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La rimodulazione delle cellule T-reg aiuterà a combattere le malattie autoimmuni

06 ottobre 2025

La rimodulazione delle cellule T-reg aiuterà a combattere le malattie autoimmuni

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Il Premio Nobel per la Medicina 2025 è stato assegnato agli americani Mary Brunkow e Fred Ramsdell e al giapponese Shimon Sakaguci per le loro scoperte sui meccanismi del sistema immunitario con cui questo reagisce alle infezioni o, in maniera patologica, attacca parti sane dell'organismo, scatenando le malattie autoimmuni. Commenta la notizia la professoressa Maria Antonietta D’Agostino, docente di Reumatologia della Facoltà di Medicina e chirurgia.


Mary E. BrunkowFred Ramsdell e Shimon Sakaguchi sono stati premiati per le loro scoperte sulla tolleranza immunitaria periferica, ovvero sui meccanismi alla base della difesa dalle infezioni o, al contrario, dell’insorgenza delle malattie autoimmuni. Ramsdell e il suo team hanno identificato la proteina FOXP3 (Forkhead Box P3) nei bambini affetti da una rara sindrome autoimmune, la IPEX, e hanno scoperto che questa proteina svolge un ruolo chiave nello sviluppo delle cellule T regolatrici (‘T reg’), che contrastano tra l’altro le risposte immunitarie dannose in una serie di malattie autoimmuni.

«Questo premio rappresenta un riconoscimento molto importante per l’immunologia e, in particolare, per la mia disciplina, la reumatologia» spiega la professoressa Maria Antonietta D’Agostino, Ordinaria di Reumatologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttrice della UOC di Reumatologia di Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS e responsabile del progetto GEMIN (Gemelli Multidisciplinary Immunology Network).

«Sono scoperte relative alla tolleranza dell’immunità e all’autoimmunità, meccanismi che rappresentano il cuore della patogenesi delle malattie autoimmuni. La scoperta del fattore di regolazione FOXP3 e delle cellule T-reg ha contribuito a rivoluzionare la comprensione di cosa sia l’equilibrio immunologico e di come il nostro sistema immunitario, anziché combattere solo verso l’esterno, a volte diventi aggressore di sé stesso. E l’aggressione nei confronti dei nostri tessuti è appunto alla base delle malattie autoimmuni, da quelle reumatologiche, al diabete di tipo 1, alla sclerosi multipla».

«In reumatologia - prosegue D'Agostino - abbiamo potuto studiare molto bene il ruolo di queste cellule fondamentali in alcune patologie, come l’artrite reumatoide, il lupus, la sindrome di Sjögren, le connettiviti indifferenziate. Abbiamo visto come il difetto delle T-reg possa essere sia quantitativo ma anche qualitativo e di come le T-reg possano contribuire alla patogenesi delle malattie autoimmuni, sbilanciando la risposta immunitaria».

«Ecco perché - cnclude - la modulazione delle cellule T-reg rappresenta la speranza di nuove prospettive terapeutiche; ad esempio, nell’artrite reumatoide refrattaria e nel diabete di tipo 1 sono in corso trial sperimentali per cercare di rimodulare la loro efficacia o di espanderle, così da aiutare il nostro sistema immunitario a controllare l’autoimmunità».


L’impegno del Gemelli e della Cattolica in immunologia

Lo studio dell’immunità è centrale a tante patologie sia come meccanismi patogenetici che come possibilità terapeutiche. Nella Fondazione Policlinico Gemelli e nella Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è attivo dall’inizio dei quest’anno GEMIN (Gemelli Multidisciplinary Immunology Network), un importante progetto che mira a ricomporre i mille frammenti della ricerca immunologica, nella quale sono impegnate tante realtà all’interno del ‘Campus Gemelli’ per mettere in rete tra loro i ricercatori e creare sinergie di ricerca bench to bedside, da quella di base, a quella traslazionale a quella applicativa clinica.

«L’idea di Gemin – spiega la professoressa D’Agostino (foto a sinistra), responsabile del progetto, - è quella far dialogare tra loro le varie anime della ricerca immunologica, superando l’attuale frammentazione della ricerca, per creare sinergie. Il primo step di questo ambizioso progetto è stato quello di mappare l’esistente, per poi perseguire l’obiettivo di consolidare e unificare diverse tematiche, in aree di ricerca affini».

«All’interno di alcune discipline operano realtà specifiche, che sono già eccellenze in ambito immunologico traslazionale; ma l’idea è quella di spingerci oltre, realizzando delle sinergie affinché si possano creare gruppi di lavoro comuni su nuove progettualità, che possano portare questo tipo di ricerca a livelli ancora più alti».

«La mappatura di queste realtà ci ha permesso di identificare aree tematiche che possono essere raggruppate, in macro-aree comuni, nelle quali il sistema immunitario gioca un ruolo preponderante. È il caso ad esempio dell’infiammazione acuta, dell’infiammazione in corso di infezioni, dell’autoimmunità, comune a tante discipline, da quelle reumatologiche, ad alcune patologie neurologiche, della medicina rigenerativa, della risposta infiammatoria acuta e cronica in ambito cardio-metabolico, fino all’immunità dei tumori. Dopo aver mappato le principali aree nelle differenti discipline, ci siamo accorti che queste potevano essere raggruppate in tematiche più ampie, che possono beneficiare di interazioni comuni, ma anche di condivisione di tecnologie e di conoscenze. L’ascolto di quello che avviene in altre discipline, ci permette di capire quali aspetti potrebbero essere rilevanti anche per la nostra disciplina».

Al momento, il 41% degli studi attivi nel Campus Gemelli in ambito immunologico verte nell’area dell’immunità nei tumori, seguito da autoimmunità e infiammazione cronica (32%), malattie infettive (13%), ematologiche (8%) e dalla medicina rigenerativa (7%).

 


Foto NobelPrize.org

Un articolo di

Maria Rita Montebelli

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