NEWS | Milano

L’avventura dell’energia in Europa

12 marzo 2024

L’avventura dell’energia in Europa

Condividi su:

Una «never ending story» cominciata settant’anni fa, e di cui ancora nessuno conosce il finale. È l’avventura dell’energia in Europa, una storia avvincente, inevitabilmente intrecciata con il potere e ricca di accadimenti straordinari, che bene o male hanno avuto e tuttora continuano ad avere profonde ripercussioni sulle nostre vite. A raccontarla nel libro “Scintille” è il giornalista Donato Bendicenti, responsabile della sede di corrispondenza della Rai a Bruxelles, che mercoledì 6 marzo, è stato protagonista di uno stimolante dibattito, proprio a partire dalle questioni affrontate nel volume. A dialogare con lui, rispondendo alle domande della coordinatrice ufficio stampa Parlamento Europeo in Italia Valentina Parasecolo, sono stati Pietro Benassi, già rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione Europea e docente nel corso di laurea in Politiche europee e internazionali all’Università Cattolica, e Roberto Zoboli, pro-rettore per la ricerca scientifica e la sostenibilità e direttore Alta Scuola per l’Ambiente (Asa) dell’Università Cattolica. «C’è una storia che abbiamo visto narrata a mosaico, pezzo per pezzo», ha detto il rettore Franco Anelli, introducendo il dibattito. «È per questo veramente interessante avere qualcuno che ci aiuta a rimettere in ordine e a riannodare i fatti di cui siamo stati spettatori, aggiungendo anche aspetti finora rimasti chiusi in una stanza e mettendo a disposizione gli strumenti giusti per interpretare meglio quello che è successo».

E in realtà “Scintille” è un viaggio che Bendicenti ha potuto realizzare da un osservatorio privilegiato, quello di giornalista televisivo nel quartier generale della Ue, che lo ha messo nelle condizioni di poter raccontare un tema «invisibile», ma che negli ultimi mesi ha assunto un ruolo di estrema attualità. Basti pensare alle recenti crisi che hanno portato la stessa Commissione europea a intraprendere una serie di azioni per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia, come il RePower Eu o il price cap sul gas.  

«L’energia non è soltanto al centro delle issues dell’Unione europea ma guiderà anche la campagna elettorale per il rinnovamento del Parlamento previsto a giugno», ha precisato Bendicenti. «Il mondo globalizzato avrà sempre più bisogno di energia: con una terra che riscalda a vista d’occhio le fonti tradizionali che avevamo considerato a basso costo e a disposizione stanno mutando». Ecco perché «quella da me raccontata è solo un pezzo della storia, dal finale aperto però. Una sorta di giallo che avrà bisogno di una squadra di investigatori per risolvere il dilemma».

 

 

 

Non ha allora tutti i torti Pietro Benassi quando definisce l’energia un “cigno nero” che si muove dentro un paradosso. «Da una parte, serve per sopravvivere, dall’altra, è necessario non andare in default, diversificando e trovando altri mercati». Dopo la crisi energetica scatenata dal conflitto russo-ucraino, «l’Italia si è mossa molto bene: nel giro di 14 mesi ha diversificato i due terzi del mercato, nell’anno e mezzo successivo quella del terzo mancante. E in questo è riuscita ricorrendo ad altri mercati come Azerbaijan, Algeria, Mozambico, Congo». C’è però anche un altro paradosso che riguarda l’energia, in particolare il Green Deal. «Per fare la transizione ecologica, come quella digitale, per non parlare poi delle spese per la difesa, servono dai 200 ai 400 miliardi di euro l’anno, come ha detto anche Mario Draghi qualche mese fa in un’intervista al Financial Times e come ha ripetuto all’Ecofin». E «da europeista convinto», che considera «l’Unione europea il più grande progetto mai pensato di prevenzione dei conflitti», Benassi ha avvertito: «O c’è una iniziativa comune per far fronte a tutte le transizioni previste o semplicemente non ci saranno». In tal senso, «saranno due le vie da seguire: la prima, è il debito comune, cioè realizzare altri Next Generation, cui sono nettamente contrari Germania, Francia e Svezia; la seconda, è aumentare il contributo degli Stati membri al bilancio europeo, ancora troppo basso».

Anche Roberto Zoboli, che si occupa di tematiche ambientali nella facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Ateneo e da circa vent’anni con il suo team di ricercatori collabora con l’Agenzia europea per l’ambiente, è ritornato sulla questione dei fondi. «Il Green Deal è un ambizioso piano di trasformazione sociale, economica e ambientale che però presenta due grandi difetti», ha chiarito il professore. Innanzitutto, «la mancanza di consenso, dovuta al fatto che tutto progetto non è stato accompagnato da un approccio straordinario, come richiesto in caso di importanti manovre, e neppure da un coinvolgimento forte della popolazione europea. Questo ha aperto delle crepe politiche, generando un dibattito radicalizzato attorno a questi temi contro cui bisogna lavorare molto per far cambiare idea all’opinione pubblica». Il secondo punto o difetto chiama in causa il ruolo dell’industria.

«Siamo di fronte a una grande strategia di politica pubblica che però necessita del settore privato. Attualmente però c’è ancora quello che viene chiamato “investment gap”. Una stima realizzata dall’Agenzia europea per l’ambiente parla di fabbisogni che arrivano a 500 miliardi addizionali, mentre secondo un rapporto francese ammontano addirittura a 800 miliardi gli investimenti richiesti». La soluzione? «L’indebitamento comune», ha risposto il professor Zoboli, concordando con quanto già detto da Benassi. O anche, può essere cruciale il ruolo giocato dagli «attori privati». E in effetti a tal proposito, va ricordato che esiste uno «zoccolo duro di strategie industriali» indirizzate da tempo alla transizione ecologica e, pertanto, solo da alimentare. Del resto, molte analisi di economisti ci dicono che il passaggio all’elettrico nel settore auto è in atto da diversi anni, le «politiche europee l’hanno semplicemente accelerato».  

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti