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L’Afghanistan e la questione centrale della libertà di coscienza
Per una alternativa all’«ideologia del sultanato» e alla «mitologia dell’imamato». L'analisi del professor Martino Diez per l'Osservatore Romano
| Martino Diez
31 agosto 2021
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Nel febbraio 2020 in un hotel di lusso nel centro di Doha, Qatar, invitata per una Conferenza internazionale, mi comunicarono sottovoce alla reception: “Non schiacci mai l’ultimo pulsante dell’ascensore, l’ultimo piano è occupato dai Talebani che si trovano qui per gli accordi di ritiro dall’Afghanistan degli Americani”. Oggi, agosto 2021, si assiste alla fuga del presidente Ashraf Ghani, 72 anni, presidente dal 2014, con quattro automobili e un elicottero tutti pieni di soldi ‘cash’; cartamoneta che cade da mani tremanti e scivola per terra. Su una terra e su gruppi di genti che composero, ricomposero, e compongono oggi la tragedia afghana.
CHIAVI DI LETTURA
Tre fattori:
1) il territorio, i confini, le frontiere;
2) le popolazioni, i gruppi, i movimenti migratori;
3) la creazione di un ‘nemico’ per l‘Occidente, gli interessi regionali e internazionali.
DOVE SI TROVA
L’Afghanistan si trova in Asia sud-occidentale, è un paese privo di sbocchi al mare, confina con la Cina, l’Iran, il Pakistan, il Tajikistan, il Turkmenistan, e l’Uzbekistan. La sua popolazione è di circa 37,466 milioni. Le lingue parlate sono: pashtun, dari, la lingua franca del paese, lingue turciche (uzbeco e turkmeno), e circa 30 lingue e dialetti minori. La religione è a maggioranza musulmana sunnita (99,7%) con esigui gruppi sciiti.
DESCRIZIONE
L’Afghanistan è caratterizzato da deserti montuosi, da lunghe, strette e isolate valli, da fiumi e da oasi. Si estende dall’altopiano iranico fino alla catena dell’Himalaya. Dalla antica tradizione nomadica, il paese si è sempre basato su un’agricoltura di sussistenza e sulla pastorizia di pecore e capre che pascolano alle pendici della catena montuosa dell’Hindu Kush: ‘il tetto del mondo’.
Diviso amministrativamente in trentaquattro province l’Afghanistan conta numerosi gruppi molto differenti tra loro. Tra questi il gruppo dominante è quello dei Pashtun, pastori nomadi sunniti, nella parte orientale e meridionale del paese, mentre al centro si trovano gli Hazara, agricoltori e commercianti, popolazione di origine mongolica, sempre più decimati dai talebani (da talib, studenti nelle scuole religiose solo per maschi, madrasa) a causa della loro religione - ismailiti-sciiti nella parte orientale - e a causa del loro ruolo economico-amministrativo nella parte occidentale e meridionale. Gli Hazara, discendenti da Genghiz Khan, ma anche da Alessandro Magno, di cui alcuni di loro rivendicano gli occhi azzurri-verdi, sono grandi nemici dei Pashtun e tre furono le ribellioni nella storia contro di essi (1888, 1891, 1924). A nord i gruppi sono assimilati alle divisioni centroasiatiche. A sud i Baloch, in maggioranza sunniti, si trovano nella regione sud-occidentale al confine con il Pakistan.
Il nome convenzionale del paese è Stato Islamico dell’Afghanistan ma i talebani lo chiamano Emirato Islamico dell’Afghanistan, nome, questo, appena rivendicato nuovamente.
Un articolo di
Docente Facoltà di Scienze politiche e sociali - Università Cattolica del Sacro Cuore