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Banca d'Italia e Consob, a lezione di cultura del rischio

18 ottobre 2021

Banca d'Italia e Consob, a lezione di cultura del rischio

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«La cultura del rischio fa bene all’impresa» dice Anna Maria Fellegara, preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, presentando il workshop che ha sviscerato il tema grazie a due ospiti di eccezione, Paolo Angelini, vicedirettore generale della Banca d’Italia, e Tiziana Togna, vicedirettrice generale della Consob. Organizzato dal centro di ricerca BankS dell’Università Cattolica, l’appuntamento dal titolo “Risk Culture Training & Awareness” ha tratto le mosse dall’intervento di Angelini, che partendo dalle disfunzioni dei meccanismi di governance degli istituti di credito, aumentate durante la crisi finanziaria, si è inoltrato nella cultura del rischio affrontandola da due differenti prospettive: le regole e la vigilanza.

«Non esiste un corpus specifico di regole - dice il vicedirettore della Banca d’Italia - ci sono regole per la composizione degli organi aziendali, quelle dei controlli interni, della determinazione della propensione al rischio, quelle per la gestione dei conflitti di interesse all’interno dell’azienda, sistemi interni di segnalazione, codici etici, criteri di valutazione, non ultime le regole di tutela della clientela». Ma si è soffermato anche sulle regole cosiddette soft, che hanno a che fare con il grado di diversificazione delle competenze delle persone in azienda. «La diversità - afferma - se ben gestita genera benefici per la società, ad esempio contrasta l’eccessivo grado di fiducia che è proprio di molti manager». «Soprattutto maschi» aggiunge.

Riguardo alla vigilanza, Angelini spiega come già nel 2019 il meccanismo di vigilanza unico abbia selezionato un campione di grandi banche per compiere indagini riguardo alla cultura del rischio, dalle quale sono emerse differenze in termini di come viene approcciato il tema. «È stato compreso come tutte le banche hanno principi di codici di condotta scritti, benché non tutte ne verifichino il rispetto. Il grado di efficacia delle strutture dei controlli interni varia molto in base all’atteggiamento degli organi di vertice. La compliance aziendale, da imposizione, può diventare investimento. Tali analisi consentono di valutare buone prassi, che poi possiamo tradurre in raccomandazioni, però non vincolanti».

Dei rischi della digitalizzazione dei servizi finanziari ha parlato Togna, definendo la digitalizzazione un’opportunità che riserva dei rischi. «Lo sviluppo del trading online è una dimostrazione della crescente digitalizzazione - dice Togna - in modo particolare e soprattutto fra i più giovani è cresciuto l’interesse per la criptoattività. Oltre alla modalità in cui si offre il prodotto, la digitalizzazione riguarda ora anche la natura del prodotto stesso, penso all’interesse per le criptovalute come i bitcoin». Prendendo spunto da questo quadro, Togna ha indicato i benefici e i rischi della digitalizzazione. Tra i primi, ad esempio, per gli intermediari si riscontra lo sviluppo di nuovi modelli di business e una maggiore competitività, mentre i clienti vedono ridotti i costi. Sul versante dei rischi, gli intermediari affrontano rischi operativi, ma anche inerenti naturalmente alla sicurezza informatica o, in caso di “cadute” delle applicazioni, esiste anche un rischio reputazionale. Il cliente, dal canto suo, rischia la gamification. In proposito Togna, che ha poi indagato le azioni intraprese a livello europeo riguardo alla cultura del rischio, ha spiegato come l’Esma (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) abbia vietato le opzioni binarie, offerte in maniera massiccia attraverso l’online e per via telefono, che hanno provocato perdite ai clienti, attirati su prodotti senza comprenderne il rischio.

La mattinata è proseguita con tre testimonianze di chi quotidianamente e a diverso titolo lavora nell’industria finanziaria: da Arianna Rovetto, responsabile antiriciclaggio del Banco Bpm, che ha spiegato come - «si è passati da una logica di pura conoscenza del cliente alla gestione del rischio di riciclaggio nella logica del one-to-one» - a Cosimo Screti, responsabile della formazione di Mps, che ha raccontato come nel suo isituto sia stato modificato il modello formativo - «basandosi su tre fattori guida: la semplificazione, perché nel sistema bancario vi sono in media 60 novità normative al giorno, poi la personalizzazione e il presidio del rischio» - per giungere a Domenico Farina, Director, Deloitte. «Per passare dall’astrattezza al concreto - dice quest’ultimo - occorre lavorare sulla conoscenza, vale a dire sapere identificare i rischi aziendali che sono parte del modello di business, occorre poi la consapevolezza, che significa sapere assumere le decisioni indentificando il rischio, e infine sapere gestire quest’ultimo».

I tanti temi sviscerati durante l’incontro sono poi stati oggetto della tavola rotonda condotta dai docenti dell’Università Cattolica Luca Di Simone e Stefano Monferrà, a cui hanno partecipato Aurelio Maccario Head of Group Credit Risk di Unicredit, Andrea Giannini di Consob e Mirko Papetti, Chief Executive Officer, Forma-Tec.

Un articolo di

Filippo Lezoli

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