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Yelwata in fiamme: la strage dimenticata dei cristiani in Nigeria

15 luglio 2025

Yelwata in fiamme: la strage dimenticata dei cristiani in Nigeria

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Nel giugno 2025, il villaggio di Yelwata, nella contea di Guma (Stato di Benue), è stato colpito da un attacco armato che ha causato la morte di oltre duecento civili. Le vittime, per la maggior parte sfollati interni di fede cristiana, sono state uccise durante un’irruzione notturna condotta da gruppi armati che hanno assediato e devastato l’intera comunità. Le ricostruzioni parlano di un’operazione pianificata: l’area è stata circondata, le abitazioni incendiate con le persone ancora all’interno, e i cadaveri ritrovati in molti casi completamente carbonizzati. 

Gli autori dell’attacco sarebbero miliziani riconducibili a fazioni estremiste di pastori Fulani, in alcuni casi con legami operativi e ideologici con organizzazioni jihadiste attive nel Sahel, come Boko Haram e l’Islamic State West Africa Province (ISWAP). L’armamento impiegato, fucili d’assalto, armi automatiche e ordigni incendiari, suggerisce approvvigionamenti ottenuti tramite traffici illeciti, in particolare da arsenali libici e maliani, e attraverso le rotte che attraversano Niger, Ciad e Camerun. Le risorse economiche di questi gruppi derivano da attività criminali (rapimenti, estorsioni, contrabbando di bestiame), finanziamenti provenienti da reti jihadiste transnazionali, e in alcuni casi dal sostegno occulto di élite locali che strumentalizzano la violenza per obiettivi politici o economici. La Nigeria, con la sua posizione geopolitica e le sue ingenti risorse naturali, rappresenta un nodo strategico per interessi molteplici. 

La fragilità dello stato e la permeabilità dei suoi confini fanno sì che attori regionali e globali, inclusi gruppi terroristici, reti mafiose, politici corrotti, signori della guerra e persino alcune multinazionali, trovino convenienza nella destabilizzazione sistemica. In tale contesto, parlare di “scontro tra pastori e agricoltori” come chiave interpretativa prevalente è oggi non solo riduttivo, ma fuorviante. La violenza che colpisce da anni la cosiddetta “Middle Belt” assume ormai i tratti inequivocabili di una campagna di epurazione etno-religiosa, volta a cancellare la presenza cristiana nelle zone rurali centrali del paese. Le tensioni tra pastori Fulani, ampio gruppo a maggioranza musulmana tradizionalmente nomade, e comunità agricole stanziali, per lo più cristiane, si sono intensificate dal 2009, favorite da fattori ambientali (desertificazione), competizione per la terra, e una cronica impunità. Tuttavia, la crescente frequenza e brutalità degli attacchi evidenziano una trasformazione qualitativa del conflitto: da disputa per risorse a violenza ideologica sistematizzata. 

Organizzazioni internazionali per i diritti umani stimano tra 13.000 e 19.000 le vittime civili negli ultimi quindici anni, spesso in contesti di aggressioni su larga scala e con caratteristiche riconducibili a crimini contro l’umanità. Nel caso specifico di Yelwata, le forze di sicurezza non sono intervenute tempestivamente e le dichiarazioni successive delle autorità si sono limitate a formule generiche, prive di riscontri operativi. La popolazione cristiana delle aree rurali, da tempo abbandonata alla propria sorte, vive in una condizione di vulnerabilità estrema, priva di tutele istituzionali effettive. Le promesse governative di rafforzare la sicurezza rimangono sistematicamente disattese. Intanto, i villaggi vengono abbandonati, i luoghi di culto rasi al suolo, e i sopravvissuti costretti a un esodo permanente. Yelwata non rappresenta dunque un caso isolato, ma un simbolo. 

È l’epitome di una crisi umanitaria, religiosa e politica che minaccia la sopravvivenza di intere comunità. Continuare a minimizzare, a categorizzare questi eventi come tensioni rurali o dispute interetniche, significa rendersi complici di una narrazione che oscura le reali motivazioni e le responsabilità in gioco. In assenza di un riconoscimento onesto e tempestivo della natura ideologica di questa violenza, si rischia di assistere, nell’indifferenza internazionale, all’estinzione progressiva di una componente fondamentale della società nigeriana. Yelwata è oggi simbolo di lutto, ma anche monito e testimonianza. 

 


 

Foto di Emmanuel Ikwuegbu su Unsplash

Un articolo di

Beatrice Nicolini

Beatrice Nicolini

Docente di Storia e Istituzioni dell’Africa

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