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Un ponte tra Brescia e Betlemme

09 aprile 2025

Un ponte tra Brescia e Betlemme

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Da dietro la telecamera del PC per un attimo è sembrato di tornare alla didattica in epoca Covid, ma senza la tecnologia che smaterializza la distanza geografica e risolve l’impossibilità di recarsi in quel territorio, il progetto Building bridges: Italy meets Palestine non avrebbe mai visto la luce.

Un’opportunità di conoscere da vicinissimo una cultura dalle radici lontane, una lezione complementare alla grammatica contenuta nei libri scolastici - che pur serve ma non è tutto –un’infusione di empatia che ha reso improvvisamente reale quel conflitto israelo-palestinese le cui immagini scorrono sui notiziari “come una fiction TV” che non qui, non a me.

A beneficiare di tutto questo sono stati una ventina di studenti di lingue iscritti al primo anno nella sede di Brescia, in dialogo per sei settimane con quelli dell’Università di Betlemme, coordinati dalle docenti di lingua inglese Amanda Murphy (ideatrice del progetto, dopo aver insegnato un anno all’Università di Betlemme) e Chiara Canova.

Ma prima di costruire quei ponti la cui immagine ideale ha ispirato la denominazione dell’iniziativa, occorre scardinare i potenziali preconcetti alle base. Il grimaldello per farlo è stato l’inglese – conosciuto da tutti, ma lingua madre di nessuno – e, a sorpresa, gusti musicali e culinari in comune.

Sarà che le pietanze mediorientali ultimamente spopolano anche "a casa nostra”, sarà che la fama di pop e rock star è stata, decenni or sono, il primo tassello di quello che oggi è il complesso mosaico della globalizzazione, ma individuare i punti di partenza per il dialogo è stato semplice, a dispetto di culture e tradizioni diverse.

Divisi in gruppi, gli studenti hanno parlato di abitudini, usi, costumi e simboli di ciascuno dei due Paesi, ma anche della realtà vissuta oggi.

Che per gli studenti palestinesi significa convivere col conflitto e superare i check point militari anche solo per recarsi e tornare dall’Università.

Per quelli bresciani, invece, ha coinciso con l’innesco di una riflessione che, a partire dalla presa di coscienza della propria condizione “geografica” privilegiata, ha reso poi più facile immedesimarsi con i volti, le voci e le storie di coetanei che studiano le stesse cose, ascoltano la stessa musica, mangiano gli stessi cibi. Ma sullo sfondo di un conflitto armato.

Un articolo di

Bianca Martinelli

Bianca Martinelli

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