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Liberiamo la scuola dall’ansia delle riforme

27 agosto 2025

Liberiamo la scuola dall’ansia delle riforme

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Che cosa serve alla scuola per formare cittadini consapevoli in un tempo di trasformazioni radicali? Forse è più semplice dire ciò che non serve: l’ansia di continue riforme. Da questo rovesciamento di prospettiva è partito il ragionamento del sociologo Dario Eugenio Nicoli, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, intervenuto al convegno “Giovani oggi, cittadini domani: quali contenuti per la scuola?”. Un incontro che ha raccolto voci diverse: Pinella Crimì, vicepresidente nazionale delle Associazioni familiari, la senatrice Simona Malpezzi (Pd), Francesco Manfredi, presidente di INDIRE, e Roberto Nicolucci dell’Università telematica Unimarconi.

«Negli ultimi vent’anni, su cinque iniziative prese, tre sono state inutili. La svolta tecnicista, che ha riguardato anche la scuola, ha ingabbiato gli insegnanti in tabelle, schede e griglie che hanno complicato, invece che agevolato, la relazione con gli studenti, elemento centrale in ogni progetto educativo. La scuola va prima di tutto liberata dalla burocrazia perché possa sprigionare la propria energia», ha spiegato Nicoli.

Se da un lato oggi i docenti, pur appesantiti dagli obblighi burocratici, nella maggior parte dei casi si sforzano di stare al passo con il cambiamento, dall’altro sono sempre più esposti al giudizio – non sempre benevolo – dei genitori. La cronaca racconta come proprio il rapporto tra scuola e famiglia sia uno dei nodi più delicati. Su questo punto ha richiamato l’attenzione Pinella Crimì, invitando però a non lasciarsi condizionare dalle cattive notizie: «L’immagine di due fronti contrapposti è sbagliata: nella maggior parte dei casi esistono invece esempi virtuosi di collaborazione. Ma se vogliamo davvero corresponsabilità educativa, occorre ripensare il modo in cui si valuta e si accompagna la crescita degli studenti».

Dal fronte politico, la senatrice Simona Malpezzi ha ricordato la legge sulle competenze non cognitive, definendola un passo avanti per permettere agli studenti di essere riconosciuti nella loro interezza, anche sul piano emotivo. Un riconoscimento che, tuttavia, deve ancora tradursi in decreti attuativi. Malpezzi ha toccato un nodo cruciale: la dispersione scolastica, che resta drammaticamente alta tra i 15 e i 16 anni. «Restituire dignità ai percorsi professionali e dare continuità didattica significa rendere la scuola davvero di tutti», ha osservato.

Sul piano istituzionale, Francesco Manfredi, presidente di INDIRE, ha allargato lo sguardo alle sfide epocali: culturale, digitale, sociale e soprattutto demografica, che condiziona tutte le altre. In questo scenario, la scuola deve essere in grado di personalizzare la didattica, valorizzare i talenti, integrare la formazione civica in ogni disciplina e costruire alleanze con le comunità attraverso esperienze di service learning e progetti di “scuola estesa”.

Infine, lo sguardo sull’università, portato da Roberto Nicolucci (Unimarconi), ha introdotto un altro fronte di cambiamento: l’impatto delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale.

Insomma, la scuola italiana si trova in bilico tra modelli consolidati e spinte innovative, tra la richiesta di competenze spendibili in un modo del lavoro in rapida trasformazione e bisogno di una formazione umana integrale.  Nicoli ha richiamato infine un obiettivo essenziale: «Bisogna mettere nel cuore dei nostri ragazzi il gusto per la ricerca della verità»

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Redazione

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