Conosciamo gli adolescenti? Prova a rispondere un’indagine dell’Università Cattolica che ha messo nel mirino le risorse e le prospettive dei preadolescenti e degli adolescenti a Piacenza, intervistando 734 studenti dai 12 ai 19 anni delle scuole Dante-Carducci, del Respighi, del Colombini e del Romagnosi di Piacenza, del Gandhi di San Nicolò, del Volta di Castelsangiovanni e del Mattei di Fiorenzuola.
Un progetto promosso da “Care” - Centro studi Contesti, Affetti e Relazioni educative della Facoltà di Scienze della formazione della Cattolica, con il co-finanziamento della Fondazione di Piacenza e Vigevano, dal quale emerge un’immagine dei giovani confortante, al netto delle criticità tipiche dell’età e della nostra società.
“Teensview”, questo il nome dell’indagine, ha mostrato una generazione di ragazze e ragazzi soddisfatti di sé e della vita, che si ritengono anche capaci di realizzare le loro potenzialità e di inserirsi all’interno del contesto sociale. Un’immagine positiva, dunque, che fa emergere un mondo adolescenziale almeno in parte differente da come spesso è dipinto dagli adulti, benché qualche criticità resti. Ad esempio, dice la ricerca, fra le ragazze si riscontrano più disagi e di conseguenza il loro livello di benessere è inferiore rispetto quello dei loro pari età maschi.
«A volte le rappresentazioni che facciamo noi adulti sono errate e differenti rispetto a quanto gli adolescenti sperimentano - dice Daniele Bruzzone, direttore del centro studi Care - dei ragazzi di questa età si parla molto e, complice anche la pandemia di Covid, sono aumentati gli indici del loro disagio. Questa narrazione patologica e critica del loro vissuto è però solo parziale e rischia di indurre a un’autorappresentazione problematica da parte dei ragazzi. Abbiamo così voluto sondare gli aspetti del loro benessere».
Il messaggio che giunge da Bruzzone è che «se occorre investire dal punto di vista educativo è fondamentale conoscere su cosa investire, cosa che in primo luogo spetta ai ragazzi dire».
Comprendere i sentimenti degli adolescenti, le percezioni relativamente al loro benessere psicosociale e le risorse individuali e relazionali, questo l’obiettivo del progetto, che ha approcciato il tema in maniera inusuale. Così spiega Sonia Ranieri, docente di Psicologia sociale della Cattolica, che insieme alle colleghe Alessia Confalonieri, Laura Ferrari e Antonella Arioli ha illustrato i risultati: «Abbiamo proposto un cambio di prospettiva partendo dalla consapevolezza che l’adolescenza rappresenti una fase complessa, irta di ostacoli e con molte sfide. I fatti di cronaca ci restituiscono l’immagine di un’adolescenza caratterizzata dal disagio, da malessere e disorientamento verso il proprio futuro, nonché dalla paura di non farcela. Noi abbiamo cambiato visuale andando a ricercare non il disagio, ma i sintomi del benessere, facendo riferimento alla psicologia positiva, analizzando da un lato come stanno gli adolescenti e dall’altro cercando di cogliere le risorse che possiedono».
Dall’indagine emerge che solo un gruppo minoritario ha manifestato una maggiore difficoltà, mentre fra le risorse disponibili i ragazzi indicano in primo luogo la famiglia, quindi il gruppo di amici e la scuola. Antonella Arioli si è soffermata sul fatto che «l’ansia è la sensazione più provata a scuola, seguita dalla noia».
All’incontro ha presenziato anche il sociologo Stefano Laffi. Ai ragazzi seduti davanti a lui ha illustrato gli errori compiuti dagli adulti nell’approcciarsi a loro: «Innanzitutto non vi vediamo per come siete, ma per quello che fate o non fate e che dovreste essere ai nostri occhi. Il nostro è infatti uno sguardo prospettico. Inoltre vi poniamo sempre domande illegittime, ovvero domande di cui sappiamo già la risposta. Come stai? Questa è invece una domanda legittima. E ancora relativizziamo tutto: di fronte a una cosa grave l’adulto dice che c’è altro, che poi tutto passa, ma spesso non capisce che per voi quella cosa che sentite è molto pesante. Quarta aspetto: non vi diciamo mai le risorse che possedete».