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Lidia Oldani e la pergamena ritrovata

16 dicembre 2024

Lidia Oldani e la pergamena ritrovata

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È una vita bella, serena, ricca di gioia e soddisfazione quella che racconta la signora Lidia Oldani, milanese doc, classe 1924.

Una vita lunga, costellata di storie e aneddoti che parlano di amore, amicizia, figli e Università Cattolica, quella che racconta la dottoressa Lidia Oldani, alumna della Facoltà di Magistero.

Ma c’è una storia che prevale su tutte e che mamma Lidia ha sempre raccontato in famiglia, ai suoi cinque figli, ed è quella del mancato ritiro del suo diploma di laurea.

«Mi laureai il 7 febbraio 1950 e ad ottobre dello stesso anno mi sposai, il diploma costava circa 30mila lire: troppo per il ménage famigliare di una giovane coppia, non pensai neanche di chiederlo ai miei genitori, che sicuramente me lo avrebbero preso e regalato, per non pesare su di loro» spiega la signora Lidia ancora sorpresa, e molto contenta, di esserlo ritrovato, tutto bello infiocchettato, tra le mani, grazie alla sorpresa che i suoi figli hanno voluto farle in occasione, lo scorso 17 novembre, del suo importante centesimo compleanno. 

Un articolo di

Graziana Gabbianelli

Graziana Gabbianelli

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La signora Lidia è attenta, brillante e sceglie con cura le parole quando racconta dei suoi tempi da studentessa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Tempi in cui le studentesse universitarie erano veramente in minoranza rispetto agli studenti, tempi in cui le ragazze erano tenute a indossare un grembiule nero dal momento del loro ingresso fino all’ora dell’uscita dalla Cattolica. E proprio legato all’indossare il grembiule nero c’è forse il suo ricordo più nitido e più caro: «Ogni mattina il mio fidanzato, che poi è diventato mio marito, mi accompagnava fino all’ingresso dell’Università di Largo Gemelli, io entravo e poi salivo subito le scale sulla destra, che conducevano al guardaroba dove si indossava il grembiule”.

Era un piccolo rituale che si univa a tanti altri e che ancora oggi l’alumna Lidia ricorda e racconta: «Ero sfollata a Caglio, ogni mattina con altri ragazzi, tutti insieme, si prendeva il treno per Milano, c’era la guerra ma noi eravamo spensierati. Spesso è capitato che si sentivano arrivare gli aerei, che scoppiavano bombardamenti e allora il treno si arrestava in aperta compagna e noi velocemente scendevamo e correvamo per i prati, avevamo la leggerezza e forse un po’ l’incoscienza della gioventù...».

Laureata in Materie letterarie, perfettamente in corso, la signora Lidia rammenta perfettamente il titolo della sua tesi: Elementi Antropogeografici della Valle del Brembo ad Averara e il nome del suo relatore: il professor Giuseppe Nangeroni. Un professore che descrive «molto preparato e moderno per quegli anni» considerato che per realizzare il lavoro di tesi accompagnò lei e un’altra studentessa laureanda per alcuni giorni ad Averara: «Alloggiavamo in una locanda e ogni mattina prestissimo, alle 5,30, ci si svegliava per rilievi e approfondimenti direttamente sul posto».

Ripensando a quegli anni di studio la signora Oldani cita il professor Luigi Sorrento di Filologia romanza, gli impegnativi esami obbligatori di Morale e rievoca la figura austera del rettore Padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Ateneo: «L’ho sempre visto sulla carrozzina, con il bastone, uno sguardo severo che incuteva rispetto e anche un po’ di soggezione».

I chiostri, l’Aula Magna, la biblioteca, la Cappella del Sacro Cuore sono immagini nitide che ritornano quando la signora Lidia parla della sua università, un luogo dove è evidente che lei amava andare perché le piaceva molto studiare e perché hanno costituito luoghi simbolo che rimandano a un bel periodo della propria vita.

«Avrei voluto fare il medico ma ai miei tempi, per iscriverti alla Facoltà di Medicina, occorreva la maturità scientifica mentre io avevo studiato alle magistrali; mi sarebbe piaciuto anche diventare giornalista» racconta l’alumna Lidia che poi confessa come, una volta laureata, il suo desiderio più grande era quello di sposarsi e costruire una famiglia con il suo Domenico, alumnus invece del Politecnico, che sempre le era stato accanto nei suoi anni universitari e aveva anche contribuito alla sua tesi di laurea «corredandola di bellissimi disegni di molti edifici e abitazioni».

Gli anni di studio in Cattolica per la signora Lidia sono stati anni belli, di studio, di impegno, anni di sogni “in potenza” da trasformare in realtà. Anni di disciplina, di conoscenza, di educazione che poi l’alumna Lidia ha declinato nella sua vita di moglie, mamma e nel suo impegno come catechista e nelle sue varie attività di volontariato che per lungo tempo ha svolto, come quella di accompagnare malati e sofferenti a Lourdes.

100 anni portati con vitalità ed eleganza, 5 figli, 10 nipoti, 5 pronipoti è questa la ricchezza inestimabile della signora Oldani che - ripensandosi studentessa della Cattolica, rivedendosi a lezione, a ripetere in preparazione degli esami sempre con la sua amica con cui ha condiviso lo studio dalla scuola magistrale alla Facoltà di Magistero - constata che secondo lei i giovani oggi non sono poi così cambiati rispetto a un tempo: «Hanno forse troppa libertà ma, al tempo stesso, hanno anche tante opportunità che noi neanche immaginavamo, hanno solo bisogno di essere seguiti, accompagnati a trovare ciascuno la propria strada».

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