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Adolescenti, il futuro è cambiamento e responsabilità

27 ottobre 2025

Adolescenti, il futuro è cambiamento e responsabilità

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Pensano al proprio futuro, esprimono una costante preoccupazione ma anche un approccio progettuale e consapevole. In loro convivono insicurezza e ansia, curiosità e motivazione. È il ritratto degli adolescenti italiani che, interrogandosi sul domani, raccontano paure e desideri, indicano i valori che ritengono essenziali per la propria realizzazione personale e per quella della collettività.

Un’istantanea scattata da una ricerca condotta dal Cremit dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia) e promossa da Avvenire e ScuolAttiva onlus, che è stata presentata venerdì 24 ottobre a Milano in un convegno dal titolo “Siamo futuro: gli e le adolescenti si raccontano”.

Introducendo i lavori, il direttore di Avvenire Marco Girardo ha dichiarato, di «voler innalzare la qualità dell’informazione per innalzare quella del dibattito pubblico e di voler sfuggire all’omologazione del pensiero. Per questo è così importante la collaborazione con l’università e ScuolAttiva». Un partenariato che ha un valore aggiunto se si considera, come ha ricordato la presidente di ScuolAttiva Simona Frassone, che «abbiamo voluto sentire la voce dei ragazzi e abbiamo provato stupore per quello che ci hanno raccontato».

Davanti alla platea di studenti dell’Istituto tecnico Enrico Mattei di San Donato Milanese lo psicologo e presidente della Fondazione “Minotauro” Matteo Lancini ha dialogato con la giornalista di Avvenire Viviana Daloiso. E ha preso le parti dei ragazzi, riconoscendo la loro profondità a fronte di una conclamata fragilità degli adulti. Quegli adulti che si preoccupano più del proprio svago che del tempo da dedicare loro. Quegli adulti che non facendo i conti con le proprie emozioni disturbanti, non sono disponibili ad ascoltare quelle dei figli. E così i ragazzi sono tacciati di superficialità, ma la realtà è che non hanno spazio per esprimersi. «La domanda che dovremmo farci è: la scuola e i genitori sono pronti a rispondere a delle domande profonde? Rabbia, dolore, tristezza, frustrazione, suicidio, i ragazzi sono pronti a parlare di tutto questo, e noi?». Lancini è severo con gli adulti, convinto che «la nostra fragilità diventa bullismo e potere, dobbiamo trasformarla in educazione». Se i ragazzi amano i trapper, «forse è perché cantano di emozioni che noi non sappiamo trattare». 

In questo momento stiamo affrontando un vero e proprio cambiamento culturale e secondo lo psicologo è ora di chiedere scusa ai ragazzi: «Abbiamo chiuso i cortili e costruito una società onlife e invece di essere noi a spegnere il cellulare chiediamo ai ragazzi di farlo, pur sapendo che questo è l’ambiente dove crescono. Diciamo che a loro fa male ma noi li usiamo per fare la guerra, per fare appelli, per raccontare la nostra vita». 

Un quadro non incoraggiante, quello descritto da Lancini che però apre uno spiraglio quando dichiara che c’è una possibilità di salvezza, la relazione. Gli adolescenti oggi cercano fortemente la relazione, chiedono di essere ascoltati, di esprimere il loro disagio, di sapere se ciò che gli adulti fanno lo fanno per sé stessi o per loro. Per troppo tempo «abbiamo negato i bisogni dei ragazzi raccontandoci che li abbiamo fin troppo amati e protetti, e in tutta risposta loro attaccano sé stessi». Dello stesso parere è il preside di Scienze della formazione Domenico Simeone, intervenuto solo per un saluto, che ha messo l’accento sull’importanza di una conversione degli adulti perché diano la parola agli adolescenti invece di metterli davanti a uno schermo che allontana dalla relazione. 

In fondo, riconoscere l’altro con le sue emozioni significa adempiere al proprio essere adulti ed educatori.
 

 

La ricerca

L’indagine presentata al convegno è stata realizzata dalle docenti Alessandra Carenzio, Linda Lombi e Annalisa Valle su un campione di 752 giovani tra i 16 e i 18 anni italiani.

I dati raccontano una generazione che si muove tra il desiderio di autonomia e il bisogno di stabilità, tra curiosità e inquietudine, tra fiducia nel progresso e preoccupazione per l’incertezza del presente. I giovani coinvolti descrivono un futuro che appare al tempo stesso come una promessa e una sfida, un mix di opportunità e incertezze.

Quasi tre su quattro dichiarano di pensare spesso o continuamente al proprio futuro, con livelli di riflessione variabili tra preoccupazione costante e pianificazione mirata. Le emozioni più sentite sono infatti preoccupazione, insicurezza e ansia, che però convivono con curiosità e motivazione. Quando si chiede di associare una parola al futuro, emergono termini come “cambiamento” (15%), “responsabilità” (12%), “ambizione” (11%), “indipendenza economica” (11%) e “speranza” (9%): un vocabolario che unisce senso del dovere, consapevolezza rispetto alle sfide che verranno, desiderio di affermazione personale e autonomia finanziaria.

Sul piano delle prospettive, la formazione resta al centro: il 76,7% dei giovani prevede di laurearsi, riconoscendo nell’istruzione la via principale per l’autorealizzazione. Quasi un quinto del campione invece - pari al 18,7% - immagina di entrare subito nel mondo del lavoro, considerandolo un’alternativa alla formazione accademica. 

Anche le aspettative professionali rivelano una tensione tra sicurezza e indipendenza: il 70% sogna un impiego stabile a tempo indeterminato, ma cresce la quota di chi guarda con interesse al lavoro autonomo (20%) e a forme di lavoro ibrido e flessibile (35%). Nonostante il contesto complesso, il 60% degli intervistati si immagina soddisfatto della propria situazione economica, mentre il 36% ritiene di dover continuare a impegnarsi per migliorare la propria condizione.

La tecnologia viene considerata una risorsa: per il 43% dei ragazzi è uno strumento di supporto, utile a migliorare la vita quotidiana e professionale ma non sostitutivo delle decisioni umane. I giovani percepiscono la tecnologia come uno strumento da gestire con responsabilità e misura. La maggioranza parla, infatti, di integrazione e bilanciamento tra vita online e reale: una visione che riflette un approccio critico e consapevole al digitale da parte delle nuove generazioni.

Anche l’attenzione per l’ambiente rivela lucidità: la crisi climatica è percepita come una realtà irreversibile, ma non senza speranza di miglioramento, purché vi sia impegno collettivo e responsabilità personale.

Accanto a queste dimensioni emerge una forte centralità delle relazioni. La famiglia continua ad essere un punto di riferimento simbolico e valoriale: molti intervistati si immaginano genitori attorno ai quarant’anni, in un modello di vita che coniuga tradizione e libertà. L’amicizia è percepita come presenza costante, rete affettiva e spazio di autenticità. 

Significativo anche il ruolo del volontariato: il 42% dei ragazzi intervistati dichiara di svolgere questo tipo di attività, con una partecipazione più alta tra le ragazze (48%) rispetto ai ragazzi (32%), e senza differenze legate all’età. Le esperienze più diffuse riguardano il servizio educativo e parrocchiale, dagli oratori ai doposcuola, fino alle associazioni sportive. Il volontariato non nasce da un bisogno di sicurezza ma da una scelta libera e generativa: la ricerca non mostra infatti nessuna correlazione tra l’impegno solidale e l’incertezza verso il futuro. Al contrario, chi si dedica agli altri tende a pensare al domani con maggiore serenità e fiducia, trasformando la preoccupazione in responsabilità. 

Nel complesso, l’indagine restituisce l’immagine di una generazione che non rinuncia a credere nel futuro, ma lo affronta con senso di responsabilità e realismo. Giovani che vogliono costruire il proprio domani, cercando equilibrio tra tradizione e innovazione, tra stabilità e flessibilità, tra lavoro e benessere personale. È un ritratto di ottimismo consapevole, in cui la paura dell’incertezza convive con la fiducia nella possibilità di incidere sul mondo. 
 

 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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