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In un mondo che corre è ancora permesso fermarsi?

18 aprile 2024

In un mondo che corre è ancora permesso fermarsi?

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Il senso della vita attraverso il rapporto con il tempo e con i problemi dell’attualità ha costituito il filo rosso dell’intervento - ricco di consigli, riflessioni e racconti - che la nota psicopedagogista Maria Rita Parsi ha rivolto agli studenti dei Collegi in Campus dell’Ateneo, in dialogo con l’inviata di “Avvenire” Lucia Bellaspiga sui temi del disagio giovanile. A porgere il saluto all’illustre ospite sono intervenuti Elena Marta, presidente Educatt e docente di Psicologia sociale e di comunità, e Alessandro Antonietti, preside della Facoltà di Psicologia.

L’iniziativa, che si colloca nell’ambito del Percorso dei Collegi in Campus col quotidiano Avvenire, coordinato da Edoardo Grossule, e prevede la presenza di esperti qualificati, si è svolta il 16 aprile con la psicoterapeuta e scrittrice, volto noto della televisione ed esperta dei problemi giovanili grazie anche ai numerosi saggi scientifici e letterari sul tema. Presentandosi ai collegiali, al di là del ricco curriculum professionale e di incarichi ricoperti, si è definita una “vecchia adolescente”. I numerosi argomenti trattati sono stati articolati attorno al concetto del tempo: in particolare, oggi è permesso fermarci o rallentare? «Se è vero il detto per cui il battito d’ali di una farfalla provoca uno tsunami dall’altra parte del globo, si comprende perché le attuali guerre in corso nel mondo e nella nostra Europa coinvolgono e colpiscono anche la nostra vita, che oggi in Occidente risente dei ritmi rapidi dettati dalla tecnologia, ma questi vanno conciliati con ritmi altrove dettati dalle stagioni, dal sole, dalla terra, dall’agricoltura».

La relatrice ha richiamato immagini e miti, tra cui quello di Crono, il dio del tempo che divorava i suoi figli, fino a quando Zeus – scampato all’essere divorato grazie ad uno stratagemma della madre Rea - va dal padre e gli fa vomitare tutti i figli fino ad allora mangiati: «Il tempo è sovrano nella nostra vita, ogni giorno divoriamo i minuti senza capire cosa stiamo vivendo ma poi arriverà il momento che tutto questo uscirà fuori e ci presenterà il conto. Ci sarà sempre un prezzo da pagare».


Come si concilia il “villaggio globale” con il “mondo virtuale”? «Il mondo virtuale – onnipresente, onnisciente, onnipotente - lo abbiamo inventato noi (con tutte le varianti possibili, basti pensare che un giapponese ha sposato un ologramma), ma il tempo non è più quello dei ritmi naturali. Il mondo virtuale o è virtuoso (per cui uno è educato ad usarlo) o è pervasivo perché soddisfa solo bisogni immediati. Il virtuale è virtuoso quando tiene conto dei tempi umani». Così la vera civiltà è quella che sa attendere i tempi degli ultimi e dei fragili, come nella marcia notturna Macerata-Loreto, quando la statua della Madonna di Loreto arriva in piazza solo dopo che è entrato l’ultimo pellegrino, come ha chiosato Lucia Bellaspiga.

Il telefonino rende un servizio importante a tutti ma toglie passaggi di esperienza alla nostra vita. «Il tempo oggi è sempre molto risicato, si è abbassata la soglia di attenzione, i discorsi articolati non funzionano più, bisogna parlare per slogan, come la televisione insegna. Per apprendere, però, ci vuole tempo, non ci si deve affidare alle macchine: la cultura è per sempre, bisogna studiare per la vita, non per il voto, bensì per trovare soluzioni».

Maria Rita Parsi si è aiutata con le immagini di grandi autori e pensatori. Dall’affermazione di Sartre - l’unica colpa è nascere perché la vita è una condanna a morte - ha messo in guardia da avere quell’atteggiamento negativo per cui la vita non passa mai: «La più grande vittoria della vita è vivere senza paura di vivere e di morire. Se sai attraversare la vita, questa diventa una conquista unica». L’invito a coltivare grandi speranze l’ha preso da Oscar Wilde: “Una mappa del mondo che non prevede l’utopia non merita neppure di esistere”.

E ancora: «La strategia del vivere nasce dalla conoscenza di sé. Un conto è essere presuntuoso, un conto è essere capace. Ciascuno diventa ciò che è. Il senso alla vita lo diamo noi con le scelte che facciamo, con le nostre esperienze, con la cultura e gli strumenti che abbiamo, anche in condizioni estreme di difficoltà. Occorre lavorare su quello che siamo, con i tempi che vogliamo darci, e lottare perché ciò avvenga».

Tante le affermazioni di Maria Rita Parsi in risposta a varie sollecitazioni: «La perfezione è una forma di perversione; nessuno è perfetto. Gli uomini li allevano le donne e da una situazione di infelicità nascono abusi, violenze, distanza, conflitto; uomini e donne non sono eserciti armati gli uni contro gli altri. Un adulto che non ha mai giocato è infelice».

Per arrivare a queste verità, quindi, occorre ogni tanto fermarsi un attimo, non ritenendo di perdere terreno o di restare indietro secondo la mentalità corrente, ma ritagliandosi degli spazi per riflettere e …trovare quegli elementi che danno più gusto alla vita.

Un articolo di

Agostino Picicco

Agostino Picicco

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