NEWS | Attualità

L’ultima colonia, il diritto internazionale e la vicenda delle isole Chagos

31 marzo 2023

L’ultima colonia, il diritto internazionale e la vicenda delle isole Chagos

Condividi su:

Una storia di schiavitù, colonizzazione, razzismo, deportazione e dunque, con ogni probabilità, di crimini contro l’umanità. È quella degli abitanti delle isole Chagos, un arcipelago sperduto nel cuore dell’Oceano indiano, vittime di una delle più gravi ingiustizie storiche commesse dalla Gran Bretagna. A raccontare la tragica vicenda dei chagossiani, un dramma giudiziario che dura da oltre cinquant’anni, è l’avvocato e scrittore Philippe Sands nel suo libro “L’ultima colonia”, appena pubblicato in Italia dalla casa editrice Guanda e presentato lunedì 27 marzo in Università Cattolica durante l’incontro Le isole dell’ingiustizia e la giustizia del ritorno, promosso dall’Alta Scuola “Federico Stella” sulla giustizia penale (Asgp).

Una sorta di «intermezzo» tra “La strada verso est”, dedicato al processo di Norimberga, e il prossimo libro in uscita nel 2025, “L’ultima colonia” è un libro nato «accidentalmente», nel 2010, quando Sands riceve la telefonata del primo ministro della Mauritius che gli chiede di assisterlo nella causa contro il Regno Unito per ottenere il riconoscimento della sovranità sulle isole Chagos, sulla scorta dei principi di decolonizzazione fissati dalle Nazioni Unite.
 

 

 


«Quando squilla il cellulare ero su una seggiovia, seduto a quaranta metri di distanza da terra», ricorda Sands. «Dall’altra parte del telefono una persona mi sta parlando di un arcipelago di cui non conoscevo l’esistenza, se non per l’isola di Diego Garcia, nota per essere la base militare statunitense da cui nel 2003 partivano i bombardamenti contro l’Iraq». A metà degli anni Sessanta, infatti, la Gran Bretagna aveva concesso l’uso delle isole agli Usa che le avevano trasformate in una delle loro basi militari sparse nel mondo. Così circa duemila chagossiani, senza alcun motivo e tipo di spiegazione, sono stati costretti ad abbandonare le proprie case e tutto quello che di più caro avessero in quei luoghi per non farvi più ritorno. Almeno finora. «È iniziata una saga durata 12 anni, nella speranza che sia vicina alla fine», dichiara Sands che nella veste di avvocato ha portato e vinto la causa chagossiana davanti alla Corte internazionale di Giustizia dell’ONU, la quale nel 2019 ha riconosciuto l’illegalità della separazione delle Chagos da Mauritius.

Una vicenda intricata, insomma, su cui Sands getta nuova luce, svelando le atrocità del colonialismo e l’ipocrisia dei Paesi occidentali. «Se c’è un aspetto che ho capito nel mio lavoro di avvocato e di scrittore è che il racconto di storie, che hanno per protagonisti persone reali, sono sempre più interessanti». E questo vale anche per i giudici che – afferma Sands – «alla fine, sono persone come tutti gli altri». Continua lo scrittore, «una delle lezioni apprese davanti alla Corte internazionale di giustizia, e che mai nessun professore mi ha insegnato, è questa: ogni giudice ha la sua cultura, il suo background, i suoi pregiudizi, le sue politiche, la sua ideologia». Per questo «quando si affronta un caso giudiziario bisogna di fatto essere anche uno storyteller e un narratore, raccontare una storia». Ed è quello che Sands ha fatto con la causa degli abitanti delle isole Chagos capendo che sarebbe stato molto importante condividere con i giudici l’«elemento umano» che è il «cuore pulsante» non solo del caso ma anche di tutto il libro. Quindi «la voce dei chagossiani, che era stata silenziata negli anni Sessanta e Settanta, doveva avere un ruolo centrale nel procedimento. Ed è il motivo per il quale all’inizio ho passato del tempo con la comunità chagossiana per identificare uno o più membri che fossero in grado di parlare alla Corte».

La voce era quella di Liseby Elysé con le cui parole, non a caso, si apre e si chiude il libro. Davanti alla Corte Madame Elysé, analfabeta, ha parlato solo tre minuti e quarantasette secondi. Ma con la sua dichiarazione testimoniale, la sua dignità, il suo coraggio, la sua integrità è stata un «elemento chiave». Come fondamentale è stato il ruolo giocato da tutta la popolazione. Infatti, avverte Sands, «gli elementi centrali di questo caso sono stati messi a segno dagli stessi abitanti delle isole Chagos. I chagossiani andando davanti ai tribunali britannici, anche se non hanno vinto, sono riusciti ad avere accesso a una enorme quantità di documenti confidenziali degli anni Sessanta che dimostravano come Mauritius fosse stata duramente trattata dalla Gran Bretagna. Carte che, testimoniando un destino imposto sull’arcipelago e i suoi abitanti, si sono rivelate centrali nella decisione della Corte penale internazionale».

Il governo britannico finora non ha ancora dato esecuzione al provvedimento della Corte secondo cui Londra non ha sovranità sull’arcipelago, e nonostante la risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiede al Regno Unito di rinunciare al territorio. Di qui la scelta di Philippe Sands di raccontare in un libro la storia dei chagossiani per mettere ulteriormente sotto pressione culturale il governo britannico e far cambiare la sua posizione. Ha allora ragione Luigi Brioschi, presidente di Ugo Guanda Editore, la casa editrice che ne ha pubblicato in Italia tutti i testi, definendolo, durante l’incontro di presentazione del libro, un autore non solo dotato di talento ma anche innovativo. Uno «straordinario narratore», a suo avviso, capace di «sviluppare nella sua opera una quantità di elementi: la vicenda umana, la storia, il dramma giudiziario, il diritto internazionale».

Il diritto, appunto. “L’ultima colonia” si contraddistingue per il suo indubbio interesse giuridico. Lo dicono bene Francesca De Vittor, docente di Diritti dell’uomo nella facoltà di Giurisprudenza, che paragona il libro di Sands a un manuale di diritto internazionale che tutti gli studenti dovrebbero leggere, e Gabrio Forti, direttore dell’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale, che da parte sua pone l’accento su quel filo rosso che lega le storie delle persone al mondo del diritto. Ovvero, secondo il penalista della Cattolica, è nell’ascolto delle narrazioni o anche nell’aver vissuto una certa storia che va individuata la fonte primaria di creatività del giurista, cioè quella capacità di far fare al mondo del diritto un salto di qualità.

Tuttavia il diritto è talvolta fragile e presenta limiti, «soprattutto nella sua pretesa di essere presidio contro l’arbitrio che a volte si serve del diritto stesso», osserva Claudia Mazzucato, docente di Giustizia riparativa nella facoltà di Scienze politiche e sociali. Per questo, accanto alle decisioni degli organi di giustizia, che siano nazionali o internazionali, per fare giustizia e per riparare alle ingiustizie servono anche «gesti pubblici». Come il libro di Sands, che per la giurista Mazzucato rappresenta un «atto di giustizia»: perché ci fa conoscere un’ingiustizia che probabilmente, salvo gli addetti ai lavori, non avremmo conosciuto; perché è il riconoscimento della storia degli abitanti delle Chagos; perché contiene un’opera di advocacy e perché anche noi, leggendolo, possiamo dirci non estranei alle vicende del popolo di Liseby Elysé.

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti