Se non bastassero le leggende che si perdono nei secoli, perfino il nome stesso della sua pianta conferma che il cacao è il nettare degli dei: teobroma cacao, il “cibo degli dei” secondo Linneo, il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi. Lo sanno bene in Ecuador, un Paese che nell’Ottocento rappresentava il principale esportatore mondiale di cacao e nel quale oggi nascono alcune delle varietà più pregiate al mondo. A Quito, la capitale ecuadoriana adagiata sulle pendici del vulcano Pichincha, a 2.850 metri, Andrea Sevilla Rivadeneira ha scelto di «vedere il mondo da una prospettiva differente». E si è iscritta al corso di laurea magistrale in Food Processing: innovation and tradition, nel campus cremonese dell’Università Cattolica. «Ho valutato diverse opportunità di studio all’estero», racconta Andea. «Sono sempre stata interessata a venire in Italia perché penso che la relazione che questo Paese ha con la food industry sia veramente unica. Il fatto stesso che il programma che ho scelto porti nel nome le parole “innovazione” e “tradizione” dice molto: volevo imparare a osservare attraverso queste due prospettive, e portare nel mio Paese nuove conoscenze e competenze».
Così, dopo essersi laureata food industry engineer all’Universidad de Las Americas a Quito, Andrea ha scelto di buttare il cuore oltre l’ostacolo. O meglio, oltre l’Oceano. «La pandemia mi ha fatto capire che la vita è molto breve e preziosa e non potevo non cogliere l’opportunità di fare quello che volevo davvero» continua la 27enne. «Certo, arrivare a Cremona non è stato semplice. Non conoscevo nessuno qui, non avevo amici, non conoscevo la lingua. Era tutto nuovo, e studiare e vivere in una lingua differente è stato molto sfidante. Ho imparato l’italiano per comunicare con le persone, al supermercato come in banca. Ma è stato affascinante forzare me stessa a sviluppare nuove skills. Sono una persona molto introversa, è stata una sfida ripartire da zero, in una nuova comunità».
Due anni intensi, quelli vissuti nel campus di Santa Monica. Che si sono conclusi con la tesi di laurea, discussa nell’aula magna, dal titolo Microbial analysis of cocoa bean fermentation: a molecular approach. Una tesi frutto di un lavoro di ricerca e di analisi, in collaborazione con il Gruppo Ferrero, da 110 e lode. «Sono arrivata a fare questa tesi grazie al professor Morelli» racconta la studentessa. «È stato mio docente durante il primo anno ed è stato il primo ad introdurmi in questo progetto che era già stato avviato con Ferrero. Erano interessati ad avere una sorta di connessione con un grande produttore di cacao come l’Ecuador, e quando il professore ha scoperto che io arrivavo proprio da quell’angolo di mondo mi ha proposto immediatamente di far parte del progetto. Credo che fosse molto contento (sorride, ndr). Il cacao è molto apprezzato nel mio Paese, per motivi tradizionali e culturali. Fa parte della nostra cultura, come il vino lo è in Italia. Durante i mesi nei quali ho lavorato alla tesi ho partecipato a meeting molto interessanti, per esempio ad Alba, nell’headquarter della Ferrero. Per me è stato importante trattare un tema familiare, come la produzione di cacao, vedendolo però in una prospettiva molto differente, totalmente nuova. Essere parte di una ricerca di un grande gruppo internazionale proprio sul cacao mi ha reso davvero felice».