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Popotus, educare all’informazione nella scuola primaria

14 aprile 2025

Popotus, educare all’informazione nella scuola primaria

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Ventinove anni appena compiuti e non sentirli, anzi, desiderare di viverne altrettanti e poi ancora. Popotus è giovane ma anche abbastanza adulto da poter costituire un punto di riferimento per tutti i bambini e le bambine della scuola primaria a cui si rivolge e che continuano a leggerlo per informarsi su quello che succede nel mondo.
    
Il settimanale di Avvenire, che ogni giovedì è in edicola insieme al quotidiano, da due anni è entrato anche in Università Cattolica, dove docenti e ricercatori che si occupano di formazione ed educazione dei minori supportano il suo utilizzo. 
Giovedì 10 aprile il convegno “Educare all’informazione nella scuola primaria” nel campus milanese dell’Ateneo ha approfondito il tema alla presenza del direttore di Avvenire Marco Girardo, della giornalista Nicoletta Martinelli, caporedattore e responsabile dell’inserto, e di diversi docenti dell’Ateneo, tra cui quelli che afferiscono al Cremit, Centro di ricerca sull'educazione ai media, all'innovazione e alla tecnologia.

La collaborazione tra il giornale e l’Ateneo è non solo un incontro felice ma anche «un seme di “speranza”, tema giubilare di quest’anno e della Giornata per l’Università Cattolica» – ha precisando il preside della Facoltà di Scienze della formazione Domenico Simeone introducendo il convegno. La scuola, insieme alla famiglia, «è un ambito fondamentale per dare strumenti a bambine e bambini per entrare in contatto con il mondo, interpretarlo e imparare a navigare nell’infocrazia che sta cambiando il nostro rapporto con la verità».

Nell’infosfera in cui ci troviamo il racconto quotidiano dell’attualità oggi è caratterizzato da cinque elementi secondo Girardo: «la polarizzazione tra io e noi, tra percezione e realtà; il meccanismo della paura troppo spesso utilizzato dall’informazione; la post medialità, fatta di bufale, di click bate, di fonti algoritmiche, ombre che si allungano sul nostro diritto di essere informati; del tempo sempre più breve che noi dedichiamo all’informazione leggendo solo i titoli, le anteprime sui social, guadando video e storie per pochi secondi». Un panorama certo non incoraggiante che può essere modificato incrementando un buon giornalismo. Gli ingredienti sono «la precisione dell’informazione; la gentilezza contrapposta all’aggressività; la visione complessiva della realtà; la responsabilità di decidere quali notizie mettere in evidenza attraverso le scelte editoriali».  Il direttore ha concluso che «con perseveranza e stupore Avvenire, e Popotus, da anni stanno provando a fare questo utilizzando questi due termini che valgono anche nel mondo della scuola».

«"Popotus in classe" ha costituito, e siamo alla seconda annualità, un’occasione per costruire ponti tra informazione e attività didattica in classe – ha dichiarato Alessandra Carenzio, docente di Didattica dell’Ateneo –. In questi due anni con un gruppo di colleghi del dipartimento di Pedagogia abbiamo costruito strumenti didattici, progettazione, attività di lettura, schede, podcast sui temi del digitale e una rubrica sull’inclusione. L’obiettivo è di supportare l’utilizzo di Popotus come mediatore, attivatore di pensiero critico e come oggetto di analisi attenta. In questo senso ci inseriamo perfettamente nel costrutto dell’information literacy che al tempo dell’intelligenza artificiale diventa ancora più importante». 


Simona Ferrari, docente di Didattica e coordinatrice del corso di laurea in Formazione primaria, ha aggiunto che «educare all’informazione oggi significa superare la definizione classica di information literacy come capacità di identificare, individuare, valutare, organizzare, utilizzare e comunicare le informazioni, definizione corretta ma un pò riduttiva, perchè rischia di confinare tale processo al fact checking, alla selezione delle fonti, al contrasto delle fake news. Oltre a questo, attraverso la costruzione di rituali dell'informazione (lavoro minuzioso e di cura da parte del docente), lo studente viene sostenuto in un lavoro di analisi e produzione dell'informazione che abilita un pensiero divergente attraverso l'esercizio della dimensione critica, etica ed espressiva».

Un prodotto come Popotus ha suscitato perplessità nel mondo degli adulti difficili da convincere perché «faticano a credere che esistano bambini interessati – e interessati più di loro – alle notizie, bambini a cui piace essere informati, scoprire cosa succede nel mondo vicino e lontano e che per soddisfare questa sana curiosità sono disposti ad affrontare di slancio temi per nulla semplici – ha dichiarato Nicoletta Martinelli –. Eppure, questi bambini esistono e Popotus può testimoniarlo avendo preso con loro un impegno molto serio: raccontare in modo comprensibile i fatti grandi e piccoli dell’attualità, tradurre in un linguaggio alla loro portata il complesso mondo della politica, dell’economia, della cultura, dello sport o dello spettacolo, entrando nel vivo dei cambiamenti del costume».

«Le proposte di educazione alla lettura strutturate di concerto con Popotus si inseriscono nell’ambito della consapevole convinzione circa “La pazienza di educare” ovvero che il processo di crescita dei giovani lettori dipende da un accompagnamento provvisto di “visione del futuro” che non c’è ancora, ma del quale i semi appartengono all’oggi» – ha detto Sabrina Fava, docente di Storia della Pedagogia e di Letteratura per l’infanzia –. «La scelta di letture selezionate nell’ambito della produzione per ragazzi più recente offre all’insegnante la possibilità di attingere a contenuti diversificati in grado di offrire risposte ma anche di suscitare interrogativi perché la riflessione possa andare al di là del testo dato». In questo senso «il genere testuale poetico favorisce la possibilità di incontro del lettore con la densità del testo letterario per eccellenza poiché la poesia, favorisce l’ideazione di un pensiero analogico nuovo sia di tipo fantastico sia di tipo realistico».

Infine, Poputus contiene una rubrica mensile fondamentale. “Nessuno escluso”, nata, come ha sottolineato la docente di Didattica Elena Zanfroni: «per aiutare i bambini a capire quanto sia importante rispettare e accogliere tutti, anche coloro che vivono condizioni di particolare fragilità. Ogni persona ha il diritto di sentirsi parte di un gruppo, di giocare, di imparare e vivere senza rischiare di essere messa ai margini. L’intento principale che, in particolare con i colleghi Silvia Maggiolini e Damiano Meo, ci siamo prefissati è quello di promuovere i valori dell’inclusione, della gentilezza e della solidarietà, nella vita di tutti i giorni, tra i banchi di scuola, nei giochi dell’intervallo, nei gesti piccoli ma preziosi. Le storie e gli esempi parlano di amicizia, di collaborazione reciproca, di valorizzazione delle differenze, È un piccolo passo per diventare grandi cittadini e, al tempo stesso, persone migliori».

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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