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Il coraggio di Draghi sulla partita Eurobond

30 marzo 2021

Il coraggio di Draghi sulla partita Eurobond

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Pubblichiamo la prima parte dell’articolo che il professor Alberto Quadrio Curzio ha scritto per il Blog di Huffingtonpost, che prende in esame la proposta del presidente Mario Draghi sugli Eurobond, cioè i cioè titoli di debito comune dell’Eurozona. In questo modo, secondo l’economista della Cattolica, gli Eurobond entrano nell’agenda delle politiche strutturali europee


Gli Eurobond e cioè titoli di debito comune dell’Eurozona, ma anche della Ue, costituiscono ora una proposta del presidente Draghi espressa prima nell’Eurosummit (dei capi di Stato o di Governo dell’Eurozona) del 25 marzo e poi ribadita nella conferenza stampa di ieri. Due contesti diversi, ma con messaggi convergenti e complementari. Il primo riguarda le politiche per superare la crisi e rilanciare lo sviluppo. Il secondo riguarda gli strumenti per farlo. Il terzo l’apprezzamento anche di “metodo” del Next Generation EU che tuttavia non basta.

Gli Eurobond entrano così nell’agenda delle politiche strutturali europee, sulle quali Draghi non ha dubbi, pur consapevole delle grandi difficoltà: “Io posso pensare tutto che quello che voglio sull’utilità degli eurobond, ma dobbiamo pensarlo tutti e siamo lontani da questo quindi non posso fare previsioni, ma continuo a dire la stessa cosa da tanti anni ed è importate ripeterla”.

In passato il lessico del suo status non consentiva un riferimento esplicito agli eurobond, ma la sostanza era abbastanza chiara anche nel suo discorso di congedo dalla Bce, quando disse che la politica monetaria non bastava all’Eurozona e all’Ue. Rifletto quindi sulle sue affermazioni con qualche grado di libertà, ma non eccessivo, nella interpretazione ed estensione.
Un progetto complesso tra economia e politica

Tre sono i punti considerati da Mario Draghi

Il primo è che bisogna disegnare una cornice di politica fiscale in grado di portarci fuori dalla crisi, avendo come priorità assoluta quella di non commettere errori durante la ripresa economica. Ciò significa che il Patto di Stabilità dovrà lasciare il posto al Patto per la Crescita già avviato con il Next Generation EU, che tuttavia non basta perché ha un termine temporale nel 2026 per quanto riguarda il finanziamento degli Stati membri.

Il secondo punto è che bisogna guardare al modello Usa, dove un’unione dei mercati dei capitali, un’unione bancaria completa, la Fed e un “safe asset” (i Treasury Bond sui quali andrebbero configurati gli Eurobond) fanno una potente combinazione che spiega (anche) il successo del dollaro a livello globale. Ciò significa a mio avviso che non basta superare l’emergenza perché l’eurozona è incompleta in quanto la Bce non può svolgere un ruolo di supplenza per tutta la politica economica, ancor meno se la inflazione ripartirà.

Il terzo punto è che abbiamo adesso una “specie di Eurobond” (così Draghi) dato dai titoli della Commissione per il Recovery che gli investitori apprezzano (è il caso dei Surebond) perché meno rischiosi di quelli dei Paesi, con riferimento ai quali cita il caso dell’Italia gravata da un imponente debito pubblico.

La sua conclusione è che gli Eurobond sono un obiettivo di lungo periodo ma che bisogna “incamminarsi” subito ed a tal fine è “importante avere un impegno politico”.

[continua a leggere su Huffingtonpost]

Un articolo di

Alberto Quadrio Curzio

Alberto Quadrio Curzio

Professore emerito di Economia politica

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