Qual è il senso e il valore dell’associazionismo cattolico oggi? Quali le buone prassi per rendere rilevante il laicato cattolico? Come renderlo attrattivo anche dal punto di vista mediatico per riproporre la testimonianza cristiana che trova declinazioni pratiche nella Dottrina sociale della Chiesa?
Sono questi alcuni degli interrogativi posti in occasione del convegno “Il Cattolicesimo associato nella Dottrina sociale della Chiesa da Leone XIII a Leone XIV” che il Movimento Cristiano Lavoratori, insieme con le Edizioni Traguardi Sociali, ha organizzato il 9 luglio in Università Cattolica per rendersi più vicino ai giovani universitari, interessandoli ai propri temi anche tramite l’erogazione di borse di studio.
A proporre delle risposte articolate e puntuali è stato l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, nella sua prolusione al convegno.
Senza falsi trionfalismi l’arcivescovo ha preso atto che la riflessione critica e propositiva della Chiesa sulla dimensione sociale è quasi sistematicamente ignorata. Eventi come la Settimana sociale dei cattolici con la presenza del Papa e del Presidente della Repubblica non attirano l’attenzione dei media. L’incidenza pervasiva dell’individualismo e l’enfasi sull’io sembrano relegare la Dottrina sociale fuori dal tempo e dalla sensibilità contemporanea. Vi è il sospetto dell’irrilevanza circa i contenuti proposti che non interessano nessuno e non incidono in nulla. Gli stessi appelli alla pace sono cesurati come ingenuità e come convinzione alla resa.
«Ciò dimostra – ha proseguito monsignor Delpini - che l’associazionismo cattolico è affaticato, non è attrattivo e non convince. I giovani latitano, le presenze diminuiscono, i soci diventano sempre più anziani». E questo perché? «L’ispirazione che trae spunto dal Vangelo è una proclamazione retorica dato che nella operosità quotidiana i criteri di comportamento sono quelli di tutti gli altri. Siamo insignificanti perché ci adeguiamo, siamo irriconoscibili». E ancora: «Si fa memoria come commemorazione, si celebra un passato glorioso di bene fatto e di iniziative intraprese, ma questa memoria è come una stucchevole e sterile auto-celebrazione simile alla visita ad un museo. Inoltre la divisione interna dei gruppi, legati più all’affermazione di sé che alla condivisione di una meta da raggiungere, il parlar male gli uni degli altri e la fatica ad andare d’accordo contribuiscono a mortificare molte iniziative».
In forma costruttiva l’arcivescovo ha affermato che «l’associazionismo è la risposta a una vocazione, non è motivata dalla sindrome dell’assedio per cui ci uniamo tra noi perché il mondo è cattivo e ci dobbiamo difendere, ma siamo chiamati ad essere una presenza significativa in quanto cristiani, non portatori di una ideologia o di un interesse autoreferenziale. Associarsi è funzionale ad una missione».
E tale associarsi ha visto diverse stagioni. Nello schema proposto dall’arcivescovo c’è stata una fase iniziale risalente a Leone XIII in cui viene permesso ai cattolici di associarsi quando il mondo cattolico era escluso dalla politica per via della Questione Romana e di fronte ad una rivoluzione industriale aggressiva che creava condizioni di difficoltà. Una seconda stagione è quella seguita alla Seconda guerra mondiale in cui i cattolici sono stati chiamati dalle autorità ecclesiastiche a essere presenti in politica in modo associato. Una terza stagione ruota intorno al Sessantotto: le associazioni cattoliche si confrontano con prospettiva di problematiche sociale e sperimentano una fase di contestazione per cui si svuotano. L’ultima stagione, l’attuale, è quella dell’appello alla fiducia e alla speranza, per cui più che sui numeri delle adesioni occorre lavorare sulla incisività della speranza.
Su queste basi si sono modulati gli interventi degli altri relatori, i quali hanno indagato il rapporto tra Dottrina sociale della Chiesa ed associazionismo.
Francesco Bonini, rettore della Lumsa, ha ribadito che la Dottrina sociale della Chiesa è pensiero ed azione. «Non è una cultura o una ideologia, simile alle varie dottrine politiche, perché si traduce in concreta operosità, impone di prendere posizione e genera associazionismo che richiama ad una certa idea di comunità. In tal senso la Dottrina sociale è una grande risorsa del cattolicesimo nel mondo».
La Dottrina sociale è anche un fattore di crescita e di costruzione della società. Lo ha affermato Michele Rosboch, docente di Storia del diritto italiano ed europeo presso l’Università degli Studi di Torino, individuando la necessità di non limitarsi a un impegno solo personale «ma di incidere nelle aggregazioni sociali intese quali comunità liberanti, soggetti vivi, motore fondamentale per la rinascita della società, una grande palestra di unità nel pluralismo per misurarsi in modo nuovo con problemi nuovi».
Sull’attuale età di cambiamenti estesi in modo veloce è tornato Lorenzo Ornaghi, presidente onorario dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni internazionali dell’Università Cattolica. «L’attuale epoca, caratterizzata non solo dai soprassalti della politica ma anche dalle grandi trasformazioni economiche e sociali prodotte dall’Intelligenza Artificiale, fa sì che non bisogna replicare formule logore ma valorizzare gli aspetti positivi come quello dell’associazionismo in chiave di solidarietà».
L’invito a camminare insieme, con spirito sinodale, è stato rivolto dal presidente generale Mcl Alfonso Luzzi: «Le nostre associazioni sono palestra di spiritualità e di incontro, e proprio la spiritualità ci distingue come associazione cattolica, per cui è inutile perdersi nelle differenze, ma occorre credere in Dio e nella Chiesa, e camminare insieme».
Sono stati tanti gli stimoli emersi dal convegno per la testimonianza evangelica dei laici, come ha affermato Antonio Inchingoli, presidente delle Edizioni Traguardi Sociali, moderatore del convegno, che ha visto anche il saluto di Renato Pecchia, presidente provinciale Mcl Milano.
Al termine sono state consegnate quattro borse di studio relative al bando “Identità e storia del cattolicesimo in Italia” promosse da MCL sull’associazionismo cattolico italiano, al quale hanno partecipato una cinquantina di universitari.