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Dal Parkinson alle malattie rare, scoperto un interruttore chiave per la salute delle cellule

06 ottobre 2025

Dal Parkinson alle malattie rare, scoperto un interruttore chiave per la salute delle cellule

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Scoperto nella cellula un interruttore chiave per l’equilibrio energetico cellulare che potrebbe divenire il bersaglio di nuove terapie per malattie che vanno dal morbo di Parkinson a patologie rare causate da difetti delle centrali energetiche della cellula, i mitocondri. L’interruttore si chiama fosfatasi B55 (PP2A-B55alfa) e regola l’equilibrio dei mitocondri. Ricercatori dell’Università Cattolica nel campus di Roma e dell’Università Roma Tre hanno visto che riducendone l’attività si riducono i sintomi motori del Parkinson in moscerini della frutta modello di malattia. 

È il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, che è stato guidato dal professor Francesco Cecconi, ordinario di Biochimica del Dipartimento di Scienze biotecnologiche di base, cliniche intensivologiche e perioperatorie dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e condotto dalla professoressa Valentina Cianfanelli, associato presso il Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre e Responsabile Scientifico di Progetto Ricerca Finalizzata Giovani Ricercatori presso l’Unità di Ginecologia Oncologica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

BACKGROUND

I mitocondri sono organelli cellulari molto complessi, vitali per la sopravvivenza delle cellule. Sono deputati alla produzione di energia che serve alle cellule per vivere. La loro integrità è associata a diverse malattie, sia diffuse come il Parkinson,

sia rare, le cosiddette malattie mitocondriali che possono colpire diversi distretti corporei, dai muscoli agli occhi al cervello. All’interno delle cellule vi è un delicato equilibrio tra i mitocondri vecchi o danneggiati che devono essere smaltiti e i nuovi che devono svilupparsi in sostituzione. In alcune malattie, però, questo equilibrio viene meno e se i mitocondri vengono persi in eccesso, o se organelli danneggiati si accumulano nella cellula e non vengono smaltiti regolarmente, la sopravvivenza stessa della cellula risulta in pericolo.

Nel caso del Parkinson, ad esempio, si è visto che nella morte dei neuroni dopaminergici alla base della malattia vi è anche la complicità della perdita di mitocondri.

LO STUDIO

Gli esperti hanno scoperto che B55 ha un ruolo chiave nel regolare l’omeostasi mitocondriale.

«Da un lato – spiega il professor Cecconi - promuove la rimozione dei mitocondri danneggiati stimolando la mitofagia, un processo selettivo di rimozione degli organelli non più efficienti e potenzialmente pericolosi. Dall’altro, B55 agisce come controllore della biogenesi mitocondriale, stabilizzando il principale promotore della formazione di nuovi mitocondri. In questo modo, B55 non si limita a favorire la degradazione dei mitocondri danneggiati ma, contemporaneamente, impedisce un’eccessiva produzione di nuovi organelli, mantenendo così un equilibrio dinamico tra eliminazione e sintesi mitocondriale. È di grande interesse – sottolinea l’esperto - che entrambi questi effetti dipendano dall’interazione funzionale fra B55 e Parkin, una proteina centrale nei meccanismi di mitofagia, coinvolta nel morbo di Parkinson».

Non a caso nella ricerca, utilizzando modelli di morbo di Parkinson nella Drosophila (moscerino della frutta), «abbiamo osservato che la riduzione dei livelli di B55 migliora sia i difetti motori sia le alterazioni mitocondriali tipici della malattia», spiegano i professori Cecconi e Cianfanelli. Questo effetto richiede la presenza del fattore Parkin e agisce prevalentemente sulla biogenesi dei mitocondri.

«L’idea – continua il professor Cecconi - potrebbe essere di sviluppare molecole di piccole dimensioni in grado di penetrare nel cervello ed agire selettivamente sui neuroni dopaminergici, contrastandone la morte. Più in generale, un farmaco che regoli l’azione di B55 potrebbe essere sfruttato anche in diverse patologie mitocondriali caratterizzate da perdita di mitocondri, incluse alcune miopatie mitocondriali e malattie neurodegenerative. Non solo, ma la deregolazione di qualità e numero di mitocondri è anche alla base della plasticità delle cellule tumorali e della loro capacità di resistere a terapie, quindi controllare B55 potrebbe divenire un approccio promettente in ambito oncologico».

Ecco perché «i nostri futuri studi mireranno a identificare molecole e strategie terapeutiche sicure per modulare B55 in modelli preclinici e cellulari umani soprattutto al fine di analizzare l’effetto della sua regolazione su altre malattie neurodegenerative e mitocondriali», concludono gli autori.

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Redazione

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