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«Se diventate cinici, cancellate il mio nome dalla rubrica»

04 aprile 2025

«Se diventate cinici, cancellate il mio nome dalla rubrica»

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Non credo gliel’avessimo mai detto, ma era il docente più temuto di quegli anni. Perché a lezione ti sorprendeva se avevi gli occhi persi nel vuoto immaginando qualcosa di distante. Invece, lui ti aiutava a tenere i piedi bene in terra, gli occhi a barra dritta in avanti e ti esortava a pensare molto concretamente al lavoro. Walter Passerini, del resto, aveva ideato quel dorso del Corriere Corriere Lavoro – che funzionava benissimo negli anni Novanta e Duemila (quando il lavoro ancora c’era) e che sfogliavamo avidi, prima ancora di entrare alla Scuola di giornalismo, in attesa del match perfetto tra i noi giornalisti lavoratori del prosismo futuro e le aziende, ancora abbastanza fiorenti. La prima sua richiesta – il primo giorno di lezione, mentre passava tra i banchi a passo lento, strizzando gli occhi su ciascuno con il suo fare forbito, trapassandoci al setaccio – era: “Scrivete una lettera motivazionale”. Lì cadevano gli asini o, meglio, coloro che cercavano di mostrarsi per quel che non erano, o che provavano a fare i fenomeni o che, al contrario, utilizzavano la captatio benevolentiae troppo e male. E lui lì con il randello (ma sempre randellando gentile), a spiegare perché quel datore di lavoro non ti avrebbe preso mai e poi mai, se avessi scritto quelle corbellerie improbabili, o se ti fossi proposto con quel tono sbagliato. Dopo le prime due lezioni in modalità caterpillar, Walter ci andava giù meno pesante, ma con una fissazione precisa: spiegarci il funzionamento della catena produttiva dei media e ricordandoci – allora, in quegli anni – che il futuro sarebbe stato sempre più intermediale e crossmediale. Non poteva non vederci giusto uno che del suo corso - che si intitolava Storia del giornalismo - ne valorizzava perfettamente la contemporaneità e i ponti già gettati sul futuro, ma senza dimenticare le basi etiche e fondative del “mestiere”, come lo definiva.

Un articolo di

Laura Silvia Battaglia

Laura Silvia Battaglia

Coordinatrice e direttrice delle testate della Scuola di Giornalismo - Università Cattolica

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Dell’anno di corso 2005-2007, gli ex studenti Daniele Montanari ed Eugenio Buzzetti ricordano soprattutto «il suo sorriso comprensivo e complice» e il suo essere tetragono «nell’averci fatto amare il giornalismo: quello vero, fatto di contatto con le persone, le vite, le storie, i luoghi, in un intreccio profondo». Per questo, dopo la crossmedialità, l’altro chiodo fisso del professore Passerini era il Maestro dei Maestri: Ryszard Kapuscinski, il grande reporter polacco ma anche scrittore e poeta. Soprattutto l’uomo. “Il cinico non è adatto a questo mestiere”: il titolo del famoso libro di Ryszard che bisognava portare obbligatoriamente all’esame ogni tanto generava qualche prurito nelle classi. Dopo il primo anno di innocenza, qualcuno diventato scaltro sempre chiedeva a Walter Passerini: ma davvero? Non paga di più fregarsene, essere cinici, fare come ho visto fare a qualcuno nelle redazioni?

Walter su questo non transigeva: fate quel che volete ma sappiate che Ryszard aveva ragione. "Se diventate cinici, cancellate il mio nome dalla rubrica", sparava severo, guardandoti dritto negli occhi. Non so quanti abbiano cancellato il nome di Walter Passerini dalla rubrica, né quanti avesse cancellato lui, ma so per certo che per chi si relazionava ancora con lui e gli corrispondeva, c’era sempre un pensiero, una richiesta da parte sua: sapere a che punto eravamo del nostro cammino e, soprattutto, come lo stavamo facendo. Un po’ come Erodoto, che odiava i logografi e considerava l’essere testimone della storia il massimo privilegio, adesso anche Walter è di nuovo in cammino. Il più lungo, quello che nessuno ha potuto mai raccontare tornando da lì. E ha iniziato a farlo senza scarpe, lì dove né i piedi né il cuore fanno male. Lì dove di scarpe non ce n’è più bisogno.

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