Nel cuore del campus piacentino dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, tra filari ordinati di vite e strumenti scientifici di ultima generazione, prende forma un progetto che unisce due mondi apparentemente distanti: la produzione di vino e quella di energia.
È qui che studenti e ricercatori coltivano quattro varietà di vite — Barbera, Ortrugo, Malvasia di Candia aromatica e Cabernet Sauvignon — non solo per vendemmiare, ma anche per studiare e progettare la viticoltura del futuro.
Su quattro filari lunghi circa 60 metri, dall’estate scorsa sono stati installati pannelli fotovoltaici sospesi a tre metri di altezza. Un’idea semplice ma visionaria: utilizzare lo stesso ettaro di terra per una doppia funzione, agricola ed energetica. È il concetto di uso duale del suolo, al centro del progetto di ricerca Ener-vitis, co-finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e portato avanti in sinergia con l’Università di Bologna.
«A livello nazionale esistono alcune prove di agrivoltaico in vigneto, ma restano ancora casi isolati» spiega il professor Stefano Poni, docente di Viticoltura alla Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali. «Ciò che rende unico il nostro approccio è la modalità con cui studiamo la fisiologia della vite: ogni pianta è racchiusa in speciali sacchetti di polietilene che avvolgono interamente la chioma. In questo modo, grazie a un sistema di monitoraggio continuo, possiamo misurare 24 ore su 24 i flussi gassosi legati a fotosintesi e traspirazione».