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La Prima della Scala 2022: un canto russo alla solitudine del potere

07 dicembre 2022

La Prima della Scala 2022: un canto russo alla solitudine del potere

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Un’opera russa, il capolavoro di Modest Musorgskij “Boris Godunov” inaugurerà il prossimo 7 dicembre la stagione 2022-23 del Teatro alla Scala di Milano. Basato sul dramma omonimo di Aleksandr Sergeevič Puškin e sulla Storia dello Stato Russo di Nikolaj Michajlovič Karamzin, Il “Boris Godunov” è la sola opera lirica completata da Musorgskij ed è considerata il suo capolavoro. 

Alla professoressa Paola Fandella della Facoltà di economia dell’Università Cattolica, esperta di lirica e da sempre presente alle “Prime scaligere”, abbiamo chiesto quali sono le peculiarità, i tratti distintivi di questa grande opera lirica russa che andrà in scena diretta dal maestro Riccardo Chailly, con la regia di Kasper Holten.

Si tratta di un’opera che racchiude una pluralità di sentimenti che nelle loro manifestazioni più forti negative possono, purtroppo, incidere sulle azioni e sulle vite di persone e di interi popoli. La sete di potere, gli intrighi di personaggi e di fazioni diverse, gli inganni e…il senso del rimorso ossessione che incide “come un martello” – dice fra sè lo zar - nell’esistenza di Boris dall’inizio alla sua fine.  

Un’opera lirica dedicata alla solitudine del potere... qual è il messaggio dell’opera?

«L’impossibilità di liberarsi dal rimorso anche di un solo un atto empio. Di un atto anche non acclamato palesemente dal popolo ma che per il rimorso diventa palese per chi ne ha derivato il potere. In questo trovo geniale la scelta del registra Kasper Holten di far comparire in scena il cadavere “vivo” del piccolo zar ucciso per portare sul trono lo zar Boris. Il rimorso è vivo, non è una mera ombra, e annulla nella viva manifestazione dell’atto nefasto la possibilità di ogni azione di potere di chi da questa azione empia ne ha tratto il potere stesso. La forza del rimorso diviene ancora più incisiva dell’atto stesso e poiché rappresentata dall’atto compiuto su un bimbo, su una creatura innocente, si erge contro ogni forma di crudeltà»

Alla luce del conflitto in corso tra Russia e Ucraina la scelta del “Boris Godunov” per la prima Scaligera ha scatenato non poche polemiche e perplessità. Il console ucraino a Milano, Andrii Kartysh, ha inviato a Dominique Meyer, sovrintendente della Scala, una lettera in cui manifesta il "grande disappunto e rammarico" presso la comunità ucraina in Italia e in cui lo invita a rivedere la scelta con un’opera che paia meno assecondare la propaganda russa. Lei come giudica la scelta di questo titolo per la Prima?

«Non parlerei di propaganda russa. Anzi è un’opera che parla dell’impossibilità di qualsiasi azione perversa di poter soddisfare le ambizioni di chi le attui, al punto di determinarne invece la propria distruzione. Ed è un’opera che pur rappresentando, attraverso la musica, la voce del popolo russo, la rappresenta come una voce oppressa, sottomessa e in balia a forze perverse che ne accentuano il dramma di un’esistenza ridotta ad essere merce di potere»

Che sia un’opera lirica che faccia discutere comunque non ci sono dubbi. La locandina dell’opera riporta un’immagine forte: un ragazzo macchiato di sangue. È il piccolo zar ucciso da Boris per conquistare il potere ed è un richiamo a tutte le vittime dei soprusi... In questo caso non si può parlare certo di apologia di un regime, cosa che si evince anche leggendo il libretto dell’opera...come pensa sarà accolta dal pubblico e dalla critica?

«La forza drammatica dello Zar assassino e della musica di chi il potere lo inganna o lo subisce è tale che penso colpisca gli animi degli spettatori e faccia sicuramente ancor più riflettere su tutto ciò che di crudele e di perverso gli uomini possono provocare. Però attenzione, il bimbo c’è, è morto, è vero, è stato ucciso, ed è stato ucciso prima ancora dell’apertura di scena (perché dell’atto non c’è traccia) ma nello stesso tempo il bimbo è vivo, è lì, è il rimorso dell’azione cruenta che porta ad annientare chi dell’azione è stato l’artefice e il bimbo ucciso apre al futuro del nuovo zar. Un nuovo bimbo, una nuova speranza»

Il direttore musicale Riccardo Chailly è alla sua nona inaugurazione scaligera ed è la prima volta che dirige questo titolo. La regia del danese Kasper Holten si annuncia piena di echi scespiriani riallacciandosi, in questo modo, al “Macbeth” che inaugurò la scorsa stagione. Per una prima di grande successo quanto conta la mano del regista e la bacchetta del direttore d’orchestra?

«L’opera è la forma d’arte più completa, tutti i nostri sensi ne sono coinvolti: la visione, l’ascolto inondano e ravvivano le nostre sensazioni in un tutt’uno. Per questo la regia e la direzione musicale devono coniugarsi imprescindibilmente»

Anche quest’anno torna l’iniziativa ‘Prima diffusa’, la diretta della rappresentazione del ‘Boris Godunov’ sarà visibile in 32 luoghi della città di Milano; quanto è importante e che cosa rappresenta per i milanesi e il capoluogo milanese la Prima del Teatro alla Scala?

«L’idea della prima diffusa amplifica, con gioia, la festa della città per l’inaugurazione del proprio Teatro di cui ogni milanese, anche d’adozione, ne va da sempre fiero! Se posso esprimere un rammarico: mi dispiace che da questa festa siano escluse le università milanesi. Speriamo per i prossimi anni!»

L’Opera all’opera

La prima della Scala 2022 in Cattolica. Lunedì 12 dicembre (Aula G.242, ore 18) il tradizionale evento sarà al centro di un seminario promosso dal Dipartimento di Scienze linguistiche e dal Studium Musicale di Ateneo in collaborazione con la Casa della Cultura. Relatori dell’incontro la professoressa Maria Candida Ghidini dell’Università di Parma che interverrà sul “Boris Godunov di Aleksandr Puškin: forma e impronta del suo tempo” e il professor Enrico Reggiani che terrà la relazione dal titolo “Non cose visibili, ma solo suoni”: il Boris di Musorgskij oltre la “semplice superficie sonora”.

Un articolo di

Graziana Gabbianelli

Graziana Gabbianelli

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