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Diritto penale, prima lezione con il rapper Kento
Martedì 7 ottobre, l’artista avrà il compito di fare da padrino d’eccezione del corso per l’anno accademico 2025-2026, tenuto dal professor Matteo Caputo
| Anna Acconcia
09 ottobre 2025
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Quest’anno il corso di Diritto penale I, tenuto dal professor Matteo Caputo, ha preso avvio il 7 ottobre, con la partecipazione di un ospite all’apparenza insolito. Per inaugurare il Corso, il professor Caputo ha dialogato con il rapper e scrittore Kento (pseudonimo di Francesco Carlo), impegnato da quindici anni in laboratori di scrittura rap negli Istituti Penali per i Minorenni (IPM) disseminati lungo il territorio nazionale.
La lezione ha rinunciato ad alcuni canoni convenzionali, propri dei discorsi introduttivi degli insegnamenti universitari, per avvicinare gli studenti a un codice espressivo diverso, che si serve di barre e strofe, capaci di far vibrare esperienze collettive, vissuti personali, racconti, paure, sfide, rinascite di ragazzi e ragazze rinchiusi dietro le mura del carcere. Kento ha accostato il tema della detenzione minorile partendo dalle storie «degli ultimi degli ultimi», i 600 minori e giovani adulti che, per varie ragioni, non hanno potuto godere delle misure alternative alla detenzione.
Un articolo di
Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale
Storie che parlano di sofferenza, disagio, marginalità, mancanza di risorse familiari e sociali, ma che possono trovare, anche attraverso il rap, la poesia e la scrittura, «una chiave inglese» in grado di disinnescare il «cerchio della violenza» e rompere «profezie autoavveranti». Lungi dall’assumere un atteggiamento di buonistica giustificazione del reato commesso, Kento ha ricordato che anche «il peggiore dei criminali è un essere umano come noi» e che, proprio per questo, il carcere dovrebbe essere una «comunità educante» e «una scuola di libertà» nel tempo amaro della detenzione.
Molte delle intense esperienze umane narrate durante la lezione nascono dal desiderio di offrire una voce a quel «silenzio così difficile da raccontare» proprio di chi vive in un IPM e sono raccolte nel libro Barre. Rap, sogni e segreti in un carcere minorile, edito da minimum fax e pubblicato nel 2021. Il rapper ha ricordato che «i ragazzi reclusi negli IPM non sono solo finiti, ma non sono mai neppure cominciati», che non ci sono «gabbie più strette di quelle mentali» e che abbiamo l’obbligo morale di prestar loro attenzione e ascolto.
Il rap diventa allora un tempo e uno spazio in grado di spronare i ragazzi che partecipano ai suoi laboratori a superare la «sindrome dell’invincibile» e a valicare il mito del successo facile, mettendo a valore fallimenti e insuccessi per dischiudere nuovi orizzonti di senso, già dentro le mura del carcere. La sfida lanciata agli studenti sta nel provare a «cambiare ciò che non si riesce ad accettare», costruendo un domani migliore per quelle che sono considerate solo «vite di scarto».