L’esito delle elezioni tedesche, qualunque esso sia, avrà una portata che si estenderà ben al di là dei confini nazionali della Repubblica Federale. Al netto, infatti, dei 16 anni di cancellierato di Angela Merkel, che Claudio Landi ha molto ben descritto nel suo recente volume “Frau Merkel: Regina d’Europa”, la domanda da porsi è se, piuttosto, qualcuno ne raccoglierà il testimone. Non è una domanda oziosa, dal momento che dall’orientamento del futuro governo tedesco dipenderà molto del futuro dell’Ue, considerata la posizione di leadership occupata fino ad oggi dalla Germania all’interno delle Istituzioni Comunitarie.
L’estensione su quatto mandati del cancellierato Merkel ha prodotto, infatti, un effetto collaterale sul sistema politico tedesco: ha di fatto bloccato il ricambio e la formazione di classe dirigente all’interno del principale partito di governo, la CDU, così come negli altri principali partiti dell’arco costituzionale tedesco (con la sola eccezione dell’AfD che, tuttavia, è in calo). Il punto non è tanto se il governo risultante dalle elezioni di domenica 26 settembre sarà all’altezza dell’eredità lasciata dalla Merkel, quanto se sarà in grado di raccoglierne il testimone nella capacità di districarsi tra la dimensione di politica interna e quella di politica europea che, oggettivamente, la Merkel ha saputo contemperare con ammirevole abilità.