«Oggi non si vuole semplicemente presentare un libro ma fare memoria viva dell’impegno di padre Paolo Dall’Oglio per un progetto di convivenza fraterna tra cristiani e musulmani a partire dalle sue intuizioni che offrono interrogativi su una fraternità difficile ma sempre più necessaria». Con queste parole la editor Elena Bolognesi ha avviato l’incontro svoltosi il 5 ottobre in Università Cattolica in occasione della presentazione del volume “Il mio testamento” edito dal Centro Ambrosiano, contenente conferenze inedite di padre Paolo Dall’Oglio, gesuita e fondatore della comunità monastica di Deir Mar Musa in Siria. È a questo monastero che lega il suo nome, avendone scoperto le rovine nel deserto siriano. Dopo essere stato ordinato prete nel 1984 iniziò il restauro del monastero e diede vita all’esperienza monastica nel segno dell’inculturazione in dialogo con l’Islam. Dedicò la sua vita a questo sogno, alla pace e al processo di democratizzazione di quello stato ma, per questo suo impegno, il 29 luglio 2013 venne rapito e non si sono avute più sue notizie.
Sostenuti dalla speranza che sia ancora in vita, il suo progetto continua e di questo è stata data ampia testimonianza negli interventi che, moderati da Elena Bolognesi, traduttrice del volume, si sono succeduti per far meglio conoscere il profilo di padre Paolo, il suo pensiero, i termini del suo impegno ecumenico e le ricadute concrete.
Non a caso questo incontro si è svolto il giorno dopo in cui la Chiesa celebra san Francesco d’Assisi, considerando i vari profili francescani che sono nell’opera di padre Paolo: il primo aveva restaurato la chiesa di san Damiano, il secondo il monastero di Mar Musa, ma non si tratta, nell’uno e nell’altro caso, di restaurare mura ma di una ricostruzione più generale «finalizzata a svolgere attraverso l’ascolto della Parola quel discernimento in vista dell’obbedienza all’azione dello Spirito Santo», come ha evidenziato il moderator curiae monsignor Carlo Azzimonti, intervenuto a portare il saluto dell’arcivescovo Mario Delpini a Roma per il Sinodo.