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La partecipazione sia il nuovo nome del dialogo sociale
È questo il messaggio che giunge da un convegno all’Università Cattolica in un periodo in cui tornano ad essere tese le relazioni industriali
| Francesco Chiavarini
16 maggio 2024
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Gli imprenditori cristiani fanno rete per promuovere l’impegno a favore di uno sviluppo equo, solidale e sostenibile. Questo, in sintesi, il messaggio emerso dal primo appuntamento degli “Stati Generali dell’imprenditoria cristiana” che sabato 11 maggio nell’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha riunito Compagnia delle Opere, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice, i tre promotori dell’iniziativa, per dare avvio a un cammino comune. L’obiettivo è creare un gruppo di lavoro che studi e prepari delle proposte riguardanti il nuovo modello di sviluppo per il bene comune, da presentare a Roma fra un anno, durante il Giubileo.
Il progetto degli Stati Generali dell’imprenditoria cristiana dopo Roma e Milano prevede un terzo incontro a Torino. Il tutto, porta con sé la finalità di consolidare una visione comune tra le forze imprenditoriali cristiane: quella di promuovere un’economia più umana, portando a sistema azioni concrete per la realizzazione di un nuovo modello di sviluppo nel quale i principi della solidarietà, del bene comune e della dignità umana, possono trovare cittadinanza, dimostrando che un altro modo di fare economia è possibile ed è già in atto.
«Con questo incontro abbiamo visto una convergenza su opinioni forti, sulla visione complessiva di un panorama d’impresa che non sta migliorando», ha spiegato Aldo Fumagalli, presidente UCID Lombardia, aprendo i lavori dell’incontro. «Abbiamo avuto una chiara indicazione e una delega al proporre e fare qualcosa, per tracciare una nuova strada, perché quella attuale non ci sta portando, poi, così lontano. Lavoriamo sulla nostra identità di imprenditoria cristiana, soprattutto cerchiamo nei segni di ciò che facciamo la nostra originalità ed identità», ha aggiunto Fumagalli.
Dal canto suo, Gian Luca Galletti, presidente nazionale UCID, si è soffermato sul fatto che la prima edizione degli Stati Generali certifica «un rinnovato impegno del mondo imprenditoriale cristiano, in una fase di transizione forte, ovvero quella della sostenibilità. Gli imprenditori cristiani possono ricoprire una parte importante nella nuova economia che caratterizzerà gli anni futuri».
Un articolo di
«Come sapete e come è giusto ricordare Compagnia delle Opere è un’associazione di imprese che raggruppa imprese profit, non profit e opere educative. Quelle educative sono circa 700», ha dichiarato Andrea Dellabianca, presidente nazionale di Compagnia delle Opere. «Abbiamo portato avanti e vogliamo continuare con un lavoro di contenuto che ha sempre generato una migliore capacità delle nostre aziende e soprattutto un rapporto diretto tra profit e non profit permettendo una crescita da entrambe le parti. Il valore sociale dell’impresa non è solo un tema etico ma soprattutto economico. Oggi abbiamo molto a che fare con i giovani. I giovani sono sempre più attenti all’azienda con cui entrano in contatto, vogliono intervistare gli imprenditori, conoscere come l’azienda si comporta e come si posiziona. È quindi fondamentale curare il nostro ambiente e i rapporti con le persone che si interfacciano con noi».
Nel nostro sistema le piccole e medie imprese hanno sempre avuto un impatto sul territorio in cui lavorano, investendo anche su un sistema di welfare che oggi ha sempre più importanza. Ha ricordato Dellabianca. Difatti, «uno dei nostri obiettivi debba essere quello di far emergere il valore dell’impresa ed essere sempre più attenta al cambiamento, che è strettamente connesso allo sviluppo. Questo incontro insieme agli imprenditori cristiani rappresenta proprio un inizio di lavoro per un approfondimento continuo e per posizionare sempre più al centro la persona e le sue relazioni», ha concluso Andrea Dellabianca.
Del resto, la Dottrina Sociale della Chiesa sottolinea la necessità d’innescare un cambio di rotta che sposti l’asse della crescita da una dimensione quantitativa ed estrattiva a una qualitativa e trasformativa, orientata verso uno sviluppo sostenibile. Lo ha detto bene il cardinale Peter Turkson, cancelliere delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze sociali, che nel suo keynote speech ha messo in evidenza la necessità di cooperare per promuovere la dignità della persona e per favorire il bene comune di tutti tramite i principi della solidarietà e della sussidiarietà.
Ecco perché secondo la presidente della Fondazione Centesimus Annus pro Pontifice Anna Maria Tarantola «questo è il momento in cui dobbiamo cambiare il modello di sviluppo passando da uno basato sulla crescita quantitativa ad uno che guarda al benessere, quindi alla qualitativa della crescita. Ciò significa avere cura delle persone, delle cose e del creato. Per realizzare tutto ciò occorre una conversione a livello personale, un cambiamento dei modelli di business delle imprese e degli obiettivi politici. Richiede anche un diverso tipo di governance ed uno stile di leadership inclusivo, rispettoso delle persone, capace di valorizzare tutte le diversità con una visione di lungo termine. Detto processo in economia si chiama competizione cooperativa. Tutte queste caratteristiche sono qualità che le donne possiedono: sarebbe molto utile, per traghettare il cambiamento di modello economico che guarda all’ecologia integrale, come ci chiede Papa Francesco, avere più donne nelle posizioni apicali oltre che nel mondo del lavoro. Questo avrebbe un effetto positivo sul Pil, sulla riduzione della povertà, ma anche sull’aumento del tasso di natalità».
Infine, dal mondo dell’accademia arriva la riflessione della preside della Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Elena Beccalli secondo cui «per impostare un nuovo paradigma economico serve formulare politiche orientate a uno sviluppo inclusivo che superi alcuni errori concettuali comuni: dimenticare beni immateriali come fiducia, mutualità, cooperazione e giustizia; confondere i mezzi con i fini; privilegiare l’omologazione verso modelli unici, dimenticando il valore della biodiversità economico-finanziaria. Da questo punto di vista un’eredità importante è quella dell’economista Francesco Vito che già nel 1945 scriveva “L’economia a servizio dell’uomo”, riferendosi a un’economia che non può fare a meno dell’etica e deve occuparsi (con cura) dei fini prima ancora dei mezzi».