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Accoglienza, cos’è cambiato dopo la legge 132/2018

23 ottobre 2021

Accoglienza, cos’è cambiato dopo la legge 132/2018

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1.131 permessi rilasciati per asilo in provincia di Brescia nel 2019 (pari al 2% sul totale di riconoscimenti rilasciati dalla Commissione del 41,3%) a fronte dei 1.203 del 2017 e 890 del 2018.

Di questi: nel 2019 il 64,2% sono relativi allo status di rifugiato, il 33% per protezione sussidiaria e il 2,8% per protezione umanitaria; nel 2018, rispettivamente, 33,3%, 10,2% e 56,5%; nel 2017 25,8%, 12,6% e 61,6%.

Sono i dati emersi dalla ricerca sociologica di carattere qualitativo e quantitativo condotta dal Cirmib – Centro di Iniziative e Ricerche sulle Migrazioni - Brescia che, attraverso alcune interviste a rappresentanti e operatori di 12 enti gestori nella provincia di Brescia e a 13 richiedenti o titolari di protezione, beneficiari ed ex-beneficiari del sistema di accoglienza bresciano, ha fotografato i cambiamenti conseguenti all’entrata in vigore della Legge 132/2018 (nota come Decreto sicurezza) nella gestione della pratiche e delle strutture di accoglienza destinate a migranti, rifugiati e richiedenti asilo.

«Un impatto non immediatamente rilevabile dal punto di vista numerico – con il numero di permessi totali rilasciati relativamente stabile – mentre a cambiare è la diversa tipologia di protezione concessa. Nel 2019 si è impennato il numero percentuale di concessioni per status di rifugiato e crolla il dato dei permessi per protezione umanitaria» ha fatto notare Maddalena Colombo, direttrice del Cirmib, durante il convegno di presentazione “Accoglienza nonostante. Le esperienze locali tra diritti e doveri, oltre l’emergenza”, in occasione del quale è stato presentato il volume: "Progettualità nonostante. Libro bianco sull’accoglienza delle persone richiedenti e titolari di protezione internazionale in provincia di Brescia", a cura di Maddalena Colombo, Quaderni Cirmib INSIDE MIGRATION, n. 5, Vita e Pensiero, Milano, 2021 (e-book in open access).

Occorre tenere in considerazione che «Nel 2020 la pandemia ha bloccato le  richieste, nel 2021 si conclusa la ricerca, inoltre tra la domanda e l’effettivo rilascio dei documenti possono anche passare diversi anni, per questo gli effetti delle legge sui numeri totali verranno verosimilmente registrati nei prossimi anni» ha precisato Francesca Pozzi, ricercatrice che si è occupata della raccolta e analisi dei dati.

Gli effetti principali dell’entrata in vigore del Decreto Salvini sono stati «la conversione degli Sprar (Sistemi di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) in Sai (Sistema Accoglienza Immigrazione) e un drastico taglio dei budget destinati all’accoglienza. Quest'ultimo fattore ha comportato il decurtamento della diaria, il taglio dei posti disponibili nei centri di accoglienza, il taglio del personale e di tutti quei servizi finalizzati al benessere e all’integrazione della persone durante i mesi e gli anni di attesa dei documenti. Tra questi: supporto psicologico, lezioni di lingua italiana (che è il primo passo verso l’autonomia e l’integrazione) e assistenza legale» ha invece osservato Silvia Beatrice Brocchi che, con la collega Debora Ambrosi, si è occupata della raccolta di interviste e testimonianze a coloro i quali sono stati direttamente colpiti (operatori dell’accoglienza e richiedenti protezione).

Come se l’è cavata dunque il territorio bresciano al cospetto di tale sfida? In che modo ha arginato gli effetti del venir meno di risorse e al sopraggiungere di cambiamenti normativi?

«Con quella che noi abbiamo chiamato “Progettualità nonostante, ovvero un tipo di accoglienza informale-solidale messo in atto dal singolo operatore o cittadino privato con valori di solidarietà, che in qualche modo ha colmato il vuoto lasciato a livello istituzionale – ha spiegato Ambrosi. – È emersa l’importanza del legame fiduciario, personale ed emotivo che negli anni i richiedenti asilo instaurano con gli operatori degli 8 sportelli per rifugiati presenti a Brescia. Professionisti che non ricoprono solo un ruolo amministrativo e burocratico bensì ascoltano e consigliano le persone nel compilare la domanda, rivivendo con loro vissuti e percorsi difficili. Questo è un fattore particolarmente significativo per le donne richiedenti asilo.» 

Un quadro di sostanziale resilienza quindi, dove gli enti gestori bresciani si sono rivelati in grado di tamponare i limiti del sistema di accoglienza istituzionale - che comunque deve continuare ad esistere - collaborando col territorio e beneficiando della tenacia e delle competenze delle risorse umane interne.

«Un modello di rete, illustrato a pagina 15 del volume, che ha dimostrato di reggere sia al decreto sicurezza del 2019 che alla successiva pandemia, scoraggiando la mala gestione e incentivando la buona gestione» ha concluso la prof.ssa Colombo.

Un articolo di

Bianca Martinelli

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