«Stiamo vivendo, e vivremo nei prossimi decenni, una contraddizione sempre più irrisolvibile tra il compimento della democrazia e un modello liberale ormai distrutto». È la tesi di Michele Boldrin, professore di economia alla Washington University in St. Louis, ospite lo scorso 15 marzo dell'evento "La democrazia compiuta e l'inattualità del liberalismo", terzo appuntamento di ASERIncontra. «Quello che racconto – spiega Boldrin – non è quello che mi auspico succeda o che mi piaccia, ma semplicemente ciò che credo che stia succedendo. Nel corso dell’ultimo secolo, l’irruzione delle masse ha reso inattuale il liberalismo, la cui idea è quella di limitare il potere dello Stato. Con il realizzarsi della democrazia, invece, la politica è finita a interessarsi di temi di cui non si era mai interessata».
La democrazia compiuta, però, non è quella ideale dell’agorà di Atene, dove comunque non tutti i cittadini godevano dei diritti politici: «Ci troviamo in una seconda fase, in cui il concetto si è generalizzato e la maggioranza decide ciò che è giusto e ciò che è vero, mentre chi perde lo scontro politico ha torto a prescindere», prosegue. Abbiamo visto durante la pandemia che non c’è campo in cui non entri la politica; tuttavia, l’evolversi delle tendenze globali in corso sembra rendere inadeguato anche il sistema democratico.
«Il riscaldamento globale, la povertà o le migrazioni sono temi complessi, che non si possono risolvere per alzata di mano – riconosce Boldrin – e noi preferiamo ascoltare qualcuno che confermi le nostre certezze anziché essere aperti a tutto: già questo basterebbe per scartare il modello liberale. Il destino inevitabile della democrazia compiuta, però, è il populismo, basato sull’onnipotenza dei politici e sull’uniformarsi di una società sempre meno autonoma. Più il problema è complesso per l’elettore medio, più la soluzione sarà populista».