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Europa e credito cooperativo, garantire la biodiversità

19 aprile 2024

Europa e credito cooperativo, garantire la biodiversità

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Proteggere un «sistema bancario» dove possono e devono «coesistere» diversi modi di fare banca legati non solo alla dimensione ma anche a un modello di business. È il lavoro che in questi cinque anni ha portato avanti la Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento Europeo, presieduta da Irene Tinagli, per valorizzare la vicinanza al territorio del credito cooperativo. «È stata la vocazione sociale di queste banche la chiave che ha consentito di penetrare la diffidenza iniziale incontrata a Bruxelles, facendo capire che stavamo solo cercando di difendere sistemi che funzionavano negli interessi della capacità di crescita e di resilienza del tessuto economico produttivo europeo».

La presidente Tinagli ha raccontato il lavoro svolto negli ultimi cinque anni al Parlamento europeo durante la presentazione del libro dal titolo “Credito cooperativo e proporzionalità nel diritto bancario europeo”, a cura di Matteo Arrigoni ed Enrico Rino Restelli, rispettivamente ricercatori di Diritto commerciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore e all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, e secondo volume della collana della casa editrice Vita e Pensiero “Credito cooperativo. Innovazione identità tradizione”.

Un’occasione per fare il punto sulla regolamentazione europea, sul principio di proporzionalità e la sua relativa applicazione, grazie all’aiuto di accademici, esponenti delle banche di credito cooperativo e rappresentanti della Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento Europeo che martedì 16 aprile si sono ritrovati nella Cripta Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. «Avere una regolazione è giustissimo ma deve essere concretamente e consapevolmente attuabile. Questo rende ancora più importante il lavoro fatto in questo contesto ai fini di un riconoscimento della specificità del mondo cooperativo», ha detto il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli, introducendo i lavori del dibattito. «La biodiversità è un elemento da assicurare ai sistemi bancari poiché porta con sé evidenti benefici in termini di sostegno all’economia reale favorendo la crescita economica e a concorrenza nel settore e, nello stesso tempo, contribuendo alla stabilità, specie in periodi di crisi», ha osservato Elena Beccalli, preside della facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative nonché direttore del Centro di ricerca sul credito cooperativo (CRCC) dell’Ateneo, promotore dell’iniziativa. Ecco perché, ha aggiunto la preside, «è del tutto evidente che la necessità di preservare la biodiversità confligge con l’approccio one size fits all», in quanto «poggia su un paradigma economico basato sul perseguimento dell’efficienza economica che determina la spinta verso la ricerca di economie di scala nella sola valorizzazione dell’efficienza».

Di questo ne è convinto anche il presidente della Federazione Lombarda delle BCC Alessandro Azzi, secondo cui «un approccio maggiormente proporzionato della normativa europea risulta indispensabile per permettere alle diverse tipologie di banche di svolgere appieno funzioni diverse. L’originale modello mutualistico, così come declinato nell’operatività dalle BCC contribuisce alla diversità dei fini delle imprese bancarie e, quindi, alla stabilità del sistema e a una maggiore competitività dell’Unione».

Eppure, non è stato semplice arrivare alla formulazione dell’articolo 97.4 della CRD (ndr la Direttiva europea sui requisiti di capitale delle banche). I retroscena faticosi che hanno accompagnato l’introduzione del concetto di proporzionalità in materia di regolamentazione bancaria sono stati descritti proprio da uno dei suoi principali fautori, vale a dire Marco Zanni, componente della Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento Europeo. «È stato fin dall’inizio un percorso difficile perché ci siamo trovati di fronte alla necessità di dover spiegare la particolarità del Credito Cooperativo». E ha aggiunto: «La negoziazione non è stata facile, come non lo è mai ambito europeo. Il primo step è stato convincere i colleghi delle specificità della mutualità bancaria e dei Gruppi Bancari Cooperativi nati dalla riforma del 2016. Il secondo passaggio è stato superare le resistenze, prima, della stessa Commissione Ue, poi, della Banca centrale europea che non ha inserito la proporzionalità nelle linee guide del suo nuovo approccio bancario». In ogni caso, i risultati raggiunti sono solo un «punto di partenza» e non di arrivo. «Oggi per le piccole banche è sempre più difficile svolgere il ruolo di intermediario creditizio delle realtà locali, un ruolo che, soprattutto in Italia fatta di piccole comunità, va salvaguardato. Spero che nella prossima legislatura si prosegua lungo questa direzione e che i temi della proporzionalità e della sussidiarietà, scritti anche nei trattati, siano presi maggiormente in considerazione». Di qui la necessità, ha fatto eco Tinagli, di avere un «ecosistema capace di rispondere a bisogni diversi» e la cui protezione rappresenta una «priorità». «Serve un sistema bancario forte, fatto di grandi gruppi, ma serve anche un sistema con un business model diverso».

È, pertanto, fondamentale che l’«intervento normativo» sia calibrato sulle diversità bancarie, con soluzioni regolatorie capaci di misurarsi con la proporzionalità, visto che le crisi di piccole banche hanno impatti differenti da quelle prodotti da quelle di grandi dimensioni. A ribadirlo sono stati nei loro interventi Andrea Perrone, docente di Diritto commerciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha anche condotto le fila del dibattito, e Jens-Hinrich Binder, ordinario di Diritto Commerciale dell’Università di Tubinga, per il quale «il principio della proporzionalità bancaria va integrato nelle scelte di policy, anche per garantire e proteggere la sostenibilità del sistema». Solo in questo modo, si dà «giustizia e comprensione a un sistema che in Italia è ampiamente riconosciuto come modello efficace di fare banca», ha affermato il presidente di Federcasse Augusto dell’Erba, a conclusione del dibattito. Perciò, sono significative «le attività condotte dal Centro di ricerca sul credito cooperativo dell’Università Cattolica e la collana di libri realizzata da Vita e Pensiero poiché ci consentono di uscire dalla nostra autoreferenzialità e di far conoscere la funzione sociale della cooperazione di credito».

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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