”: “… the election of an American pope was truly shocking. Our papal tracker had given Cardinal Robert Prevost, now Pope Leo XIV, a 2% chance of election. At the time I thought that was too high”). Tra le informazioni, il suo motto episcopale – ora motto pontificale: “In Illo uno unum”. Che emozione. Ho ripensato al tascapane che usavo da adolescente per andare a scuola, dove avevo scritto, ben leggibile, con la BIC: “Ut unum sint”, con la certezza che essere cristiani è una cosa dell’altro mondo – essere tutti uno in Lui. La nuova, realistica antropologia della comunione cristiana – ma questo l’avrei cominciato a capire solo molto tempo dopo.
Sottolineo l’orizzonte della comunione, esplicito nel motto del Papa, perché a questo livello profondo pescano i principi cardine della dottrina sociale quali la centralità della persona e il bene comune. A cent’anni dalla Rerum novarum, Giovanni Paolo II colloca esattamente a livello antropologico gli errori del socialismo (CA 13) del capitalismo consumista, devastatore dell’ambiente (CA 37); quanto alla dottrina sociale, scrive: “L'Enciclica Rerum novarum può essere letta come un importante apporto all'analisi socio-economica della fine del secolo XIX, ma il suo particolare valore le deriva dall'essere un Documento del Magistero, che ben si inserisce nella missione evangelizzatrice della Chiesa … annuncia Dio ed il mistero di salvezza in Cristo ad ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l'uomo a se stesso. In questa luce, e solo in questa luce, si occupa del resto: dei diritti umani di ciascuno e, in particolare, del «proletariato» …” (Centesimus annus 54).
Nella parte pubblica del suo discorso al collegio del Cardinali, il nuovo Papa ha spiegato solo in parte la scelta del nome pontificale: “Diverse sono le ragioni, però principalmente perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro.”
Ho intuito con entusiasmo il grande compito, anche “missionario”, che attende il Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa della nostra Università, seguendo papa Leone XIV.
Dignità umana, giustizia, lavoro: anche noi, ricercatori e docenti delle più varie discipline, possiamo sperimentare e comunicare la bellezza e la pertinenza, per il nostro lavoro quotidiano di ricerca e di insegnamento, del magistero sociale della Chiesa. Non per ripeterlo, ma per “camminarci dentro” e partecipare a quella tradizione di “operosità feconda di milioni e milioni di uomini, che, stimolati dal Magistero sociale, si sono sforzati di ispirarsi ad esso in ordine al proprio impegno nel mondo … come un grande movimento per la difesa della persona umana e la tutela della sua dignità, il che nelle alterne vicende della storia ha contribuito a costruire una società più giusta o, almeno, a porre argini e limiti all'ingiustizia” (Centesimus annus 3).