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La Medicina e la Cura segni di speranza, scienza e solidarietà

14 marzo 2025

La Medicina e la Cura segni di speranza, scienza e solidarietà

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È tracciato nel testo del paragrafo n. 11 della Bolla pontificia di indizione del Giubileo “Spes non confundit” lo spirito che accompagna ogni operatore medico, sanitario, volontario nel cammino che tutti sono chiamati a percorrere ogni giorno, con rinnovato slancio, soprattutto in questo Anno giubilare: “Segni di speranza andranno offerti agli ammalati, che si trovano a casa o in ospedale. Le loro sofferenze possano trovare sollievo nella vicinanza di persone che li visitano e nell’affetto che ricevono. Le opere di misericordia sono anche opere di speranza, che risvegliano nei cuori sentimenti di gratitudine. E la gratitudine raggiunga tutti gli operatori sanitari che, in condizioni non di rado difficili, esercitano la loro missione con cura premurosa per le persone malate e più fragili”.

Ed è con questo spirito che si è svolto nel giorni 12 e 13 marzo nella Sede di Roma dell’Università Cattolica, nell’ambito dell’Iniziativa di Ateneo sulla Speranza nell’Anno giubilare, il Convegno dal titolo “La Speranza nella Cura: un percorso di Fede, Scienza e Umanità”.

La prima giornata di lavori, dal titolo “Il ruolo della Medicina nella costruzione della Speranza”, è stata aperta dal Preside della Facoltà di Medicina e chirurgia Antonio Gasbarrini che ha dato lettura del messaggio inviato ai partecipanti dal Rettore dell’Università Cattolica Professoressa Elena Beccalli: “Il congresso odierno ha un particolare significato per la nostra famiglia universitaria poiché si colloca nell’Iniziativa di Ateneo sulla Speranza nell’Anno giubilare. Il programma previsto nel corso delle due giornate esprime chiaramente la ricchezza delle prospettive che la Facoltà di Medicina e chirurgia è capace di offrire alla comunità scientifica e sociale. Voi, medici, operatori sanitari, docenti e ricercatori avete una grande responsabilità, quella di offrire segni di speranza agli ammalati”.

Un articolo di

Federica Mancinelli

Federica Mancinelli

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“La cura delle persone, l’empatia, toccare con mano un paziente, incontrare il suo sguardo valgono moltissimo – ha proseguito il Professor Gasbarrini introducendo il convegno – Per questo, in seno alla Facoltà di Medicina e chirurgia è stata istituita la Commissione Solidarietà, nella quale docenti, studenti e personale della Sede si ritrovano periodicamente attorno a progetti grazie ai quali tutti donano un po’ del proprio tempo e delle proprie competenze per chi è fragile e per chi soffre”.

Gli interventi di S. E. Mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico generale dell’Ateneo, dal titolo “La Medicina a servizio della Speranza”, e di S. E. Mons. Nunzio Galantino, Presidente emerito dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, dal titolo “Prendersi cura dei più fragili. Un messaggio per le nuove generazioni”, hanno offerto messaggi e riflessioni importanti, particolarmente per gli studenti, futuri medici e operatori sanitari: “Questo Convegno è un’occasione straordinaria di formazione alla luce del Giubileo – ha detto Mons. Giuliodori –. Oggi e domani frequenteremo insieme delle belle “lezioni di speranza”, la materia più importante di tutto il vostro Corso di laurea, l’essenza della nostra vita quotidiana e della missione del medico. La speranza unita alla solidarietà rende la scienza veramente umana e capace di dare vero conforto alle persone malate. Occorre sviluppare uno sguardo pieno di speranza che sappia andare oltre il dato biologico e sia capace di ispirare il lavoro di ricerca, di didattica e di assistenza, riconoscendo sempre la dignità infinita di ogni paziente e operando per la cura integrale della persona in modo che, alla luce del Vangelo, possa essere anche guarigione dell’anima”.

“Essere medici e formarsi per diventarlo – così Mons. Galantino – vuol dire aver già scelto di affrontare situazioni umane molto fragili, con umanità e professionalità, in una fase storica in cui tutto questo non è affatto scontato. La fragilità prima di essere un nemico da abbattere è una compagna di viaggio, inseparabile, che ci aiuta a scoprire chi siamo. E aiuta anche voi, medici e operatori sanitari che, attraverso questa consapevolezza della vulnerabilità, anche di voi stessi, saprete meglio prendervi cura di ogni persona”.


Le due giornate, molto partecipate da studenti, docenti e personale della Sede, sono state arricchite da relazioni, seminari, dibattiti e condivisioni anche programmatiche sui temi che più contraddistinguono il sistema della salute, declinato in tutte le sue forme: dalla figura del medico come “ponte tra scienza e fede”, accanto alla dimensione della speranza nei pazienti oncologici, passando per il concetto di Speranza come rinascita applicato ai particolari temi del trapianto e donazione di organo fino alla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.

La seconda giornata, dal titolo “La Facoltà di Medicina per l’Africa: una speranza per il cambiamento”, ha ripercorso, attraverso le relazioni di docenti e personale della Sede, progetti, iniziative e esperienze promossi e vissuti negli anni nel e per il continente africano, terminando con l’esposizione e la discussione dei poster che docenti e studenti hanno preparato in occasione del Convegno, fra i quali alcuni progetti del “Campus Solidale”, la rete di volontariato della Sede di Roma.

Nel corrente anno accademico l’Università Cattolica del Sacro Cuore si caratterizza, infatti, con il “Piano Africa”, un progetto d’Ateneo che ha l’obiettivo di portare l’Africa al cuore dei programmi educativi, di ricerca e di terza missione dell’Ateneo, consolidando studi e progetti educativi,  sia avviando percorsi per la formazione di giovani africani in loco o nel nostro Paese sia diventando polo educativo aperto ai giovani africani di seconda generazione che vivono in Europa. Nella Sede di Roma, in particolare, sono attuati e in svolgimento 20 progetti, declinati dal punto di vista dell’assistenza e della cura, alcuni dei quali sono stati presentati nella sessione conclusiva del convegno.

“Non manchi l’attenzione inclusiva verso quanti, trovandosi in condizioni di vita particolarmente faticose, sperimentano la propria debolezza, specialmente se affetti da patologie o disabilità che limitano molto l’autonomia personale. La cura per loro è un inno alla dignità umana, un canto di speranza che richiede la coralità della società intera”: così si conclude il paragrafo n. 11 della Bolla pontificia, così, con un pensiero ideale e contemporaneamente proiettato all’azione si sono concluse le due giornate del convegno di Roma: la Cura, l’assistenza medica, lo studio e la ricerca che le preparano, il prendersi cura di ogni persona malata e delle persone che l’assistono ogni giorno sono un “canto di speranza”: corale, comunitario e universale. Come il sapere, e i frutti, di un’Università.

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