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La presenza è già un dono

05 dicembre 2025

La presenza è già un dono

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Le attività e i contesti in cui si impegnano sono tra i più diversi: c’è chi insegna italiano in una scuola per migranti, chi presta servizio in un market sociale, chi lavora in un centro antiviolenza o in una mensa solidale. Ma il desiderio è spesso lo stesso: mettersi a disposizione della comunità, degli altri, dei più vulnerabili. Sono più di quaranta gli studenti e le studentesse dell’Università Cattolica che negli ultimi due anni hanno aderito a Be Present, lo sportello di accesso ad attività di volontariato sul territorio milanese, gestito dal Centro Pastorale dell’Università Cattolica in collaborazione con il Pime.

Ma la storia di Be Present inizia molto prima, l’idea di attivare un servizio che mette in contatto giovani e realtà dove fare volontariato nasce nel 2020 durante la pandemia, «in un momento storico complesso – lo ricorda Letizia Balconi, referente del servizio – nel quale “esserci” era tutt’altro che scontato, da qui il nome e il significato».

«Ciò che abbiamo voluto offrire fin da subito a ragazzi e ragazze – spiega – è uno spazio che valorizzi un patrimonio comune e che permetta di sentirsi parte di un movimento generativo formato da tutti i volontari che, vicino e lontano, si spendono per gli altri. E sappiamo che, alla base di questo movimento, non c’è necessità di azioni eroiche ma di quello “stare accanto” che libera e legittima la vita di ciascuno, nelle sue fragilità e nelle sue potenzialità».

Un articolo di

Valentina Stefani (testi) e Nanni Fontana (foto)

Valentina Stefani (testi) e Nanni Fontana (foto)

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Be Present significa esserci davvero, donare tempo e ascolto, fare spazio all’altro e riconoscerne la dignità

LE STORIE

Esserci davvero, mettersi in ascolto, trasformare il tempo donato in un’occasione di crescita. Le storie dei volontari e delle volontarie che scelgono ogni giorno di essere presenti.

Insegnare italiano a Scuola Migranti, la storia di Chiara Codero e Giampiero Ferrara

«Diamo alle persone la possibilità di potersi esprimere, che è la cosa più importante quando si arriva in un nuovo Paese». Chiara e Giampiero hanno scelto di insegnare italiano presso la Parrocchia di S. Maria del Carmine a Milano, dove dal 1990 i missionari scalabriniani gestiscono una scuola che accoglie centinaia di stranieri di diverse nazionalità. Migranti, ma non solo, in classe ci sono studenti universitari e lavoratori, cantanti, ballerini e diplomatici. «Una scuola delle relazioni» la definisce la missionaria e coordinatrice Lina Cesena, «un luogo dove si costruiscono ponti, dove le barriere cadono perché c’è l’incontro. Per Chiara e Giampiero l’idea è quella di mettersi al servizio della comunità, di rendersi utili per la società, ma anche di crescere, incontrare persone e conoscere storie di vita. «Dover tenere una lezione, prepararsi un discorso, rispondere a determinate domande che non ti aspetti, mi ha aiutato a sbloccarmi, dice Chiara – adesso mi butto un po’ di più nelle situazioni». «Le difficoltà non mancano, ogni volta è una nuova sfida – aggiunge Giampiero – poi arriva la gratificazione: vedere che dopo un anno di sforzi e tanta pazienza gli alunni iniziano a capire e a parlare in italiano».

 

Prestare servizio all’Emporio della Solidarietà di Caritas, la storia di Alessandro Colavecchio

Alessandro svolge volontariato presso l’Emporio della Solidarietà, un minimarket dove le famiglie in difficoltà possono acquistare beni di prima necessità attraverso una carta offerta da Caritas. I prodotti esposti non presentano un cartellino con un prezzo in euro ma hanno un valore espresso in punti, che vengono scalati dalla carta: in questo modo chi si reca presso l’Emporio ha la possibilità di scegliere cosa acquistare secondo le proprie esigenze, decidendo quanto spendere e come farlo; «un modo per far sentire chi va a fare la spesa più indipendente dal pacco alimentare», dice Alessandro.

All’Emporio tutti danno un contributo, senza ruoli prefissati: «È un bel posto in cui venire, l’ambiente è molto amichevole e non ti senti mai obbligato a fare qualcosa, anche con gli utenti che vengono a fare la spesa spesso nascono belle conoscenze». «Questa esperienza mi ha fatto comprendere quanto complessa sia la società in cui viviamo –  dice – purtroppo, tendiamo a concepire la povertà come un fatto estremizzato e diffuso solo quando ci si manifesta davanti agli occhi, quando ci imbattiamo in una persona senzatetto od osserviamo le lunghe code davanti ai diversi centri di assistenza diffusi nella città. In realtà è un problema ben più radicalizzato che necessita anche di altri mezzi di sostegno, come è il caso dell’Emporio della Solidarietà».

 

A fianco dei giovani in Comunità Oklahoma, la storia di Gaia Riccobono

All’interno di un ex asilo nel quartiere Gratosoglio a Milano c’è la Comunità Oklahoma. Oklahoma accoglie – e ne favorisce l’inserimento sociale – minori italiani e stranieri in grave stato di disagio individuale e sociale, in particolare minori con esperienze di carcerazione. Qui troviamo Gaia, la decisione di fare volontariato era arrivata dopo la missione in Marocco con il programma Mission Exposure: «Ero molto contenta dell’esperienza fatta, di quello che avevo ricevuto e avevo bisogno di restituire qualcosa di quello che avevo dentro». Con gioia ed entusiasmo, Gaia si rende disponibile dove serve: aiuto in cucina, lezioni di italiano, attività come la preparazione della parata per la maratona di aprile. «Ciò che apprezzo di più è l’incontro con i ragazzi e la relazione che si crea, anche se può durare solo un’ora: mi danno la loro fiducia e io cerco di dare loro uno sguardo di accoglienza che dica ‘io ti vedo’». Il servizio – parola di scout – ha sempre fatto parte del suo stile di vita, «quando faccio volontariato sono felice, è la mia dimensione».

 

Supportare le donne a Casa Antigone, Fondazione Somaschi, la storia di Francesca Fabris e Giulia Soragnese 

Casa Antigone di Fondazione Somaschi è un rifugio per donne vittime di violenza domestica o di sfruttamento sessuale che necessitano di protezione immediata. Qui le donne trovano un letto, un pasto, abiti puliti, supporto psicologico e consulenza legale. Francesca e Giulia hanno scelto di svolgere qui il loro volontariato. Il programma varia ogni volta: si aiutano nelle attività quotidiane, si esce per una passeggiata, si offre supporto nella ricerca del lavoro o si insegnano italiano e inglese. «Le donne che arrivano qui hanno sofferto tanto – racconta Francesca – quello che mi ripeto ogni volta è: non posso addossarmi il loro dolore, ma posso aiutarle a uscirne nel modo migliore perché la violenza che hanno subito non capiti più». Supporto e vicinanza sono gli aspetti che contano di più. «È importante – sottolinea Giulia – che noi donne ci avviciniamo il più possibile a questa realtà e cerchiamo di aiutare le altre donne esprimendo la nostra massima solidarietà».

 

Vicino a chi accoglie in Casa della Carità, la storia di Andreea Paduretu

La Casa della Carità è un luogo che da sempre si prende cura delle persone escluse e promuove accoglienza e cultura. È qui che troviamo Andreea a trascorrere qualche ora in un grande salotto frequentato da chi ha necessità di farsi una doccia. A Milano servizi così ce ne sono molti, ma questo ha qualcosa in più: ci si sente a casa. In attesa che venga chiamato il proprio numero, si può bere un caffè o una bibita, mangiare una fetta di torta, guardare la TV, sedersi a un tavolo e fare due chiacchiere. Andreea invita gli ospiti a giocare a dama, ma è solo un pretesto per aprire un dialogo, mettersi nella condizione di ascolto. «Molti di loro sono senzatetto o persone che vivono in case abusive, alcuni sono arrivati in Italia per aiutare economicamente i familiari nel Paese di origine, fanno grandi sacrifici. C’è chi proviene da Paesi arabi e del Medioriente o dal Senegal, ma anche dal Mali e dall’Ucraina. Si parlano molte lingue, non sempre è facile capirsi, ma non importa, è bello vedere che le persone vengono qui per trovare aiuto e ascolto. Le prime volte – ammette – ero a disagio. Ma va bene così, relazionarsi con gli altri è qualcosa che si può imparare».

 

Studiare insieme a Time Out, Centro PIME, la storia di Greta Castaldi

Greta fa volontariato al Time Out, uno spazio studio per adolescenti delle scuole secondarie di secondo grado promosso dal Centro Pime. Storia, italiano, matematica, Greta entra nelle aule di Time Out e aiuta dove serve. Molti degli adolescenti arrivano da Egitto, Turchia o Perù. «Vengono qui per fare i compiti, ma anche per essere ascoltati – racconta Greta – perché a volte in classe vivono situazioni non facili. Facciamo capire loro che hanno delle capacità e che le possono sfruttare». “Io credo in te” è il motto di Time Out. Ricevendo fiducia, i giovani possono credere maggiormente in loro stessi e aiutare, a loro volta, anche altri ad avere più fiducia. È una catena». Alla domanda se il volontariato abbia cambiato il suo modo di vivere, risponde: «Sì, questa esperienza mi ha insegnato quanto sia bello entrare in contatto con le storie degli altri e non restare indifferenti. Ho imparato a farlo con la giusta delicatezza».

Generazione presente

Gli studenti e le studentesse che scelgono di fare volontariato con Be Present sono accompagnati attraverso incontri di formazione a cadenza mensile. «Questo – racconta Letizia – ci permette di conoscerli da vicino e di offrire loro strumenti, di renderli consapevoli del valore della loro azione, che non chiede soltanto un ‘fare’ ma soprattutto una presenza significativa».

Per Serena Porfirio, volontaria presso il Corso di italiano per adulti migranti, Parrocchia del Carmine, la formazione è uno degli aspetti più importanti dell’esperienza: «non si tratta solo di preparazione tecnica, ma di veri momenti di confronto in cui ci si ferma a riflettere sul senso profondo di ciò che stiamo facendo. Attraverso attività e discussioni si parla di dialogo, di accogliere il prossimo e di come mettersi davvero in ascolto dell’altro». La pensa così anche Francesca Bernardello, anche lei volontaria presso il Corso di italiano del Carmine: «i momenti di formazione sono uno spazio in cui sentirsi liberi, in cui esplorarsi, momenti preziosi sia per il percorso di volontariato sia per la nostra vita».

«Fare del bene per l’altro non si può improvvisare – ricorda Letizia – sono i giovani stessi che, nelle loro condivisioni, riportano la bellezza dell’educarsi all’impegno per la collettività. La relazione che si crea partecipando alla quotidianità delle persone incontrate nelle realtà di servizio è il lievito che permette la vera crescita della comunità che non lascia nessuno a margine e di cui gli studenti e le studentesse desiderano profondamente fare parte attraverso il loro contributo», racconta Letizia.

Per Andrea Mammana, che accompagna nello studio i ragazzi e le ragazze di Time Out Spazio Studio per adolescenti, il volontariato è soprattutto un’esperienza di relazione: «La possibilità di accompagnare nello studio questi ragazzi è qualcosa che mi fa sentire utile. Oltre a questo, l’aspetto umano e relazionale è altrettanto importante per lavorare bene insieme. Cerco di dare ai ragazzi ascolto, leggerezza ed entusiasmo, in un periodo della loro vita in cui la scuola è percepita più come un obbligo che un’opportunità.»

Allo stesso modo, per Paola Pulvirenti, in servizio alla Casa della Carità, il volontariato significa sentirsi accolti e parte di una comunità: Passare il sabato mattina in Casa significa arrivare ed essere accolti familiarmente… trovare la tavola imbandita e Delia sempre pronta a prepararti una bevanda calda… I dispiaceri, le ansie e le paure si arrendono e lasciano spazio all’aria di famiglia che si respira già entrando… Così si diventa dono l’uno per l’altro, incondizionatamente».

Anche per Gonzalo Aviles Rafael, volontario presso il Corso di italiano per adulti migranti, Parrocchia del Carmine, l’esperienza di volontariato rappresenta un contatto autentico con le persone e la possibilità di crescere attraverso la relazione: «Consiglio il volontariato a tutte quelle persone che sono curiose, empatiche e con una mentalità aperta verso altre culture. Questa esperienza mi ha permesso di entrare in contatto con gente di culture diverse e molto desiderose di integrarsi. E mi ha consentito anche di imparare i loro modi di pensare, uscendo dal mio».

La rete di Be Present

Negli anni, Be Present ha costruito una rete di collaborazioni con numerose realtà milanesi impegnate nel volontariato e nel sostegno a persone in situazione di fragilità, offrendo ai giovani esperienze concrete e significative. Tra le realtà con cui collaboriamo ci sono la Scuola Migranti della Parrocchia del Carmine, che organizza corsi di italiano, la Caritas Ambrosiana, con comunità residenziali e Empori della Solidarietà, la Fondazione Don Gnocchi, attiva con servizi per anziani e adulti con disabilità, e la Casa della Carità, che accoglie persone in povertà e gestisce comunità mamma-bambino.

Francesca Morgante ► Time Out

Altri spazi di volontariato includono Time Out, con doposcuola per adolescenti, i doposcuola nella Parrocchia di S. Ambrogio, la Fondazione Somaschi, i Gruppi di Volontariato Vincenziano, l’Opera San Francesco, l’Associazione Realmonte, la Comunità di Sant'Egidio, la Comunità Oklahomala Comunità Il Seme – Consorzio Farsi Prossimo, dedicate a minori stranieri non accompagnati, e il Bar Sociale "Il Girevole", che promuove attività sociali e aggregative per i senza fissa dimora.

Francesca Ciulli ► Comunità Oklahoma

A queste si aggiungono altre realtà minori, che completano la mappa del volontariato, permettendo ai giovani di entrare in contatto con diversi servizi e di contribuire attivamente alla costruzione di una comunità inclusiva e solidale.

Guido Fasano ► Bar Sociale "Il Girevole"

«L'impegno nel mondo del volontariato - spiega la professoressa Elena Marta, docente di Psicologia di Comunità - è e resta un’importante opportunità di crescita e costruzione di cittadinanza attiva per i giovani e le giovani. Esso si configura oggi come  il desiderio e la possibilità di porre in atto azioni che promuovono cambiamenti in e per la società tutta, di mostrarsi in grado di agire nel sociale in virtù di una progettualità che trova nel fare il proprio senso e conferisce un valore concreto a quella comunità della relazione oggi spesso sacrificata in nome del mercato e del narcisismo imperante». 

«Nel far sì che i giovani possano confrontarsi con le generazioni adulte - prosegue la professoressa Marta - non dobbiamo dimenticare che il volontariato oggi è uno dei pochi contesti di incontro e scambio tra le generazioni. Ma i giovani trovano anche nei pari, negli altri volontari loro coetanei, dei compagni di viaggio, confidenti, mentori naturali, altri simili con cui confrontarsi, dei membri della propria generazione con cui costruire conoscenza, identità e cittadinanza. Ecco perchè l'impegno nel volontariato è così prezioso per i giovani e le giovani».

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