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Unire i saperi per il bene della società

12 novembre 2024

Unire i saperi per il bene della società

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Sabato 9 novembre, gli uomini e le donne di Caritas Ambrosiana hanno gremito l’aula magna dell'Università Cattolica, occupando anche gli ultimi posti della balconata. Oltre 500 tra volontari e volontarie, operatori e operatrici, impegnati nei centri di accoglienza, nei servizi e nelle parrocchie della Diocesi di Milano, si sono dati appuntamento in largo Gemelli per dare avvio alle celebrazioni del 50° anniversario dell’organismo pastorale. A loro si è rivolta il rettore Elena Beccalli, all’inizio dell’incontro: il primo di una serie di iniziative che a partire da questo convegno proseguiranno per tutto il 2025 e vedranno anche il coinvolgimento dell’Ateneo. «È davvero un grande piacere accogliervi in questo luogo che è idealmente casa vostra», ha detto il rettore.

Il saluto è stato il riconoscimento di una lunga e intensa collaborazione che ha portato in questo mezzo secolo l’Ateneo cattolico, nato a Milano, e l’organismo della Diocesi ambrosiana a lavorare assieme su tanti temi strategici: dall’immigrazione, all’indebitamento, alle nuove povertà, per citare solo gli ultimi. «In questi anni, come Università abbiamo messo a disposizione della Caritas e della Diocesi di Milano, idee, persone, progetti. Ma molto abbiamo anche ricevuto», ha sottolineato Elena Beccalli.

Come, infatti, ha rimarcato, monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la cultura, la carità, la missione e l’azione sociale della Diocesi di Milano, «la cultura è necessaria alla carità», perché senza di essa non è possibile interpretare la realtà, specie quando questa è come ora «apocalittica». Ma allo stesso tempo «la carità è necessaria alla cultura», perché essa è stimolo, provocazione continua a non perdere il contatto con la vita concreta».

D’altra parte, è stato ricordato, lo stesso papa Francesco, invita ad unire l’intelligenza della mente, del cuore e delle mani, allargando il patto dell’educazione oltre i confini tradizionali. Proprio questo spirito - è stato specificato – ha ispirato “Pace, giustizia sociale, sostenibilità. Conoscere e sperimentare le sfide di oggi attraverso la solidarietà”.

Il corso ha coinvolto 20 studenti e studentesse dell’Ateneo, in tre cicli di workshop (uno su ciascun tema, per un totale di 9 giornate di studio). Gli incontri, svoltisi nei mesi scorsi sono stati tenuti da 7 docenti dell’Ateneo di diverse Facoltà e aree scientifiche, e da 9 operatori di Caritas Ambrosiana. Al termine i giovani e le giovani hanno svolto poi un servizio di volontariato nei centri di accoglienza della Caritas Ambrosiana, dove hanno potuto mettere, per così dire, alla prova della realtà quello che avevano appreso in aula.

Un progetto che Paolo Nusiner, direttore generale dell’Università Cattolica, ha definito «pilota», auspicando che «possa aprire la strada anche a nuove collaborazioni», come è già accaduto con altre occasioni di formazione, una giornata di team building e un’iniziativa di service learning, che sempre negli ultimi mesi hanno coinvolto la Caritas Ambrosiana e l’Università, a riprova di un dialogo continuo tra le due realtà.

Tuttavia, l’incontro aveva anche l’obiettivo di lanciare la giornata diocesana della Caritas che domenica si celebra nelle mille parrocchie della Diocesi: “La pace, utopia concreta e quotidiana”.

Su questo punto ha insistito l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, che al tema ha dedicato la sua ultima lettera pastorale.

Un articolo di

Francesco Chiavarini

Francesco Chiavarini

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«Oggi parlare di pace ad un russo o ad un ucraino, a un israeliano o a un palestinese sembra darla vinta al più forte e al più spietato, per questo la pace sembra parola impronunciabile e, per quello che posso ascoltare, sembra scomparsa dai pronunciamenti dei nostri rappresentanti». Ma, ha ribadito l’Arcivescovo: «Noi cristiani ci ostiniamo a parlare di pace, perché la nostra fede in Gesù, ci rende uomini e donne di pace».

Ne hanno dato una prova le tante esperienze concrete presentate dai testimoni chiamati sul palco.

Dal villaggio Neve Shalom Wahat al-Salam, dove dalla fine degli anni ’70 ebrei e palestinesi sperimentano un’originale forma di convivenza, che ha resistito a tutti i conflitti compreso quello scatenatosi dopo l’attacco di Hamas il 7 ottobre, alle tante iniziative sostenute dalla Chiesa latinoamericana a favore dei popoli indigeni, contro lo sfruttamento delle risorse minerarie e dell’ambiente: ostacoli allo sviluppo e quindi alla pace, secondo la lezione sempre attuale di papa Paolo VI.

Fino ad iniziative più piccole e locali, come i rapporti di buon vicinato che una fraternità di suore si sforza di creare in una via difficile di Baggio, o i rapporti che un prete cerca di tessere tra gli adolescenti dell’oratorio e gli ospiti di una comunità di minori stranieri, a Città Studi, o ancora l’amicizia oltre le frontiere e le barriere culturali che una volontaria del servizio civile all’estero mantiene viva con una sua coetanea libanese: esempi, pur nel gesto minimo e quotidiano, del desiderio invincibile di non lasciare l’ultima parola all’odio, alla violenza e alla guerra.    

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