Un momento di confronto aperto tra Pubblica Amministrazione, Terzo Settore e mondo accademico sui temi della collaborazione, della sussidiarietà e delle nuove forme di governance. È stato questo - e molto di più - la giornata di apertura del corso executive “Governance e Strategie per l’Amministrazione Condivisa” che lo scorso 12 dicembre ha riunito attorno allo stesso tavolo i suoi promotori, vale a dire l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (Aseri) e la Fondazione per la Sussidiarietà, con i partner, ossia Fondazione Terzjus, ANCI Lombardia, Percorsi di Secondo Welfare, BPER Banca.
Dopo i saluti di Damiano Palano, Direttore di Aseri, e di Mario Gatti, Direttore della Sede di Milano e dell’Area Postgraduate Education & Research partnership dell’Università Cattolica, Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà ha illustrato le ragioni dell’iniziativa, articolandole in quattro punti: il valore culturale; il significato di ‘amministrazione condivisa’ per Pubblica Amministrazione e Terzo Settore; i vantaggi che ne derivano; la dimensione internazionale e il legame con l’Europa.
Da un punto di vista culturale, per Vittadini due sentenze della Corte Costituzionale hanno segnato una svolta. «La prima è quella 13/2020 secondo cui le relazioni di solidarietà all’origine di forme libere e autonome di mutualità hanno inciso profondamente sullo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese, anticipando sistemi pubblici di welfare». Una seconda sentenza, quella sull’autonomia differenziata, «inquadra il tema in termini di bene comune, valorizzando un’autonomia orizzontale orientata all’interesse del cittadino». Il terzo aspetto di cambiamento riguarda la collaborazione tra cittadini, Stato e privato. A livello internazionale, «l’Europa finalmente inizia a comprendere il valore della mutualità e del principio di sussidiarietà per l’interesse generale. L’Italia su questi temi è innovativa e può dare il suo contributo». Ecco perché, ha concluso, «questo percorso vuole essere un punto di frontiera, in cui possa emergere un inizio di pensiero per una riforma dello Stato sociale che riguarda non solo l’Italia, ma tutti i Paesi del mondo».
«Ripercorrendo la storia di questo corso possiamo cogliere la grande trasformazione oggi in atto: il modo in cui si produce l’innovazione. Non c’è, infatti, innovazione più grande e più necessaria di quella che riguarda il bene comune e le modalità per realizzarlo. L’amministrazione condivisa è questo», ha spiegato Barbara Boschetti, Direttrice scientifica e Coordinatrice del Tavolo Cattolicaper la Pubblica Amministrazione. «Una prassi coraggiosa, quella dell’amministrazione condivisa, iniziata in un contesto normativo impreparato, non consapevole, irto di incertezze, anche dopo il Codice del Terzo Settore», ha proseguito Boschetti, richiamando le ricerche realizzate con Fondazione Terzjus, Per un laboratorio dell’amministrazione condivisa (2024) e L’amministrazione condivisa come laboratorio di innovazione (2025). Ma, ha precisato, la prassi non basta. Occorre «guardare all’esperienza per coglierne le caratteristiche, le forme, i processi e le dinamiche, per capire cosa deve cambiare perché la novità dell’amministrazione condivisa si irradi, a 360 gradi, nelle politiche pubbliche». L’amministrazione condivisa deve diventare «una bussola per dare indicazioni all’intero ecosistema». Di qui la necessità di studiarla. «Possiamo costruire una conoscenza condivisa, che nasce in modo comunitario e che a sua volta va condivisa. Da questo scambio vivificante si genera un network di partnership capace di dare vita a una nuova prassi operativa, rinovata proprio grazie ai valori che ha generato». Pertanto, «il corso è un modo per innescare nuove esperienze di amministrazione condivisa, più consapevoli e innovative proprio perché in grado di fare propria questa conoscenza acquisita, divenendo lavoro intellettuale in senso weberiano».
Da parte sua, Lorenza Violini, Fondazione per la Sussidiarietà, Codirettrice del programma, si è soffermata sull’importanza che hanno avuto nel progettare e realizzare questo corso le Scuole di Sussidiarietà realizzate sia lo scorso anno in diverse regioni italiane sia in passato. Nate con l’idea di diffondere la cultura della sussidiarietà dopo le battaglie fatte perché il principio entrasse in Costituzione, le Scuole sono state a un tempo un laboratorio per mettere a fuoco le diverse implicazioni della sussidiarietà stessa e un modo per raccogliere esperienze sul campo. «Partecipare alla vita della società civile nell’ambito dei propri contesti professionali e provare a costruire percorsi culturali coerenti con questa domanda è un metodo di lavoro che produce innovazione. C’è oggi una mancanza di conoscenza degli strumenti e ancora una visione ottocentesca per cui l’interesse generale viene gestito dall’amministrazione e imposto alla società civile, visione che l’amministrazione condivisa supera. È proprio questa mancanza di conoscenza che il percorso che oggi si avvia si propone di colmare».
La giornata si è poi arricchita di numerosi altri interventi. Stefano Arduini, Direttore della testata Vita, ha messo in evidenza come una comunicazione ampia e accessibile sia essenziale per raccontare l’amministrazione condivisa in maniera appropriata e senza etichette. Luigi Bobba, Presidente di Fondazione Terzjus, ha elogiato il valore del percorso - il primo in ambito universitario dedicato a queste tematiche – ricordando che, dopo un impianto normativo ormai solido, la vera sfida sia “fare” amministrazione condivisa attraverso un cambiamento culturale e il coinvolgimento di una governance plurale orientata al bene comune. Pierciro Galeone, Presidente dell’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale ha ribadito l’impatto positivo della sussidiarietà orizzonatale sul concetto di democrazia. Franca Maino, Direttrice scientifica di Percorsi di Secondo Welfare, ha richiamato il valore dell’alleanza tra attori pubblici e privati nel trasformare il sistema di protezione sociale, sempre più messo alla prova da policrisi, disuguaglianze e fragilità. Anna Meraviglia, Coordinatrice del Dipartimento Welfare di ANCI Lombardia, ha insistito sull’urgenza del “fare” nei territori e sulla necessità di luoghi di relazione che permettano di costruire «buoni procedimenti amministrativi». Sulla stessa linea anche Daniele Pedrazzi, Responsabile BPER Bene comune. «Crediamo nelle logiche di network, collaborazione, facilitazione». Inoltre, «per generare innovazione dobbiamo investire in conoscenza e orientare le risorse a monte, lavorando su metodi e competenze insieme ai territori».